Teatro e opera Dal 6 al 23 marzo a Palermo Enzo Vetrano e Stefano Randisi tornano in scena su un testo di Franco Scaldati
Enzo Vetrano e Stefano Randisi proseguono la loro indagine sul teatro di Franco Scaldati, il drammaturgo palermitano scomparso sei anni. Dopo Totò e Vicè e Assassina, i due attori e registi interpretano, dal 6 al 23 marzo nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, Ombre folli, una delle opere più struggenti e poetiche di Scaldati, proposta per la prima volta dallo stesso autore al Festival di Santarcangelo nel 1997. Rispetto alla loro precedente messa in scena, che comprendeva i capitoli Creatore d’ombre, Creature e Travestimenti, in questo nuovo allestimento dello spettacolo, prodotto dal Teatro Biondo in collaborazione con la cooperativa Le Tre Corde – Compagnia Vetrano/Randisi, i due attori aggiungono, come prologo evocativo, un altro capitolo dal testo scaldatiano: Sabella.
Le ombre di due uomini si raccontano: il primo ha la passione segreta di travestirsi, truccarsi e andare in strada a far sesso, arte in cui è “maestra”, come dice con orgoglio. Ma la sua è una scommessa con la vita, una roulette russa al contrario, perché se qualcuno lo riconosce, il suo piacere si raddoppia, e nel momento dell’amplesso finale, ineluttabilmente, lo uccide, e con religiosa, sacrale pietas, ne seppellisce il corpo. Il secondo, che dice di amarlo come un figlio, scopre questa sua doppia vita e lo sequestra per redimerlo e vivere con lui un’esistenza “serena” fatta di rinunce, vergogna e castrazione, in una dipendenza reciproca, fino alla vecchiaia. Emarginazione, desiderio, follia, passione e morte: tutti i temi scaldatiani si ritrovano in quest’opera di struggente bellezza, calata in una dimensione metafisica che alterna il lirismo dei versi alla crudezza del racconto.
«All’inizio è il pensiero, a evocare le ombre. In un prologo silenzioso le immagini prendono vita, e si agitano nell’attesa di raccontare la loro storia – scrivono Vetrano e Randisi nelle note di regia – Poi la visione trova la scrittura, e attraverso la poesia si incarna in sensualità e desiderio. Ecco che il mistero del sogno può cominciare: apparizioni sghembe, visionarie, enigmatiche, si accendono e aprono squarci nella memoria. L’Autore si sdoppia: la mente li vede fuori da sé, e continua a stupirsi, in un giuoco infinito di finestre che volano, specchi, fiori e cimiteri, mentre il corpo prende coscienza, lentamente, di seguire le linee di un disegno che non governa. Unica via di uscita, per riuscire a riprendersi la sua vita, sarebbe di sopprimere chi lo ha generato…
Poi c’è la follia delle creature, che vogliono giocare, apparire, farsi vedere. Vite vissute e raccontate dallo scrittore come fossero la sua, creature nate o solo immaginate, scene di un film senza un inizio, senza una fine. E in ultimo c’è la storia.
Le ombre di due uomini si raccontano: il primo ha la passione segreta di travestirsi, truccarsi e andare in strada a fare pompini, arte in cui è Maestra, come dice con orgoglio. Ma la sua è una scommessa con la vita, una roulette russa al contrario, perché se qualcuno lo riconosce, il suo piacere si raddoppia: nel momento dell’amplesso finale, ineluttabilmente, lo uccide, e con religiosa, sacrale pietas, ne seppellisce il corpo.
Il secondo, che dice di amarlo come un fratello, scopre questa sua doppia vita e lo sequestra per redimerlo, e vivere con lui un’esistenza “serena” fatta di rinunce, vergogna e castrazione, in una dipendenza reciproca, fino alla vecchiaia. Scritto nel suo palermitano sublime e poetico, ogni monologo viene detto da un personaggio e, frase dopo frase, ripetuto e tradotto dall’altra ombra, in un gioco di rispecchiamenti e sottomissione che in questo testo diventa particolarmente crudele e struggente. Come sempre, nel mondo di Franco Scaldati, chi parla non è mai solo, anche se parla da solo».