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La collezione Arezzo di Trifiletti diventa Museo del Costume

Storie I 5000 pezzi della collezione, datati tra il 1200 ed il 1930, sono stati acquistati dal Comune di Ragusa ed esposti al Castello di Donnafugata che a giugno inaugurerà il Museo del Costume. Intanto fino a maggio si può visitare “Ottocento – moda: estetica vanità e mutamento”: 24 preziosi abiti, mantelle e accessori, tra cui quelli di Vincenzo Bellini e Donna Franca Florio

Dopo un lungo iter di quasi sedici anni, sembra ormai imminente l’apertura del Museo del Costume. Un sogno che diventa finalmente realtà grazie all’impegno del Comune di Ragusa che ha acquistato i quasi 5000 pezzi, tra abiti ed oggetti datati tra il 1200 ed il 1930, della collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti – discendente di quella famiglia Arezzo che nel XII secolo si stabilì in Sicilia dando origine a molti rami e discendenze a Siracusa, Ragusa, Modica e Palermo -, una tra le più importanti collezioni d’Europa, ambìta in passato anche da Palazzo Pitti, il museo di Firenze che vanta una collezione analoga ma più piccola (solo 800 pezzi).

Alcuni abiti della collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti, custoditi a Palermo - ph Sicilymag

Alcuni abiti della collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti, custoditi a Palermo – ph Sicilymag

In uno stabile palermitano incontriamo Gabriele Arezzo di Trifiletti, nella sua casa in cui ancora oggi conserva una parte del patrimonio di famiglia. E’ lui che, mosso da un profondo amore e da uno smisurato rispetto per tutti quegli oggetti che fanno parte della storia di tutta la Sicilia, oltre che della sua famiglia, ha custodito per anni un patrimonio storico-antropologico e culturale inestimabile che oggi ha consegnato alla comunità grazie all’intervento del Comune di Ragusa.

Spille, fermagli e ventagli di Gabriele Arezzo di Trifiletti, custoditi a Palermo - ph Sicilymag

Spille, fermagli e ventagli di Gabriele Arezzo di Trifiletti, custoditi a Palermo – ph Sicilymag

Dal cassetto della scrivania, che è un po’ la cabina di pilotaggio del suo universo, estrae un timbro e su un foglio di carta bianco imprime un nome: Lampedusa. Che non è un luogo, ma un cognome, quello dell’autore de “Il Gattopardo”. Poi, da un altro cassetto prende il primo volume originale dell’opera nota in tutto il mondo, e regala stupore.
Benvenuti nella storia siciliana. Nei meandri degli anni, negli anfratti di mestieri e di conquiste, di tradimenti, di sangue e di virtù. È tutto qui: nella sua storia antica e nella sua lunga memoria, oltre che in quei “pezzi di famiglia” che sono rimasti nella sua abitazione privata.

Collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti, Palermo - ph Sicilymag

Collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti, Palermo – ph Sicilymag

«Ho sempre avuto la passione per la raccolta degli oggetti – racconta il nobile collezionista -. Fin da piccolo ricordo che raccoglievo le cose che mia madre buttava. Per conoscere il futuro bisogna sapere del passato. Gli oggetti costituiscono la memoria».
Ma la costruzione di una vera e propria galleria siciliana è avvenuta piano piano, e soprattutto dopo aver compreso che le casse ereditate contenevano dei tesori di trine e velluti che i componenti della sua famiglia indossavano, conservavano, tramandavano. «Se hai una lettera di Silvio Pellico studi la sua epoca, la storia» dice ancora.

Gabriele Arezzo di Trifiletti - ph Sicilymag

Gabriele Arezzo di Trifiletti – ph Sicilymag

La collezione Arezzo di Trifiletti, oggi esposta per cicli al Castello di Donnafugata, conta migliaia di vestiti, ma anche accessori come tabacchiere, bastoni, ventagli e monili dalle fatture particolari e antichissime, appartenuti spesso a personaggi illustri. Non solo, dunque, gli abiti degli antenati come gli storici Michele Amari di Sant’Adriano ed Emerico Amari, il musicista Pietro Floridia e il Gattopardo Barone Corrado Arezzo di Donnafugata, ma anche alcuni pezzi appartenuti a Donna Franca Florio, Donna Annina Principessa di Montereale, alla soprano Amelia Pinto, Giuditta Pasta, Maria Malibran. Accessori appartenuti al direttore d’orchestra Willj Ferrero e allo storico Vincenzo Mortillaro, e persino la redingote del cigno Vincenzo Bellini. Gli abiti della collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti sembrano proprio usciti dalle pagine del Gattopardo, è una fotografia sulla Belle Epoque, ma anche sulla storia d’Italia e d’Europa. E’ un archivio della storia del costume, ma soprattutto racconta gli anni floridi di una Sicilia ricca e opulenta. «Lo era. Si sfoggiava ricchezza. Si partiva per la Francia dove venivano disegnati e cuciti abiti unici. La nobiltà siciliana amava la bellezza»

Scatola del cucito, Collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti, Palermo - ph Sicilymag

Scatola del cucito, Collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti, Palermo – ph Sicilymag

E per non annoiarsi le donne cucivano. In un angolo della casa di Gabriele Arezzo di Trifiletti un cubo disegnato nasconde piccoli vani con aghi, fili, merletti. Un capolavoro che lascia a bocca aperta perché le bottigliette, i ditali, non solo sono curati in ogni dettaglio, ma sono mantenuti perfettamente. Nella casa, dove scorrazza felicemente anche un barboncino che vuole giocare, ci sono molte foto di personaggi famosi. «La Sarandon è una mia lontana cugina – racconta – . L’ultima volta provò a fare il formaggio con la guida di un casaro. Eravamo nel Ragusano, ma l’esperimento non le riuscì». Poi c’è la foto di Corrado Pani e quella di Vittorio Sgarbi, estasiati. «In questa sedia – dice mente indica una piccola poltrona rivestita – si sono seduti in tanti. Tra questi anche Emma Thompson, l’attrice che non credeva ai propri occhi mentre apprezzava gli oggetti».

La foto con Emma Thompson a casa di Gabriele Arezzo di Trifiletti - ph Sicilymag

La foto con Emma Thompson a casa di Gabriele Arezzo di Trifiletti – ph Sicilymag

Oggi finalmente, dopo anni in cui il rapporto con le tante istituzioni preposte alla salvaguardia del patrimonio non è stato facile, ma anzi difficile e costoso, la collezione di Gabriele Arezzo di Trifiletti ha trovato una degna collocazione. Ma la storia di questa collezione, che sembra non avere eguali in tutta Europa, è una “storia siciliana” lunga e travagliata, per fortuna a lieto fine, e Gabriele Arezzo di Trifiletti, con la sua sigaretta tra le dita, è anche stanco di raccontarla.

Ottocento-moda: estetica vanità e mutamento, Castello di Donnafugata, Ragusa

Ottocento-moda: estetica vanità e mutamento, Castello di Donnafugata, Ragusa

Tutto inizia nel 2000 quando Palazzo Pitti è interessato all’acquisto dell’intera collezione per un miliardo di lire. Si urlò allo scandalo, al depauperamento del patrimonio storico artistico della Sicilia, alla svalutazione delle ricchezze isolane. Si invitò quindi la Regione siciliana a fare un passo avanti. E la Regione questo passo lo fece. Ma solo il primo. Nel 2004 la Soprintendenza regionale ai Beni culturali, intenzionata ad acquistare la collezione per creare un unico polo museale della moda antica, ne decreta il vincolo. L’idea non è una trovata geniale di un mentore siciliano pronto a risollevare le sorti culturali e turistiche della Sicilia, bensì di un sottosegretario ai Beni culturali che si oppone alla trattativa tra Arezzo di Trifiletti – Palazzo Pitti. Però poi la Regione non trova i soldi, né gli spazi necessari, per custodire questo immenso patrimonio storico-artistico. Risultato? Per più di dieci anni Gabriele Arezzo di Trifiletti è stato il “custode” della sua stessa collezione, dovendosi occupare in prima persona sia della manutenzione dei pezzi che dell’affitto dei magazzini in cui conservarla.

Ottocento-moda: estetica vanità e mutamento, Castello di Donnafugata, Ragusa

Ottocento-moda: estetica vanità e mutamento, Castello di Donnafugata, Ragusa

Il suo sogno sembrava essersi prima impigliato nella ragnatela della burocrazia, e poi definitivamente spiaggiato. Per fortuna il Comune di Ragusa, grazie anche all’interessamento dell’architetto Giuseppe Nuccio Iacono, si è fatto avanti nel 2014, e da marzo la collezione è esposta al Castello di Donnafugata, maniero che fa parte a pieno titolo di questa storia di trine e merletti.
I quasi 5000 pezzi sono dunque esposti ciclicamente all’interno della fortezza, ma l’idea, come annunciato dal sindaco Federico Piccitto il giorno dell’inaugurazione, è quella di realizzare entro giugno il “Museo del Costume”: una mostra permanente che sarà ospitata nei piani bassi del Castello, una volta destinati a scuderie e cucine.
Intanto fino a maggio al piano nobile del Donnafugata si può visitare l’anteprima della mostra “Ottocento – moda: estetica vanità e mutamento” curata proprio dall’architetto Giuseppe Nuccio Iacono: 24 preziosi abiti, tre mantelle ed alcuni accessori, tra cui spiccano alcuni incantevoli ventagli decorati a mano.

Ottocento-moda: estetica vanità e mutamento, Castello di Donnafugata, Ragusa

Ottocento-moda: estetica vanità e mutamento, Castello di Donnafugata, Ragusa

Tutti gli abiti della mostra, oggetto di una accurata opera di manutenzione e restauro, sono accompagnati da un sottofondo musicale e da didascalie descrittive. Nelle diverse vetrine si possono ammirare gli abiti appartenuti a Vincenzo Bellini, a Corrado Maria Arezzo de Spucches, a Michele Amari conte di Sant’Adriano, alla Contessa Conception Miramon e anche quello che ispirò l’abito di Angelica ne “Il Gattopardo” di Luchino Visconti. Poi, in un’apposita sezione della mostra che mette in evidenza le tendenze della moda nella seconda metà dell’800, c’è anche il “pezzo” che lascia tutti a bocca aperta: l’imponente abito di Franca Florio.
Ora si attende l’inaugurazione del Museo del Costume e l’augurio è che possa essere promosso in modo adeguato, affinché diventi volano turistico per Ragusa e per l’intera Sicilia. D’altronde una collezione che racchiude tre secoli di moda, in Europa l’abbiamo solo noi.

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