Recensioni Al Teatro Musco dal 13 al 15 dicembre Casa di bambola di Ibsen, una piéce essenziale diretta senza fronzoli dal bravo Sebastiano Tringali e con Valeria Contadino nell'affascinante ruolo di Nora Helmer
E’ stata una bambola ai voleri degli altri per un’intera vita. Ma alla fine il riscatto trionfa. Era il lontano 1879 quando Erik Ibsen portava sulla scena “Casa di bambola”, un testo rivoluzionario, con una madre “snaturata” che infine lascia marito e figli, affermando di avere dei doveri verso sé stessa.
Le belle, significative parole di Nora Helmer hanno trovato carne e corpo al Teatro Musco di Catania, nell’ambito della stagione del Must – Musco Teatro, dal 13 al 15 dicembre in una piéce essenziale diretta senza fronzoli dal bravo Sebastiano Tringali, attore, oltre che regista, nei panni del Dottor Rank. Una messa in scena che molto ha affidato al potere evocativo della parola e dei concetti, con una scenografia azzeccata di Susanna Messina, che ha visto campeggiare sullo sfondo un albero di Natale double face, triste metafora della vita della protagonista.
Così si è dipanata sulla scena la storia di una bambola inconsapevole, vittima della società borghese, che l’ha rinchiusa nel ruolo di moglie e madre. Ma la Nora del Musco, interpretata con grande passione e immedesimazione da Valeria Contadino, ha affidato tutto alla gestualità, a tratti disperata, e alle modulazioni della voce, che hanno tenuto avvinto il folto pubblico col fiato sospeso fine all’epilogo; bel controcanto ha fatto, alla drastica verità delle parole, di Nora il bravo Davide Sbrogiò, che è stato un Torvald perfetto, adeguatamente ingessato e melenso, nella sua veste attenta alla facciata e profondamente ipocrita.
I personaggi di contorno hanno perfettamente svolto il loro ruolo: Riccardo Tarci è stato un ambiguo quanto basta Krogstad e Barbara Gallo una convincente Kristen Linde. Il tutto per una recita nuda, dove si è percepito odore e sapore di vita vera, al di là delle fittizie maschere che ognuno di noi indossa, impietosa nei toni, dura ed estrema come è la vita se vissuta fuori dagli schemi sociali.
Uno spettacolo che ha dialogato molto bene con l’anima degli spettatori. Non a caso Pirandello, che molto deve a Ibsen, definì Casa di bambola l’inizio del teatro moderno. Alla fine ci si è sentite tutte (non sappiamo quanto ciò sia valso per gli uomini) Nora Helmer, capace di suscitare sentimenti di pietà, di partecipazione e addirittura di simpatia, pronta per la sua nuova vita con un mutamento significativo anche d’abito, un cappottino attillato di taglio moderno che sostituisce gli abitini da brava mammina e moglie dei quadri precedenti. Il femminismo sarebbe venuto molti molti anni dopo, ma Ibsen gli apre una strada inattesa…
Commenti