Libri e Fumetti Docente di filosofia all'Università di Catania, Maimone scrive gialli dove il demone socratico non è soltanto un modo di dire. L’autore ha pubblicato da poco "La distanza più breve", nuova indagine di Costante e Serravalle, i co-protagonisti già conosciuti in romanzi di successo tra i quali spicca "La variabile Costante": «Esiste un legame tra questo genere letterario e l’indagine filosofica. Il noir, in fondo, è essenzialmente un’indagine sulla natura umana»
Prendete un professore universitario di filosofia che ama percorrere gli spazi aperti in sella alla sua Harley Davidson, cucitegli addosso la passione per la cucina mediterranea e, nei ritagli di tempo, fategli scrivere dei gialli dove il demone socratico non è soltanto un modo di dire. Ed ecco a voi lo scrittore Vincenzo Maimone, nato Messina ma da tempo residente ad Acireale.
Sposato e padre di due ragazze, per soffiare come si deve sulle cinquanta candeline e festeggiare il suo rotondo compleanno, l’autore ha pensato bene di tornare ai propri lettori con una nuova indagine di Costante e Serravalle, i co-protagonisti che abbiamo già conosciuto nei romanzi La variabile Costante (2014) e Sicilia, Terra bruciata (2016), entrambi editi dalla Fratelli Frilli Editori, casa editrice di Genova. La serie, ambientata all’ombra del Mongibello, inizia però ancora prima, con due precedenti romanzi dati alle stampe da Sampognaro & Pupi, editore siracusano: Un nuovo inizio (2009) e L’ombra di Jago (2011).
Ma è indubbiamente con La variabile Costante (finalista al Tolfa Gialli & Noir 2015 e vincitore del Premio Romiti 2015), che l’autore s’è fatto conoscere e apprezzare a livello nazionale.
Mentre con Sicilia, terra bruciata (terzo posto al Premio nazionale Cento Sicilie, Cento Scrittori di Castiglione di Sicilia), romanzo con cui aveva consolidato i suoi personaggi, l’autore aveva lasciato in sospeso alcune questioni, come la situazione familiare di Tancredi Serravalle, rimasto vedovo e con una figlia traumatizzata. Serravalle dovrà quindi sforzarsi di ricostruire la sua vita in cocci e in tale tentativo si incuneerà il desiderio di Costante di rimettere in piedi la loro amicizia messa a dura prova dai tragici avvenimenti.
Questioni che troveranno il loro epilogo in questo romanzo fresco di pubblicazione, La distanza più breve/Finale di partita per Costante e Serravalle (Frilli Editori), disponibile in e-book, in attesa di potere sfogliare il cartaceo nel suo luogo naturale, le librerie.
«Questo romanzo nasce dopo una lunga gestazione – spiega Maimone -, e chiude la vicenda che ha visto Serravalle preso di mira da un serial killer, esperienza terribile che lo ha provato psicologicamente e negli affetti, e ha provocato delle linee di frattura nell’amicizia col commissario Costante, che da parte sua convive col senso di colpa: pensa di non avere fatto tutto il possibile per risolvere il caso prima del tragico epilogo. Ma andando a riprendere i faldoni dell’indagine relativa al serial killer, Costante troverà degli elementi che lo convinceranno che Gregorio, l’assassino, in realtà non sia morto, come si credeva, immolando la sua stessa vita pur di portare a compimento l’ultimo crimine, ma che si trovi ancora a piede libero. E, purtroppo, ne avrà ben presto la riprova. Gregorio, vedendo casualmente la figlia di Serravalle in compagnia dell’amica di Costante, si rimetterà a caccia per portare a compimento l’opera e fare tacere l’ossessione omicida che lo divora. Ancora una volta Serravalle diventerà quindi vittima e bersaglio, ma stavolta la preda non ha alcuna intenzione di farsi ghermire. Un romanzo avvincente e divertente, che ovviamente consiglio a tutti di leggere, anche perchè gratifichereste me e fareste contento il mio editore».
Per l’autore, docente di filosofia all’Università di Catania, passare dall’indagine filosofica all’indagine poliziesca il passo è stato breve. Quasi consequenziale. E il pensiero che sottende tale scelta, ricalca quello di Jean Patrick Manchette, il grande autore d’Oltralpe di “Posizione di tiro”, che diceva: “Il buon romanzo noir è un romanzo sociale, un romanzo di critica sociale; racconta vicende criminose, ma cerca di fornire un ritratto della società in un certo luogo e in un certo momento”. Conferma infatti il docente/scrittore: «Esiste un legame molto stretto tra questo genere letterario che appassiona milioni di lettori e l’indagine filosofica. Il noir, in fondo, è essenzialmente un’indagine sulla natura umana e questo aspetto ha una matrice profondamente filosofica. Così come la filosofia è apertura allo stupore e alla meraviglia, la cui funzione non è quella di dare risposte definitive ma formulare buone domande che aiutino a procedere nel percorso della propria esistenza, così il noir in fondo è un’indagine sulla natura umana, perché in determinate situazioni di violento stress, alcune persone si trasformano e agiscono in un modo piuttosto che un altro. E questo ci fa comprendere la pluralità dei comportamenti e delle motivazioni che non sono mai scontate né omologabili, ma devono essere affrontate e indagate con spirito critico e un’attenzione verso il dettaglio, e in quest’approccio ritengo che la filosofia aiuti tantissimo»
E a chi si chiede come siano i personaggi siciliani raccontati da un “prof” di filosofia prestato alla narrativa noir, Vincenzo Maimone risponde: «Quello che caratterizza noi siciliani è il nostro modo di osservare il mondo. Io lo definisco lo sguardo obliquo, ovvero la capacità del siciliano di mantenere quella dimensione di naturale scetticismo e disincanto, ma anche uno sguardo acuto verso il particolare. Siamo quindi bravi a fare emergere gli elementi autentici di un determinato contesto e delle persone, ma spesso trascuriamo questa nostra qualità»
Tuttavia, se compito precipuo dello scrittore è quello di raccontare la propria terra in chiaroscuro e i propri personaggi con le proprie contraddizioni, gli studenti del “prof” Maimone come vivono la sua dimensione letteraria? «In queste settimane di pandemia facciamo lezione in videoconferenza e l’altro giorno una mia studentessa ha mostrato copia del romanzo La variabile Costante. Per fortuna, però, lo ha fatto prima che io cominciassi la registrazione della lezione, altrimenti avrei dovuto sovrascrivere Messaggio promozionale. Di fatto in alcuni casi cerco di adoperare le mie tecniche narrative per fare arrivare agli studenti dei concetti filosofici, ma voglio evitare di spingere quasi in maniera subdola l’acquisto dei miei libri per il superamento dell’esame, che purtroppo continua ad essere una pessima abitudine nel mondo universitario». Insomma chi vuole leggere i romanzi del prof deve farlo per diletto, non certo per obbligo, a cominciare dai suoi studenti.
Altro aspetto poco noto del professor Maimone riguarda il suo prolungato soggiorno in Argentina, negli ultimi due anni, nell’ambito di un progetto di ricerca internazionale. A seguito di tale esperienza ha scritto dei saggi brevi. Anche in queste settimane di pandemia non è rimasto con le mani in mano e ha distillato un racconto sul web che continua ad appassionare i lettori. «Una storia a puntate che racconta a tinte noir di un correttore di bozze che ha a che fare coi social network. Lo spunto era nato tempo addietro a seguito di uno strafalcione pubblico di un Presidente del Consiglio. A seguito delle sollecitazioni di una mia amica, visto il periodo di pandemia, mi sono deciso a pubblicare quanto già avevo scritto, ma visto che la storia appassiona, ogni sera, dopo cena, mi siedo davanti al computer e scrivo una nuova puntata».
Come organizza dunque la stesura dei romanzi l’autore di Acireale? Con un approccio alla George Simenon, partendo da un’idea di base e lasciando che la storia si scriva quasi da sé, via via che le relazioni tra i personaggi si intersecano ed evolvono? O con un approccio alla Enrico Luceri, apprezzato giallista di casa nostra che scaletta ogni singola scena e sa con largo anticipo cosa diranno e cosa faranno i vari personaggi?
«Non sono un autore che nel descrivere una stanza redige una scheda quasi fotografica – replica Maimone -. Sono un autore che rumina a lungo le proprie storie, le ripasso mentalmente, stressandole quanto più possibile. Ma quando inizio a scrivere so sempre come inizia un capitolo e come finisce. Aggredisco la tastiera, insomma, quando so già come si concluderà la storia, ma quello che succede in mezzo preferisco lasciarlo all’intuizione del momento, ovvero inserendo quella soluzione non scalettata o quella citazione non contemplata prima che però funziona benissimo. O la battuta di un personaggio che apre a nuovi scenari. In altri termini, sono un anarchico della scrittura».
Impegnandosi a regalare ai lettori il segreto dei suoi spaghetti al nero di seppia, della cui ricetta è gelosissimo, e definendosi un uomo libero che in sella all’amata Harley Davidson continua a inseguire il vento, Vincenzo Maimone ha le idee ben chiare anche sui giallisti siciliani: «Da noi, in questo periodo, stanno venendo fuori un bel po’ di teste pensanti, e si nota soprattutto questo desiderio di non farsi imbrigliare nella provincia di Vigata ma di allargare l’orizzonte del giallo siciliano. E non certo per snobismo culturale, e questo ci tengo a precisarlo. Non una sorta di rivolta nei confronti di un maestro indiscusso come Camilleri, sia chiaro, ma piuttosto il desiderio di spingere gli autori a incuriosirsi verso altre forme e altre modalità di raccontare un territorio complesso e variegato come la nostra terra. In fondo è la stessa Sicilia che lo richiede, perché abbiamo una tale varietà di paesaggi a cui deve necessariamente corrispondere una diversità di linguaggi».
Ecco perchè per lo scrittore/docente giunto ormai al suo quinto romanzo, i nuovi aspiranti autori siciliani non devono temere di farsi leggere per capire se la loro storia funziona e il linguaggio adoperato è adeguato alla storia che hanno scritto. «Si cresce soltanto col confronto, avendo il coraggio di sottoporsi alla critica altrui e di prendere le distanze dal proprio testo, senza la frenesia della pubblicazione a tutti i costi, men che mai sobbarcandosi il costo della pubblicazione che impedisce di crescere e maturare dal punto di vista stilistico e delle capacità. L’editore serio crede nel proprio lavoro, fa scouting e investe negli autori. E seppure alla fine deve vendere un prodotto, coltiva la passione per la letteratura. L’autore, dal canto suo, deve avere pazienza e deve leggendo tanto, evitando di prendersi troppo sul serio, ma questo vale anche per le scuole di scrittura. Ricordo che negli ultimi due anni, insieme allo scrittore Alberto Minnella, organizzammo un laboratorio di scrittura molto artigianale, dove non si arrivava vestiti con indosso l’alloro. Quest’anno abbiamo deciso di coinvolgere i partecipanti nella scrittura collettiva di un romanzo sui cui stiamo finendo di lavorare per conformare la scrittura. È venuta fuori una bella storia. Ci siamo divertiti noi a gestire questo laboratorio e si sono divertiti anche i partecipanti. E seppure nella scrittura ci sono delle tecniche da osservare, l’idea stessa di ridurre la scrittura creativa a mera tecnica mi sembra un discorso che impoverisce il nostro desiderio fondamentale di raccontarci storie e poi di condividerle con gli altri. Insomma, conoscere le tecniche serve, ma non prendiamoci troppo sul serio quando scriviamo. Lo scrittore dev’essere libero di esprimersi con le sue corte e le sue storie».
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