Blog Nel vuoto culturale di oggi, vale la pena ricordare un brillante esperimento culturale nato nell'ottobre nel 1963 in Sicilia, a Palermo. Il Gruppo 63, allora definito neoavanguardia, era un movimento di rottura con molti schemi del passato ancorati agli stilemi tradizionali (e pomposi) degli anni '50. Tra loro menti del calibro di Edoardo Sanguineti, Umberto Eco, Furio Colombo, Nanni Balestrini, Michele Perriera e tanti altri
Non faremo tanti giri di parole: in questo momento storico non ci sono fermenti culturali validi. Prevale il vuoto, l’immagine, l’inconsistente, o come suggerisce Bauman, il liquido. Ma non è sempre stato così. Non c’è bisogno di fare esempi del passato, ognuno scelga ciò che più l’aggrada, dal romanticismo al dadaismo, dal futurismo al… Gruppo 63.
Il Gruppo 63, definito neoavanguardia, era un movimento culturale di rottura con molti schemi del passato ancorati agli stilemi tradizionali (e pomposi) degli anni ’50, nato nell’ottobre nel 1963 a Palermo. Nella sua formazione vedeva membri del calibro di Furio Colombo, Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Edoardo Sanguineti, i palermitani Michele Perriera e Roberto Di Marco, Amelia Rosselli, per fare alcuni nomi, e non ultimo, Umberto Eco.
Uno degli assoluti protagonisti del Gruppo 63 è stato, per l’appunto, Umberto Eco, scomparso il 19 febbraio 2016, che in uno scritto del suo Costruire il nemico (Bompiani, 2011) intitolato Il Gruppo 63, quarant’anni dopo ci parla proprio di quel movimento, e a rileggerlo ora, a distanza di tanti anni, emerge la riflessione che siamo dei figli ingrati della cultura del passato: siam tutti pronti a vendere noi stessi, la nostra immagine, ma non le nostre idee e i loro frutti anche acerbi. Ergo, bellocci, buoni, politicamente corretti e in fondo legati allo status quo.
Eco così ricorda quel momento: «Non ci si dichiarava perplessi: ci si diceva contro. E si diceva il perché. Quali fossero i perché non conta. Conta che in questa società letteraria l’unità si stava realizzando a poco a poco attraverso due implicite assunzioni di metodo: (i) ogni autore sentiva necessario controllare la sua ricerca sottoponendola alle reazioni altrui; (ii) la collaborazione si manifestava come assenza di pietà e di indulgenza. Correvano definizioni da levare la pelle agli animi troppo sensibili. Espresso pubblicamente nell’ambito di una società letteraria apollinea, ciascuno di questi giudizi avrebbero segnano la fine di una bella amicizia. A Palermo il dissenso generava invece amicizia».
Il dissenso, no la polemica-invettiva facile e gratuita, o l’hate-speech di oggi, ma come al solito da queste parole ognuno ne tragga ciò che vuole. Resta il fatto che a Palermo, nel 1963 nasceva un influente e importante gruppo di intellettuali. Oggi perfino una frase sensata può creare inimicizie. Sperare invece nella nascita di un nuovo gruppo intellettuale con le idee chiare neanche a parlarne…
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