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“Horai”, il sogno dell’uomo innammorato che diventa palcoscenico globale

Recensioni Il regista Giuliano Peparini ci aveva invitato ad accogliere il suo spettacolo coreutico-teatral-classico come un tripudio dell'amore. Così è stato ma al Teatro Greco di Siracusa, per la stagione classica dell'Inda, abbiamo visto non solo un inno ma anche una appassionata lotta di corpi, un intreccio di versi, uno smarrimento di anime. E una prova maestosa dell'etoile Eleonora Abbagnato, affiancata dal ballerino Michele Satriano e dalle parole in movimento di Giuseppe Sartori

Lo aveva anticipato il regista Giuliano Peparini che Horai. Le quattro stagioni” sarebbe stato un tripudio all’amore. Noi, però, di questo spettacolo (che nasce dallo spettacolo di danza “Le quattro stagioni” che ha entusiasmato Parigi ed ora in questa nuova versione coreutico-teatral-classica per la stagione classica dell’Inda si prepara anche per gli Emirati Arabi) abbiamo visto non solo un inno ma anche una appassionata lotta di corpi, un intreccio di versi di Catullo, Orazio, Aristofane e altri (scelti dal grecista Francesco Morosi), uno smarrimento di anime.

Siracusa e le quattro stagioni dell’amore secondo Giuliano Peparini: «Ci crea e ci distrugge»

Il Teatro Greco di Siracusa, stracolmo nelle serate del 5 e 6 luglio scorso, accoglie l’etoile Eleonora Abbagnato,  dalla straordinaria vigoria e misurata tensione. In scena c’è anche il primo ballerino dell’Opera di Roma, Michele Satriano ed un attore tra i più amati delle recenti stagioni classiche dell’Inda a Siracusa, Giuseppe Sartori. E’ lui il primo che vediamo sulla scena. Peparini ci raccontava della trasformazione di Sartori in danzatore. Così è stato, facendoci rivivere attraverso i suoi movimenti la passione e lo struggimento, l’abbandono e gli abbracci.

Horai è il sogno dell’uomo innamorato, il viaggio di una vita fatto di attese, di trepidazione, di gelosia, di partenze e di arrivi. La vita fatta è fatta anche di attesa e di lotta, su quei divani. Otto ce ne sono posizionati, tutti ad accogliere giovani che aspettano, che guardano, che sonnecchiano. Ai divani si aggiungono le tre quinte dalle cui immagini  noi spettatori partecipiamo allo scandire del tempo, delle stagioni… Horai appunto… un tripudio di alberi fioriti, di colori, di finestre da cui guardare alla vita che passa, agli uomini e alle donne che si muovono, che corrono.

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  • "Horai", un momento dello spettacolo, foto Franca Centaro

Al centro una casetta di legno, la stessa usata per lo spettacolo di Leo Muscato, Miles Gloriosus. Questa accoglie la simultaneità dei luoghi, dello spazio, delle storie narrate. Tra pochi e stilizzati oggetti si muove lei, l’etoile palermitana che tutto il mondo ci invidia. Ha lo sguardo di chi l’amore lo vive come una sfida, come una lotta continua. A Siracusa per la prima volta ci consegna una prova maestosa. Il viaggio di “Horai” è l’incontro /che diventa sostanza dell’esistere, del vivere che diventa anche la fine dei sentimenti. E noi, in questo iperbolico viaggio ci facciamo trascinare, accogliendo emozioni  e sensazioni di tormento. Il passare del tempo e delle stagioni sono i magnifici quadri a darcene misura. Tutto accompagnato dalle melodie di Vivaldi e Scarlatti  a cui si legano quelle della musica contemporanea degli anni ’50 e ’60, “Aprite le finestre” di Franca Raimondi (1956) ma anche la “Summertime” di Gershwin in versione strumentale, sino a Frank Sinatra con Nancy.

La musica occhieggia a questo magnifico turbinio di emozioni e di corpi. Più di venti ballerini solisti sulla scena, curata interamente dai Laboratori della Fondazione INDA, ma anche i giovani dell’Accademia del Dramma Antico. I costumi sono di Valentina Davoli e Silvia Oliviero, light designer è Francesco Angeloni, videomaker Unidea mentre la direzione dei cori è di Elena Polic Greco e l’ideazione dei cori cantati di Simonetta Cartia. «Horai – ci ricorda il regista – è il racconto di un amore che prende vita ed esplora di esso ogni sfumatura».  Noi aggiungiamo che è stato uno spettacolo intenso, di cui ringraziamo Peparini. Uno spettacolo che vive di una sua luce e di una bellezza propria. Difatti, non ci stupisce l’ovazione di un pubblico affezionato, come quello di Siracusa.

Fra timè, eros e thanatos, Siracusa è il teatro della follia

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