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Con Roberta Castelli il noir è di casa sotto l’Etna: «Dalla tragedia senza risposte di Enzo e Fabio la mia ricerca di una verità»

Libri e Fumetti Pubblicato da Fratelli Frilli editori, arriva in libreria "Indagine sotto il Vulcano. La nuova inchiesta catanese di Mariolina e Manfredi", il nuovo romanzo incentrato sui due investigatori creati dalla scrittrice di Aci Castello che vuole bissare il successo del precedente "Il delitto di via Etnea". In questo nuovo giallo Castelli riprende, romanzandola, la vicenda di Fabio Giuffrida e Enzo Cardì, pescatori di Acitrezza spariti nel nulla nel 2016. La prima presentazione editoriale a Catania il 19 ottobre

Chissà se a Enzo e Fabio questo messaggio d’amore lo stanno vivendo: ognuno a modo proprio, ognuno con quel must di ricordo che li rende ancora vivi! Messaggio d’amore che è il cuore del secondo capitolo della potenziale saga, che potente lo sarebbe tanto. Quale saga? Quella dei due indagatori Mariolina e Manfredi tirati fuori lo scorso anno dal cilindro della siculo-toscana Roberta Castelli ne “Il delitto di via Etnea” (Fratelli Frilli editori) un debutto letterario entrato subito nelle corde del successo, tanto che la Gazzetta dello Sport ha voluto il romanzo tra i suoi consigli estivi ristampandolo per i lettori di qualunque era e età e qualunque panorama italico.

Ma torniamo a come abbiamo aperto: chissà, ci chiedevamo, se a Enzo e Fabio non si potrà mai dire che qualcuno muoia se prima non si hanno le prove, pertanto, ne parliamo come meritano, al presente, ma ancor di più se due persone perbene uscite per passione, lavoro, rilassamento… spariscono così, stranamente, lasciando preoccupazioni e dolori da far rabbrividire.

E perché li abbiamo citati? Perché nel nuovo romanzo della Castelli, “Indagine sotto il vulcano. La nuova inchiesta di Mariolina e Manfredi” (Fratelli Frilli, pp. 208, € 16,90), ci sono i due personaggi succitati inventati dall’autrice e c’è anche il fatto di cronaca tra i più angoscianti dell’ultimo trentennio italiano. Costruito nella sua Catania, e nella provincia etnea, il romanzo non può che scuotere le coscienze e la memoria: cosa accadde nel 2016 ad Acitrezza, frazione di Aci Castello? Enzo Cardì e Fabio Giuffrida uscirono per mare, come altre volte. Due lavoratori, due pescatori: faticatori e affaticati, ma che vivono la bellezza dell’acqua e il tribolato tempestoso problema del mare agitato. Lo cantava Pierangelo Bertoli facendo supplicare il ritorno del pescatore. Ma qui, dalle nostre parti, non siamo nella bellezza straziante dell’arte, qui lo viviamo costantemente: perché non hanno fatto ritorno? E, ben oltre le supposizioni, dove sono oggi Enzo e Fabio?

Nella memoria attuale e vivida di Roberta Castelli?
«Non lo so – replica la scrittrice -. A parte il supporto costante di Orazio Vasta, sindacalista dell’USB di Catania, oserei dire che sono stati abbandonati subito, e le famiglie lasciate da sole a navigare in un mare tormentato e senza orizzonte. La mamma di Fabio è morta portandosi questo inimmaginabile dolore nella tomba; le sorelle e il fratello (che conosco e abbraccio forte), invece, aspettano ancora che qualcuno dia il giusto peso alla loro tragedia. I romanzi ci permettono di chiudere i cerchi, sarebbe bello se lo stesso accadesse anche nella realtà».


È molto curato il nuovo romanzo di Roberta Castelli, e nella struttura e nello stile tutto, riuscendo, forse con la voglia di verità, a muovere coscienze e speranze: la lettura chiara e limpida senza alcuna volontà di ghirigori inutili, ma nella forma della sintesi che non necessita di esempi apre al tripudio per la sua “nuova” ed eccellente penna, che dà vita al godimento del concentrarsi: bellezza che si distanzia, almeno per adesso, da fatti arcaici, riprendendo con onore e rispetto e onorandoli, due persone che fanno chiedere a tanti dove si trovano. In merito, ha scritto il critico letterario Giovanni Coppola, tra i primi a occuparsene, che “L’autrice riesce a tenere in equilibrio il significato e il significante pur rimanendo nella cornice classica del noir, rispettando di questo genere i tempi e le caratteristiche”. Parole che la pongono fuori dal circuito delle brave autrici che vanno secoli indietro per raccontare con oculatezza un fatto inventato mescolato a uno reale.

Come le è venuto di rendere guardare al passato – nello spazio meno lontano rispetto a storie di sindacati, guerre, nazismi e dolori che fanno pensare in bianco e nero – per rendere onore ai due suoi concittadini?
«Ho sentito il bisogno di farlo perché trovo inaccettabile che due giovani vite spariscano così, nell’indifferenza generale. Se sparissimo noi, come è successo a loro, vorremmo che qualcuno ci cercasse, fino a trovarci. Non mi riferisco alle famiglie, che ovviamente non hanno mai mollato un secondo, ma a chi dovrebbe svolgere questo compito, e non solo per dovere».

Una (più) giovane Castelli che già mirava al genere che l’ha imposta su scala nazionale

Lei non manca di approfondire, separandolo da ciò che ha riportato in auge, i rapporti relazionali di amore possibile e amicale, tra i suoi personaggi: li ama al pari di ciò che potrebbe svilupparsi tra Mariolina e Manfredi?
«Mariolina e Manfredi rispecchiano le sfumature dell’animo umano e li amo proprio per questo. Non sono supereroi in grado di sopportare tutto, ma persone forti e fragili nello stesso tempo. Si vogliono bene anche se spesso non si sopportano; condividono una dote speciale che a volte li unisce, altre li divide. Sono dannatamente umani, è questa la caratteristica che amo di più».

Nell’intervista dello scorso anno lei ci raccontò tra le righe, a tratti palesate, la fonte dell’ispirazione dei suoi due protagonisti: in questo anno vi sono margini di nuove ispirazioni cucite addosso ai due?
«C’è la loro naturale evoluzione, come succede anche nella vita reale».

E di Nicola Romano? Chi o cosa l’ha indotta a rappresentarlo così magnetico per chi legge?
«Quando ho iniziato a tratteggiare questo personaggio, non immaginavo che sarebbe piaciuto così tanto. Nicola Romano, più che incarnare le fragilità umane, incarna i difetti. È menefreghista, pigro, poco propenso ai legami e opportunista. Però, anche lui riesce a trovare spazio per dei sentimenti veri che prova a combattere, quasi fossero un nemico da debellare. Ci riuscirà?».

Il romanzo che ha consacrato l'autrice di Aci Castello nel firmamento nazionale del giallo/thriller/noir

“Il delitto di via Etnea”, romanzo che ha consacrato l’autrice di Aci Castello nel firmamento nazionale del giallo/thriller/noir

Andrea G. Pincketts, uno dei più famosi scrittori italiani di noir, disse una volta che il noir è un genere narrativo completo. É d’accordo con questa affermazione?
«In parte sì ma ciò non significa che altri generi non lo siano. Diciamo che il noir permette di inserire tutto: amore, odio, bellezze, brutture, gesti eroici che si contrappongono a crimini atroci. Tutto è lecito, purché si rispetti il patto di fiducia instaurato con i lettori, descrivendo con onestà non ciò che vorremmo fosse, ma ciò che è. Il noir deve essere sincero, non incline al politicamente corretto e fuori da dinamiche atte solo a nascondere lo sporco sotto il tappeto. Al noir piace fare rumore, scombinare le carte, cercare il sudiciume per eliminarlo».

Lei ha deciso di tornare dopo un anno con una narrazione ambientata a Catania: pensa che sia importante connotare in un unico luogo nuovi protagonisti del genere thriller/noir?
«Penso che un’autrice, per fare arrivare ai lettori l’essenza di un luogo, debba conoscerlo e sentirlo pulsare dentro le viscere. Catania è la mia città, Aci Castello è il mio paese, la Sicilia è la mia terra. Potrei scrivere di altri luoghi ma non sarebbe la stessa cosa. Non si scrive tanto per scrivere ma lo si fa per trasmettere qualcosa, che sia un pensiero o un’emozione. Nel mio cuore, marchiata a fuoco, c’è la mia amata isola, ci sono le mie radici e tutto ciò che mi ha permesso di diventare la donna che sono».

Roberta Castelli e la Catania che non genera bellezza: «Il compito di una scrittrice è diffondere consapevolezza»

Non vive più a Catania, ha viaggiato tanto e tutt’oggi risiede a Pisa, lontano dal Vulcano. Che rapporti mantiene con la sua città? E, inoltre, ogni volta che ritorna qual è il primo sentimento che le suscita?
«Catania è Casa, con la c maiuscola; è amore puro, famiglia, amici. Catania, per me, è croce e delizia, perché vorrei vederla splendere come merita e soffro molto quando viene maltrattata. Catania è meraviglia, è fuoco che illumina le notti, incendiando il cielo e regalando passione agli animi. Catania è la gente di cuore, è sole, mare, cibo. Catania è contraddizione, quiete e caos, salsedine e cenere. Qual è il primo sentimento che provo quando ritorno? Gratitudine, per essere così fortunata ad avere lì, ben salde, le mie radici».

Dunque, la nostalgia di ripercorrere Catania e la sua provincia nella sua scrittura è scuotimento puro…
«Ho iniziato a scrivere proprio per questo motivo… per azzerare la distanza fisica che ci divide.»

Lo scorso anno durante il tour del primo romanzo della saga di Mariolina e Manfredi

Lo scorso anno durante il tour del primo romanzo con il giornalista Gaetano Perricone e l’attrice Patrizia Auteri

In questo suo nuovo romanzo amore e amicizia quando non si alternano, si inseguono. L’amore genitoriale è apprensione, quello romantico è speranza; il primo è quello di mamma Graziella, l’altro quello di Elena.
«L’amore di Elena è quello puro, giovane, carico di vita e di speranza, un amore che vorremmo rimanesse tale per sempre, immutabile e vigoroso nonostante i colpi della vita. Per quanto riguarda Graziella, parliamo spesso dell’immenso sentimento d’amore che provano le mamme, ma ci chiediamo mai quanto sia grande la paura? Con il parto diamo vita a meravigliose creature e, allo stesso tempo, generiamo anche infiniti timori che, giorno dopo giorno, crescono e si nutrono delle crudeltà del mondo. Difendere ciò che di più caro abbiamo, prezioso più della nostra stessa vita, è auspicabile ma non sempre possibile».

C’è della volontà pedagogica in questo nuovo ritorno di Manfredi e Mariolina?
«Mi piacerebbe stimolare riflessioni, è solo questo il mio intento. Però sì, le pagine dei miei romanzi contengono sempre un lato pedagogico e credo fortemente che l’essere umano abbia bisogno, oggi più che mai, di una rispolverata riguardo il concetto di educazione».

Un primo piano della Castelli

Un primo piano di Roberta Castelli

Lo scrittore, secondo lei, deve edulcorare o deve denunciare? Cosa deve rispettare, il significato o il significante? La narrazione deve essere fedele alla cruda realtà o ai canoni estetici?
«Beh, dipende dal genere narrativo. Se scrivo un libro per bambini devo edulcorare; se si tratta di un fantasy devo inventare; se, come in questo caso, si tratta di un noir devo denunciare. La narrazione, essendo un romanzo, non può essere del tutto fedele alla realtà, ma nemmeno deve modificarla troppo per compiacere tutti. Non credo esista una regola assoluta, a parte le poche linee guida da seguire, e non esiste nemmeno il manuale del perfetto scrittore, anche se, ai giorni d’oggi, ci vogliono far credere il contrario. Io cerco di essere coerente con me stessa, raccontando storie che, come sempre accade, troveranno un significato diverso in ogni lettore. Lo diceva già Pirandello: “Ma il guaio è che voi, caro mio, non saprete mai come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io, nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto».

Quanto è speculare la storia dei personaggi letterari fratelli Cannizzo con quella reale di Enzo Cardì e Fabio Giuffrida?
«Mi piacerebbe saperlo. La storia di Fabio ed Enzo è inserita all’interno di una vicenda romanzata; nessuno, ad oggi, è in grado di dire se e quanto i due eventi si assomiglino. Possiamo solo ipotizzare ma spetta alle autorità il compito di indagare, cercando davvero, con passione e compassione, di scoprire la verità».

I due pescatori etnei Giuffrida e cardi, che la Castelli ha onorato nel proprio romanzo

I due pescatori etnei Enzo Cardì e Fabio Giuffrida che la Castelli ha onorato nel proprio romanzo

Ma la possibilità di compensare quanto tutti i familiari dei fratelli Cannizzo sperano e hanno sperato, ma non solo loro, attraverso le risposte che fa dare ai suoi personaggi è reale?
«Ogni possibilità parrebbe reale, ipotizzare è facile, ma credo che niente possa compensare gli anni di silenzio e smarrimento che hanno vissuto (a ancora vivono) le famiglie dei due pescatori dispersi».

Lo scorso anno ospite di Michele Cocuzza a Buongiorno Sicilia per il successo de "il delitto di via Etnea" (Frilli)

Lo scorso anno ospite di Michele Cocuzza a Buongiorno Sicilia per il successo de “Il delitto di via Etnea” (Frilli)

Chiudiamo, chiosiamo e osiamo. Lei appare ermetica, ma nel suo modus operandi di attrezzarsi per il noir esce un gran senso comunicativo che supera il romanzo classico di genere. Ci dica la verità: siamo pronti a subire la trasposizione cinematografica dei suoi due indagatori, che farà pur piacere all’autrice ma che rischia di uccidere il fascino della scrittura?
«Se devo essere sincera, non so se sperarlo, proprio per il motivo che ha appena citato. Certo, sarebbe un’esperienza interessante ma questa opzione, al momento, non è all’orizzonte. Un domani… chissà!».

Il 19 ottobre la prima presentazione editoriale a Catania

Le prime date del tour editoriale di “Indagine sotto il Vulcano” sono segnate a decorrere dal mese di ottobre. Première nazionale il 19 ottobre alla Mondadori di Piazza Roma a Catania; il 25 ottobre la Castelli sarà alla Feltrinelli di Via Etnea a Catania, il 26 ottobre alla Biblioteca Comunale di Aci Sant’Antonio e il 27 ottobre ad Acireale.

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