Libri e Fumetti Angelo Zarcone sparì nel nulla dopo aver disegnato il primo albo di Diabolik, "Il re del terrore", uscito l'1 novembre 1962. Lo cercò anche il celebre investigatore privato Tom Ponzi, senza esiti. Anni fa all'editore Astorina arrivò una mail da Palermo dove si parlava di un quadro di Zarcone comprato in città. Oggi Gianni Bono e Raffaele Mangano in "Non sono stato io" cercano una via romanzata alla soluzione del mistero. Il libro sarà presentato il 26 ottobre alla Galleria Veniero Project di Palermo
Viene presentato il 26 ottobre, alle 18.30, alla Galleria Veniero Project in piazza Cassa di Risparmio 21/22 a Palermo, il libro “Non sono stato io” di Raffaele Mangano e Gianni Bono. Il libro scava intorno alla nascita di Diabolik, protagonista indiscusso del fumetto italiano da oltre sessant’anni, e al mistero legato all’identità del disegnatore del primo numero, uscito l’1 novembre del 1962. Per decenni, studiosi e appassionati hanno avanzato le ipotesi più disparate. Oggi, finalmente, con il libro “Non sono stato io”, pubblicato nella collana Nuvole di carta di IF Edizioni (gruppo Giunti), seguendo tracce e ritrovamenti, Mangano e Bono ricostruiscono la vicenda e ne svelano i contorni, mettendo fine al mistero. La presentazione del libro a palermo sarà condotta dall’autore Raffaele Mangano.
Ma perché un uomo sparisce nel nulla, rinnega il proprio lavoro, la sua arte, e non reclama i meriti nemmeno quando la sua creazione diventa un enorme successo? È esattamente quello che ha fatto Angelo Zarcone. Ed è proprio di quest’uomo, dalla cui matita sono nati gli occhi del “Re del Terrore”, che Gianni Bono e Raffaele Mangano raccontano nel libro. Nella postfazione, Mario Gomboli, direttore editoriale di Astorina, definisce la pubblicazione a quattro mani un vero e proprio romanzo, poiché la vita di Zarcone è sicuramente una storia degna di essere narrata con questa formula. Angelo Zarcone sogna una carriera da pittore ma, per sopravvivere,accetta lavori saltuari presso case editrici di rotocalchi e album illustrati. Ed è a lui che viene affidata la realizzazione del primo numero di Diabolik.Ma immediatamente dopo aver dato il volto al “re del terrore” sparisce all’improvviso, senza lasciare tracce di sé.
Soprannominato “il Tedesco” (per calzare d’abitudine sandali e portare spesso un bambino biondo con sé al lavoro), Zarcone era un aspirante pittore nella Milano degli anni ’60, una città che offriva speranze e opportunità a molti giovani provenienti da tutta Italia. Non riuscendo a vivere della sua arte, lavorava come disegnatore per la casa editrice Astoria di Gino Sansoni, specializzata in pubblicazioni rivolte a un pubblico maschile. I titoli di alcune di queste pubblicazioni, come Realtà proibita, I libri del buco, Le inchieste del vizio e Donne di piacere, avevano persino la dicitura “Edizione piombata”, accompagnata da parole provocatorie come perdizione, peccato e perversione.
Creare storie con protagoniste “donnine discinte” era la prassi di Gino Sansoni, invece fu la moglie Angela Giussani, ispirata dalla lettura di Fantomas, a concepire per la sua casa editrice Astorina, il progetto di un fumetto incentrato su un uomo malvagio, che volle chiamare Diabolik. Angela, affascinata dalla lettera K, battezzò anche il personaggio Ginko (nome che richiamava quello di suo marito, con l’aggiunta di una K).
Fu lei a commissionare proprio a Zarcone la creazione dell’immagine del protagonista e le illustrazioni del primo fumetto. Ma subito dopo aver consegnato le tavole, alcune delle quali solo abbozzate, Zarcone scomparve senza lasciare traccia. Nessuno riuscì più a trovarlo e la realizzazione delle successive storie di Diabolik, che presto sarebbe diventato uno dei fumetti più famosi e longevi, venne affidata ad altri disegnatori.
Il “mistero Zarcone” non venne mai risolto, nonostante l’intervento del celebre investigatore Tom Ponzi, i numerosi avvistamenti e varie ipotesi, che oggi definiremmo fake news. Si parlava di lui su un mercantile o su un’isola a gestire un ristorante, o emigrato all’estero. Fu persino identificato come un macellaio di Bagheria, arrivato a Milano da giovane e poi tornato in Sicilia, oppure come paziente in una casa di cura per malattie mentali. Nel 2005, a proposito del caso Orlandi e del ritrovamento della tomba di De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare, emerse un indizio inspiegabile: in una delle cappelle della basilica si trova un quadro di Zarcone del 1994, raffigurante San Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei.
Nel romanzo, Bono e Mangano ricostruiscono inoltre le vicende delle Case Editrici Astoria e Astorina, il successo di Diabolik, il legame tra cronaca ed editoria, sullo sfondo della Milano viva e pulsante degli anni sessanta. Come in ogni mistero che si rispetti, c’è sempre qualcuno che non si arrende e, per oltre cinquant’ anni, esplora tutte le strade per spiegarsi il rifiuto di Zarcone a rivendicare la paternità di un’opera che gli avrebbe garantito fama e fortuna. È come se Zarcone avesse voluto dire: “Non sono stato io”, abbandonando il progetto alla sua nascita.
Ma un giorno, quando ormai ogni speranza di ritrovarlo sembrava persa, alla redazione di Astorina arriva un’email impossibile da ignorare: «Buongiorno, mi chiamo Davide Tedesco e premetto subito di non essere mai stato un appassionato lettore di Diabolik. Vorrei però raccontare una serie di coincidenze che hanno suscitato la mia curiosità. Di recente ho ristrutturato il mio appartamento a Palermo e, tra i vari arredi, ho acquistato un dipinto a olio firmato Angelo Zarcone…».
Genovese, giornalista e storico, Gianni Bono ha curato “Le tre giornate del fumetto”, prima manifestazione popolare italiana di settore (1971) e “Cartoomics” (1992). Ha ideato la “Guida al fumetto italiano” (1993) e creato a Lucca il Museo italiano del fumetto (2004). Tra i suoi saggi: “Fumetti Made in Italy”, “Topolino 80 anni insieme”. “Gli anni del Corriere dei Ragazzi”, “Tex un eroe per amico”, “Fumetto! 150 anni di Storie italiane”, “I Bonelli” e “G.L. Bonelli Tex sono Io!”.
Nato a milano da genitori siciliani, Raffaele Mangano durante la sua carriera giornalistica ha diretto periodici e condotto trasmissioni televisive. Dal 2015 al 2020 è stato direttore artistico del Premio Brancati di Zafferana Etnea, dove vive. Nel 2015 ha scritto il saggio: “Italiani schiavi per scelta”. Ha pubblicato i romanzi: “Le lumache non bevono vino” (2001), “Il mio amico Abdul” (2003), “Andiamo a bere la pioggia” (2005), “L’ultimo terrestre” (2009), “Il pescatore di tonni” (2011), “Atto unico” (2016), “La colpa” (2018), “La riga sulla emme” (2022).
Lo spazio Giuseppe Veniero Project nasce dalla volontà di Giuseppe Veniero di creare un salotto culturale nel pieno centro di Palermo dove si parli di arte contemporanea non solo attraverso le mostre, ma anche con laboratori, workshop, e lectures. «Appartengo a una famiglia che fa imprenditoria da tre generazioni – afferma Veniero – e mi sono avvicinato all’arte grazie ad alcuni amici che hanno fondato un’associazione culturale, Ars Mediterranea, che si occupa di arte contemporanea a Palermo – più precisamente presso la Galleria d’Arte Moderna – e di cui sono entrato a far parte poco dopo la sua fondazione. Lo spazio nasce dall’idea di realizzare eventi che rispecchino la mia idea di arte contemporanea e che, mi auguro, possano incontrare il gusto del pubblico». Par maggiori informazioni inviare una mail a info@giuseppevenieroproject.com.
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