Blog Un luogo di incontro, socializzazione e accoglienza. Uno spazio dedicato alle comunità di immigrati della città. Fu inaugurato a metà degli anni Novanta a Catania e funzionò magnificamente. Ma ora quella casa comune non c'è più. Chiusa senza un perchè. Proprio adesso che l'integrazione è una drammatica emergenza
Si era a metà degli anni Novanta del secolo scorso: un tempo che oggi appare remoto, come remote e travolte sembrano le idee, sembrano i fermenti di quegli ultimi anni in cui la politica era ancora dettata da ideali e da passioni e sorretta da competenze.
C’era stato il terremoto giudiziario di Mani Pulite, che aveva frenato l’ingerenza dei vecchi partiti, dei politicanti di mestiere, del “contesto” politico-affaristico omertoso e colluso di cui aveva scritto Sciascia già vent’anni prima. E c’era stata la piccola ed effimera rivoluzione dell’elezione diretta dei sindaci, che insediò nelle città italiane primi cittadini come Cacciari e Rutelli, Illy e Castellani, Bassolino, Orlando, Bianco, e soprattutto giunte non imposte dai partiti ma scelte nella società civile: uomini e donne competenti e disinteressati, “prestati” alla politica per un impegno morale.
Quel “prestito” durò poco, appena lo spazio d’una sindacatura, prima che la vecchia politica tornasse rinfrancata a occupare tutti gli spazi e ad imporre le sue trame e i suoi interessi. Ma furono, gli anni dal 1993 al 1997, anni di grande fervore e grandi realizzazioni, di rinascita: a Catania, tra l’altro, l’apertura del centro storico (fino ad allora off limits, dominio della delinquenza) alla vita e allo svago notturni, la valorizzazione e la mobilitazione del ricco sottosuolo di creatività artistiche di quella che allora fu definita la Seattle d’Italia, le magnifiche Estati catanesi di Franco Battiato, la riscoperta e l’apertura di spazi e strutture, di meraviglie architettoniche fino ad allora neglette e fatiscenti.
Tra queste ultime il Palazzo Platamone, oggi Palazzo della Cultura, era ancora, nel ’93, oscuro e decrepito deposito dei camion della nettezza urbana. Fu lì, quando si cominciò a valorizzarlo, che si decise di insediare la Casa dei Popoli. Ero assessore alla cultura, e mi fu pure assegnata la delega al Progetto immigrati. L’idea nacque nelle conversazioni con due magnifiche persone oggi scomparse: Pietro Romano, dirigente comunale, e il professore Gulisano, illustre infettivologo. Si trattava di offrire alle comunità di immigrati per l’appunto una casa comune, di accoglienza e di assistenza, di scambio culturale, di confronto, di solidale integrazione. E la Casa fu inaugurata, e funzionò magnificamente per diversi anni, grazie all’intelligenza e all’abnegazione di funzionarie come Paola Scuderi e Angela Saitta.
Ebbene: oggi la Casa dei Popoli non c’è più. Oggi o ieri, quando l’immigrazione è diventata davvero una drammatica emergenza, quella struttura è stata chiusa, quel servizio negato. Quando? Perché? Da chi?
Attendo risposte.