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Diversi. Personaggi in cerca di un Altrove

Eventi Venerdì 16 ottobre inaugura la quinta stagione del Teatro Coppola Occupato di Catania. Repliche il 17 e 18 ottobre

Si alza il sipario del Teatro Coppola di Catania giunto alla quinta stagione di programmazione dedicata quest’anno al diverso, lo straniero, al disagio dell’uno sconosciuto. Alla difesa della nazione, della razza, della sessualità da catechismo, dei diritti di pochi contro i diritti di tutti, a favore della ricchezza di un’umanità eterogenea che nelle differenze trova nuovi orizzonti di convivenza e immagina le frontiere (geografiche, sessuali, culturali, di genere) come territori di scambio piuttosto che come muraglie di retorica populista.

La nuova stagione verrà così inaugurata venerdì 16 ottobre dal debutto di DIVERSI Personaggi in cerca di un Altrove da Luigi Pirandello, con la regia di Silvio Laviano (repliche il 17 e 18 ottobre). Diversi nasce dalla residenza estiva del progetto S.E.T.A. (Studio Emotivo Teatro Azione), ripetuta dopo la felice e fortunata esperienza di “S.O.G.N.O. ergo Sum”

DIVERSI Personaggi in cerca di un Altrove

Ideazione scenica e regia Silvio Laviano
con Roberta Amato, Gianmarco Arcadipane, Michele Arcidiacono, Tony Bellone, Giada Caponetti, Lorenza Denaro, Luisa Ippodrino, Silvio Laviano, Ciccio Tellico e la partecipazione della performer Monica Saso

Spettacolo non adatto ai minori di 14 anni

Note di regia
Una storia di fantasmi reali o fittizi, un dramma reiterato e continuato. Personaggi incastrati e plastificati nel loro bisogno di raccontarsi, viversi, proporsi e spiegarsi. Ogni essere vivente, che sia “albero o sasso, acqua o farfalla… o donna”, in questa nostra “bella” società ha il bisogno e l’urgenza di apparire per esistere, di svelarsi per vivere. Si vive, ormai nel tempo delle etichette, nello spazio condiviso dai gruppi da social network, all’interno di immagini postate, commentate e condivise, viviamo una vita decisa e giudicata da Altri. Ed ecco che una sera di silenzio e solitudine, “8 personaggi” si manifestano, in un palcoscenico apparecchiato di libri e carte, ronzando “come un insetto schifoso” nella testa di un poeta creatore “Di versi”, pittore di urli che ridono, di pappagalli immaginari, di carta che riflette. Nevroticamente, il poeta subirà le visite dei suoi fantasmi, vittima ma anche carnefice della sua stessa immaginazione, aderendo ad essa, partorirà il dramma e la conseguente urgenza di un’azione. L’urgenza del teatro “cantato” della Signora Prima Attrice, l’urgenza di un vuoto della quotidianità di periferia provinciale dell’Uomo Comune, l’urgenza di un “pasticcetto romantico sentimentale” della Famiglia piccolo borghese che nel silenzio e nel “sommerso” nasconde l’indicibile. La lingua di Luigi Pirandello è una lingua violenta, aspra, fatta di “kaos” e follia repressa, i suoi personaggi cercano costantemente di placare le bestie orrorifiche costrette in abiti borghesi, in veli neri, in occhiali scuri, in risate represse, in sgambetti dell’umore. L’uomo pirandelliano si ritrova a scegliere tra Bestialità e Virtù, in un’eterna bipolarità che lo nevrotizza, vorrebbe percorrere linee dritte del pensiero che, pur contro il proprio volere, degenerano in “una smorfia irriconoscibile di noi stessi”. Siamo Uno, Nessuno e Centomila ed è il contesto, questa “Bella Società”, che ci etichetta costringendoci a plasmare nel nostro volto maschere di pietra ipocrita, di gesso falso, di bronzo scadente. Come si può essere Diversi, allora? Come urlare al mondo al verità? “La Verità Signore!” La diversità sta nel coraggio di denunciare la mollezza di quella pietra, la friabilità di quel gesso, la debolezza di quel bronzo. Denudando le maschere, la verità si rivela come nudità dell’anima, nudità dello sguardo diretto ad occhi estranei “dove l’immaginazione può lavorare più liberamente”, nudità di un palcoscenico “dove si giuoca a far sul serio”. Nudità di una voce rotta da un urlo di madre. Denudando e denunciando i mali del nostro tempo possiamo permetterci di riconoscere il bisogno primario dell’uomo, riconoscersi diversi in ogni atto e per questo unici, non omologandosi alla finzione di una società che cerca di riempire i vuoti distruggendo solo spazi altrui, dipendendo da “droghe” fatte di ipocrisia, di perversione, di sorrisi borghesi e di occhi vitrei. Tutto ciò può accadere nella catarsi di una “festa” della verità, la famiglia come luogo delle frustrazioni, un desco fatto di urli e sorrisi di circostanza, di “non detti” che pesano e bruciano dentro. Solo la ribellione e la denuncia della propria diversità, attraversando il dolore, ripuliranno tutto verso la ricerca della propria essenza, la cura migliore è ritornare all’identità primigenia di essere umano, di essere sensibile, di essere se stessi. E 9 attori, esseri sensibili e quindi diversi, desiderano denunciare il bisogno di ritornare all’essenza della virtù umana, ad un altrove del sentire. Oggi l’unico altrove possibile può e deve essere il teatro che grazie alla poesia trasforma il rumore assordante in cui viviamo in un ritorno alla verità nuda, fatta di parole parlate, di silenzi goduti, di corpi che sudano, di fumo che danza, di carta che vola, di leggère e mortifere bolle di sapone. Perché quelle tre corde “pirandelliane” possono essere uno spietato strumento di impiccagione ma anche, se lo si vuole, magnifiche funi per salvarsi dalla crudeltà del reale. Sta a noi decidere se piangere o ridere di tutto questo! È indubbio, però, che tutto ciò è umoristicamente tragico. (Silvio Laviano)

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