Video La cantautrice palermitana lancia il videoclip della title track, singolo che racchiude l'essenza del disco
«È la canzone che mi diverte di più, sia sul piano concettuale che su quello dell’esecuzione. L’idea di cavalcare, minacciosa come una valchiria, verso la borghesia più ipocrita svelando solo all’ultimo metro che la mia arma è una banana, è un godimento senza pari». Queste le parole con cui Simona Norato presenta il nuovo video “Orde di Brave figlie”, title track dell’album uscito per Ala Bianca girato da Giuseppe Lanno, visual artist Simone Michael e Dennis Tacconelli. Anticipato dalla clip “Scegli me tra i bisonti”, il nuovo singolo è forse la traccia che più di altre racchiude l’essenza del disco: «Io sono una signora, una per cui la guerra è finita». Un omaggio alla Bertè con cui si vuole evidenziare l’accettazione della propria condizione privata e sociale.
Prodotto artisticamente da Cesare Basile, “Orde di brave figlie” è il secondo lavoro solista dell’artista palermitana che verrà presentato in un’anteprima speciale del tour giovedì 18 ottobre a Campo Teatrale di Milano. Un racconto intimo e al tempo stesso collettivo, musicalmente intraprendente, che prenderà vita sul palco di Milano con ospiti speciali. Simona proseguirà poi il touril 23 novembre a Firenze (Circolo il Progresso); il 29 novembre a Torino (Magazzino Sul Po); l’11 dicembre Roma (‘Na Cosetta); il 21 dicembre a Catania (Coppola); il 22 dicembre a Palermo (Spazio Franco); il 18 gennaio a Verona (Cohen); e il 19gennaio a Bologna (Efesto House).
Il video “Orde di brave figlie” si muove su più livelli. C’è un livello fisico che è quello in cui si cerca di interpretare visivamente l’aspetto ironico e libertario del brano. C’è il livello delle video proiezioni realizzate da Simone Tacconelli che evocano ricordi ed elementi presenti nel bagaglio di ogni brava figlia. I due livelli fusi, attraverso la camera e il montaggio, generano una bolla che rimbalza felice nei meandri di un luogo oscuro. “C’è l’idea di realizzare un lavoro senza ganci drammatici – spiega il regista – ma con un impatto estetico su cui trasferire i punti chiave della riflessione e della ‘dedica’ alle brave figlie”. I movimenti di Simona sono stati diretti e manipolati per avvicinarsi al brano anche dal punto di vista musicale. C’è la volontà di avvicinarsi a lavori come quello su “Like Sugar” di Chaka Khan, creando loop o ripetizioni per sottolineare aspetti ritmici o melodici del brano.
“Orde di brave figlie” è un disco che parla di relazioni in uno stretto legame tra desiderio e consapevolezza. Relazioni politiche e sociali, pure e anche pericolose ma tutte vitali.
“Le orde di brave figlie sono incontri e scontri da curare con la pazienza dei Santi”, spiega l’artista. Una santità laica che non ammette benedizioni ma tende semplicemente a riconciliarsi nell’essere umani e a vivere la propria realtà senza temere giudizi. Proprio per questo Simona si mette a nudo di fronte alla propria umanità e ne esce rafforzata: una persona reale che incarna la sua libertà a discapito di una società basata sul paradosso della finzione formale.
Come una valchiria alla guida di un’orda di suggestioni musicali visionarie, sperimentali e poetiche, irrompe con rinnovata prepotenza nella scena cantautorale italiana. Musicalmente schiaffeggia il mainstream per cavalcare con coraggio ed eleganza territori surreali e poco esplorati. Nei testi attacca il pensiero unico e le manipolazioni del potere; schierandosi a fianco delle minoranze. Proprio come una valchiria guida simbolicamente un’orda di brave figlie contro l’ipocrisia borghese, inneggiando alla libertà.
Nove brani – di cui due strumentali – cantati in italiano, nati e incisi in presa diretta in una comunione creativa che accresce il valore dell’opera e porta a compimento il significato di relazione artistica. Una complessa e profonda ricerca stilistica basata anche su suoni ancestrali e su elementi compositivi del Sud Est del mondo, testimoni di un sentire politico orientato verso una migrazione opposta a quella che viene narrata dalla cronaca di tutti i giorni. Emblematico è l’amore per la terzina in due tempi, movimento caro alle visioni desertiche dell’autrice che esula dalla classica musica di matrice occidentale e ricorda a volte le atmosfere sospese tanto care a Ennio Morricone.