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Flavio Mitridate

Eventi Il 4 settembre a Palazzo Platamone a Catania la presentazione editoriale e la proiezione del booltrailer del libro di Licia Cardillo Di Prima e Angela Scandaliato

Licia Cardillo Di Prima, Angela Scandaliato, Flavio Mitridate

Venerdì 4 settembre, alle 19, a Catania, a Palazzo Platamone (via V. Emanuele), Licia Cardillo Di Prima e Angela Scandaliato presentano il loro libro “Flavio Mitridate – I tre volti del cabbalista” (Dario Flaccovio Editore). Seguirà alle 21 la proiezione del booktrailer. L’evento rientra nell’ambito della manifestazione Corti in cortile, diretta da Davide Catalano.

Il romanzo (pag. 204; euro 12,00) narra la storia di Flavio Mitridate, uno dei protagonisti più misteriosi del Rinascimento italiano ed europeo. Uomo dai tre volti – l’ebreo Šemu’el ben Nissim Abu l-Farag, il converso Guglielmo Raimondo Moncada, il cabbalista Mitridate, esperto di lingue e teorizzatore dell’amor socraticus – rappresenta la cifra del secolo della magia e dell’astrologia: il Quattrocento.

Flavio Mitridate è uno dei protagonisti più misteriosi del Rinascimento italiano ed europeo. Uomo dai tre volti – l’ebreo Šemu’el ben Nissim Abu l-Farag, il converso Guglielmo Raimondo Moncada, il cabbalista Flavio Mitridate, esperto di lingue e teorizzatore dell’amor socraticus – rappresenta la cifra del secolo della magia e dell’astrologia: il Quattrocento.

Tra mascheramenti e svelamenti, la sua vita si snoda dalla Caltabellotta dei conti de Luna – attraverso la Napoli di re Ferrante, la Roma di Sisto IV e Innocenzo VIII, la Urbino di Federico da Montefeltro – alle Università della Germania e alla Viterbo dei Farnese.

Il romanzo, attraverso un retablo d’immagini, insegue il cabbalista siciliano nel suo viaggio esistenziale, psicologico e culturale, raccogliendo i frammenti dispersi, le tracce impresse nella documentazione, i tanti messaggi in codice inviati cinque secoli fa, ne ricostruisce i contesti, lo mette sulla scena come protagonista tragico e talvolta grottesco, depositario dei misteria judeorum, restituendogli la luce del primo piano, lo spessore della sua cultura non comune, la parola negata, l’autonomia rispetto al suo brillante doppio, Pico della Mirandola, per amore del quale, in pochi mesi, tradusse dall’ebraico in latino più di 3500 pagine di codici.

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