Teatro e opera Il 27 maggio a Siracusa il confronto col pubblico del cast, Maddalena Crippa in testa, dell'opera di Euripide in scena al Teatro Greco
Dopo aver ospitato il cast di “Elena”, adesso la Casa del Libro Mascali di Siracusa accoglie la compagnia che quest’anno mette in scena al teatro Greco di Siracusa, per la stagione classica dell’Inda, “Le Troiane” di Euripide per una conversazione aperta con il pubblico. L’appuntamento per lunedì 27 maggio, alle ore 18. Saranno presenti: Maddalena Crippa (Ecuba), Paolo Rossi (Taltibio), Marial Bajma Riva (Cassandra), Elena Arvigo (Andromaca), Graziano Piazza (Menelao), Viola Graziosi (Elena), Clara Galante (Corifea), Elena Polic Greco (Capo coro), Riccardo Scalia (Astianatte), Riccardo Livermore (Guardie), Doriana La Fauci (Capo coro di vecchie). Introduce Daniela Sessa.
La regia delle Troiane di Euripide (fino al 23 giugno a giorni alterni) per la quarta volta nel cartellone dell’Inda dopo le edizioni del 1952, 1974 e 2006, è di Muriel Mayette, prima donna a dirigere la Comédie Française. Il testo è una delle tragedie più strazianti e corali di tutto il dramma antico e mette in scena il dolore delle prigioniere troiane, rese schiave e soggiogate dagli eroi greci. La traduzione è di Alessandro Grilli, la drammaturgia di Cristiano Leone, i costumi di Muriel Mayette, le musiche di Ciril Giroux. A curare il progetto scenico è Stefano Boeri che ha scelto di utilizzare per il Bosco delle Troiane gli alberi schiantati delle foreste della Carnia, alberi abbattuti che consentiranno di creare un ponte tra il Friuli e la Sicilia e al tempo stesso di lanciare un messaggio di speranza e rinascita perché alcune piantine di leccio saranno piantumate in alcuni parchi della città di Siracusa.
La regista Muriel Mayette-Holtz: «La tragedia di Euripide è un canto di sofferenza in omaggio alla vita. Ecuba compie la scelta di rialzare la testa. Malgrado la distruzione di una città, di un passato glorioso, le Troiane accettano con coraggio la loro sorte; queste donne sono capaci di marciare sulla propria pena: sono loro le vere eroine della guerra. Esse incarnano la speranza di esseri che non soltanto non rinunciano, ma che anzi decidono di andare avanti».