Ricette Ho sempre creduto che realizzare la conserva di mele cotogne fosse impresa ardua, invece ho scoperto che se si è spinti dal desiderio di rendere felici le persone che amiamo ci vuole solo un po' di tempo e buona volontà
Quelle delle conserve di frutta è ormai da molti anni una passione, anche se al dire il vero io ne consumo pochissime.
Però mi rilasso, la sera, a trasformare la frutta fresca in gustose marmellate che preferisco non troppo dolci e con un pizzico di agre che si confà alle mie esigenze di prima colazione.
Dopo aver preparato marmellate di ogni tipo di frutta, quest’anno mi sono cimentata per la prima volta nella realizzazione della cotognata, una marmellata antica che, a dire il vero, non ha mai incontrato il mio gusto… troppo dolce!
Eppure quest’anno, mi sono convinta. Complici due chili di mele cotogne, cresciute nelle campagne di Corleone, arrivate in dono a una persona che amo moltissimo.
Il dono è stata l’occasione per ricordare alcuni aneddoti legati alla cotognata. La persona che amo moltissimo mi ha raccontato che negli anni 50, quando andava a scuola, questa marmellata “dura”, profumatissima e dall’inconfondibile color albicocca, in prossimità della Festa dei Morti veniva donata a scuola, in piccole forme di parallelepipedo, ma soltanto ai bambini più poveri, ovvero quelli che, nell’immediato dopoguerra, non avevano le scarpe. E siccome la persona che io amo moltissimo le scarpe le aveva, non era mai destinataria di questa succulenta prelibatezza, evento che ha trasformando la cotognata in un vero e proprio “frutto proibito”, desiderio mai appagato.
L’ho trovato un racconto triste, perché mi pare triste che ci siano stati tempi in cui un dolciume potesse essere regalato a un bambino solo, per quanto questo versasse in condizioni economiche più disagiate degli altri. Vi verrebbe mai in mente, oggi, di portare delle caramelle in una classe, e farne dono solo ad alcuni bambini?
E così, nonostante mi sembrasse un’impresa epica, ho deciso di far felice questo bambino ormai cresciuto, che mi pare abbia ancora conservato nel suo cuore alcune tracce di quell’antica delusione, nella speranza che da oggi in poi possa affiancare alla cotognata anche un ricordo lieto.
Ho studiato per giorni, mi sono informata, ho fatto qualche piccolo esperimento e alla fine mi sono messa ai fornelli.
Ho lavato bene le mele cotogne (2 Kg), le ho spaccate in quattro parti eliminando i torsoli ed eventuali ospiti (le mele cotogne devono essere biologiche).
Le ho fatte bollire con la loro buccia e tre piccoli limoni spaccati a metà (ho spremuto anche il succo, per evitare che le mele cotogne annerissero) in abbondante acqua finché con una forchetta ho potuto infilzarle molto facilmente.
A qual punto le ho scolate, ho eliminato i limoni, e ridotto le mele in purea, mentre erano ancora calde, utilizzando un passaverdure a fori medi.
Pesata la purea (la mia era 1,100 Kg) ho aggiunto 1 kg di zucchero e rimesso tutto sul fuoco, in una pentola antiaderente e mescolando sempre (occhio agli schizzi roventi), finché si è addensata per bene: ovvero finché la marmellata è rimasta attaccata nel cucchiaio di legno.
A qual punto ho versato il composto in varie formine di ceramica.
Purtroppo non mi ero attrezzata con tutte le formine necessarie, e per questo la mia cotognata non è esteticamente bella, anche se ha un colore stupendo, ma vi posso assicurare che è deliziosa. E anche se ancora non si è asciugata del tutto (perché diventi soda al punto giusto dovrà trascorrere ancora una settimana, ma si può scegliere di metterla in barattoli di vetro) posso dirvi che l’ho già assaggiata, e questa volta è piaciuta anche a me, e soprattutto, è piaciuta alla persona che amo moltissimo, che quest’anno per la Festa dei Morti potrà finalmente godere di una cotognata tutta sua.