Libri e Fumetti Il delicato tema del rapporto fra le due religioni monoteistiche viene approfondito dal giornalista nel libro "Noi fratelli", scritto con Stefano Girotti Zirotti e che vanta l'introduzione di Papa Francesco. Ed uno spazio importante lo ha avuto - da Federico II in poi - la Sicilia. Mazzuca: «Avanguardia di dialogo, crogiolo di civiltà e culture, è tutt'ora luogo di incontro»
«L’ispirazione del libro scaturisce dalla stringente attualità, si parla in continuazione di fratture fra mondo cristiano e mondo islamico e dei problemi quali l’immigrazione che vengono alimentati da polemiche non di rado sopra le righe. Partendo da questo è giunta spontanea la riflessione sulla possibilità di creare dei ponti, come dice da anni papa Francesco, per cercare di rafforzare i filoni di dialogo e confronto che sono già in atto e nel contempo per dare anche risposte razionali a questioni che spesso nel dibattito pubblico vengono affrontate sollecitando la “pancia” più che il cervello».
Con questo incipit Giancarlo Mazzuca racconta la genesi del suo libro, scritto a quattro mani con Stefano Girotti Zirotti, dal titolo emblematico “Noi fratelli”, edito da Mondadori. Un testo molto interessante che affronta la questione partendo da una sintesi efficace e ben strutturata di molti secoli di storia. Il delicato tema del dialogo fra Cristianesimo ed Islam viene dunque interpretato attraverso una solida prospettica storica, nella quale vengono evidenziati i momenti essenziali. Ed emergono non solo gli scontri ma anche i diversi momenti di confronto. Ed uno spazio importante lo ha avuto la Sicilia nel corso dei secoli – e lo ha tutt’ora -, in particolare vi è un capitolo incentrato sul ruolo di Federico II che da governante ed intellettuale illuminato riuscì a creare ponti in una epoca dove prevalevano duri scontri. Il libro giunge sino all’era contemporanea con il ruolo svolto da papa Francesco. Nel testo vi è anche il racconto della costruzione del ponte di pace visto dall’Oriente. Il tutto raccontato con uno stile chiaro, sul modello anglosassone, ed arricchito da aneddoti curiosi e retroscena che rendono la lettura ancor più avvincente. Non a caso gli autori sono due autorevoli colleghi giornalisti: Giancarlo Mazzuca, già direttore del Resto del Carlino, del QN e del Giorno, è stato inviato speciale del Corriere della Sera, vicedirettore alla Voce di Montanelli, membro del precedente Consiglio di amministrazione della Rai; e Stefano Girotti Zirotti, attualmente impegnato nella realizzazione di programmi speciali per Rai Vaticano, ha lavorato anche nelle redazioni del Resto del Carlino e de il Giornale, ed è stato vicedirettore in Rai Sat.
Il libro ha una lettera-introduzione di Papa Francesco. Come è nata questa prefazione? Mazzuca spiega: «Dato che ci stavamo occupando della possibilità di costruzione di un ponte di pace chi meglio del pontefice poteva dare una risposta a questa nostra volontà di cooperare. E così abbiamo chiesto a Papa Francesco se poteva aiutarci in questa opera di dialogo nei confronti del mondo islamico. Dapprima il pontefice ci ha fatto sapere che la persona giusta era il cardinale francese Touran, che era il presidente del dialogo interreligioso che purtroppo è scomparso poche settimane fa, il quale ci ha dato una bella ed importante collaborazione. In seguito il Papa -avendo apprezzato il libro – ha premiato questo nostro sforzo inviandoci una lettera-introduzione. Che per noi è l’imprimatur migliore, dimostra che il nostro sforzo non è stato vano, che abbiamo portato avanti un lavoro importante».
Un nodo cruciale del libro è quello di mettere in evidenza che la possibilità della costruzione del ponte della pace è realizzabile con l’interazione. Ritiene che in questa fase storica si siano fatti dei passi avanti in questa direzione -viene subito in mente l’incontro fra il papa ed il “grande imam di Al-Azhar”?
«Qualcosa di importante si sta facendo, anche se è in divenire. Si è comunque palesato che la possibilità del dialogo vi è. Sono state superate delle notevoli diffidenze, la strada è ancora lunga e complessa, ma anche grazie a Papa Francesco – che lotta contro i muri e costruisce pronti – sono stati fatti notevoli passi in avanti. Nel merito specifico del nostro libro debbo dirle che all’inizio non è stato facile, ma con il passare del tempo diversi prestigiosi imam hanno dato un contributo intellettuale al nostro testo, anche con una importante intervista che abbiamo inserito nella seconda parte del libro, assieme al dialogo con il cardinal Touran. Ci sono uomini di buona volontà che sono disposti a collaborare e credo che sia importante metterli assieme per costruire un ponte solido e proficuo».
Il libro ha un’ampia parte di ricostruzione storica…
«Nella prima parte del libro raccontiamo 17 secoli di storia, dalla nascita di Maometto fino ai nostri giorni. Rivedendo la narrazione plurisecolare si notano i tanti errori commessi, tante guerre inutili, tentativi di pace falliti. Ma nel contempo vi è sempre stato un filo conduttore che ha legato idealmente grandi personalità, da San Francesco d’Assisi a papa Francesco, alla ricerca di un vero dialogo di pace, razionale e concreto. Il fatto che nella fase attuale non solo personalità autorevoli e di grande rilievo ma tante persone animate di buona volontà siano impegnate in questo sforzo fa ben sperare per il futuro. Anche perché, diciamolo con chiarezza, il muro contro muro non conviene a nessuno, non aiuta nessuno. Dunque anche sul piano pragmatico è auspicabile che prevalga il dialogo. E’ importante che personalità autorevoli delle diverse religioni abbiamo messo in evidenza come la religione non vada mai strumentalizzata in nome delle guerre e delle violenze. Questo è un dato reale e notevole».
Vi è attenzione ampia nel libro al Mediterraneo, con una visione internazionale di quest’area strategica del mondo. Vi è un capitolo molto significativo incentrato sulle vie del mare, dove citate anche il grande storico francese Fernand Braudel. Il Mediterraneo è tornato centrale nel nuovo secolo. Qual è stato e qual è il ruolo della Sicilia?
«Il ruolo della Sicilia è fondamentale e lo dimostra la storia. E’ stata ed è centrale nel Mediterraneo sul piano geo-storico e culturale. Nell’ottica del nostro discorso, lo è in particolar modo a partire dalla dominazione degli arabi, in Sicilia vi fu una convivenza tollerante. Che proseguì anche nei secoli successivi, si pensi alla visione lungimirante ed innovativa di Federico II. Ovviamente la storia nel corso dei secoli è fatta da scontri e confronti. Può certamente dirsi che la Sicilia è stata l’avanguardia di un dialogo positivo con i musulmani, una terra crogiolo di civiltà e culture, ed è tutt’ora un luogo di incontro. Ritengo che nel futuro può avere un ruolo ancora più importante nell’ottica di una crescita del dialogo. Credo nel concetto di fratellanza, per questo ritengo che la semina di papa Francesco con il suo discorso rivolto al mondo intero abbia già portato diversi frutti, e tanti altri può portarne. Il messaggio di fratellanza può creare ponti universali, per farlo servono però tanti sforzi. La Sicilia dei nostri giorni continua a dare esempi di accoglienza, di fratellanza, di apertura verso il mondo».
Colui che nel Medioevo raggiunse l’apice concreto del dialogo diplomatico in questo ambito fu proprio Federico II, che dalla Sicilia reggeva il suo impero e governava il Mediterraneo.
«Federico II ha avuto un ruolo importantissimo, è stato antesignano nel discorso del dialogo sul piano politico ed intellettuale, diplomatico e strategico. Oggi i politici dovrebbero ispirarsi a Federico II ed alla sua robusta preparazione culturale, alla sua visione lungimirante. Nel libro raccontiamo tanti personaggi che hanno contribuito al dialogo e non solo dal fronte occidentale e dal mondo cattolico. Anche sul fronte musulmano ve ne sono stati diversi che si sono impegnati positivamente. Voglio ricordare la figura prestigiosa del Saladino che non era affatto “feroce” come gli stereotipi ed i luoghi comuni hanno tramandato. Era un leader molto intelligente, lungimirante ed aperto al dialogo, non a caso fu colui che aprì le porte di Gerusalemme ai cattolici. Ha avuto un ruolo storico positivo nell’ottica del dialogo. Spero che questo libro possa contribuire anche a decostruire degli stereotipi falsi. Riappropriarsi nel modo giusto e veritiero del passato aiuta il processo del dialogo. Credo nel valore positivo degli esempi».
Giungendo all’attualità, una tappa altamente simbolica dei viaggi di papa Francesco nel mondo è stata il viaggio a Lampedusa. Come la interpreta?
«Non è un caso che papa Francesco abbia scelto la porta meridionale dell’Europa, una periferia che è sempre più al centro del mondo. Una di quelle periferie che per il pontificato di Francesco sono il nuovo centro del globo perché mettono a contatto luoghi di confine, di passaggio e di incontro. La Sicilia è al centro del Mediterraneo che è il luogo di incontro di tre continenti. Papa Francesco, così come in parte aveva fatto Federico II, ricorda che il dialogo inizia dagli avamposti. Lampedusa rappresenta un avamposto non solo simbolico per gettare un ponte di pace verso il Mediterraneo. Si confonde spesso il problema dei migranti con il mondo musulmano non tenendo in conto le questioni demografiche ed economiche. Le tematiche vanno affrontate nella loro complessità con razionalità, altrimenti la loro comprensione sfugge. Molti dei problemi legati alla questione dell’immigrazione sono dipesi non da paesi che si affacciano sul Sud del Mediterraneo ma dal fatto che molti stati europei ci hanno lasciati soli ad affrontare un fenomeno epocale. Servono soluzioni più concrete a livello europeo. Comunque, nonostante tutto la Sicilia è rimasta sempre una terra accogliente ed aperta al dialogo, piena di spirito di fratellanza ed umanità, e questo messaggio è percepito positivamente nel mondo musulmano».
Qual è la sua definizione della Sicilia?
«La Sicilia è una frontiera aperta e di grande importanza. Ed è una terra a me molto cara. Mi sento legato al profondo Sud. Un mio avo era un generale e venne in Italia, in Calabria, al seguito di del condottiero albanese Giorgio Castriota Scanderbeg (considerazione legata alle radici del padre di Mazzuca di origini calabresi con ascendenze greco-albanesi nda). Mi sento un po’ calabrese ed anche un po’ siciliano perché questa isola è cosmopolita ed aperta al mondo. Per i fenomeni che stanno accadendo considero la Sicilia un punto d’avanguardia, la definisco “battistrada dell’Italia e dell’Europa” nel discorso del dialogo fra Cristianesimo e Islam, fra Occidente e Oriente».