Eventi Sabato 14 e domenica 15 novembre Mimmo Cuttichio mette in scena a Palermo un'opera delle "serate speciali", la più seguita, quella della Patrona
Per tutto il periodo di massimo splendore dell’Opra, gli spettacoli dei pupi componevano un grande mosaico in cui solo la Storia dei paladini di Francia si rappresentava per 371 serate consecutive. Il lungo ciclo veniva interrotto di tanto in tanto, soltanto dalle cosiddette “serate speciali” che si srotolavano in un’unica rappresentazione e raccontavano la storia di un eroe, un santo, un brigante: Mimmo Cuticchio ha recuperato questa tradizione e composto un ciclo di spettacoli che andrà avanti nei week end fino all’Epifania, nel Teatrino di via Bara all’Olivella, a Palermo.
Sabato 14 e domenica 15 novembre, sempre alle ore 18.30 tocca a “La storia di santa Rosalia”. Tra tutte le “serate speciali”, quella dedicata alla storia di Santa Rosalia era di certo tra le più seguite. Vuoi per devozione popolare, vuoi perché la figura della vergine fanciulla che rinunciava ad una vita di agi per seguire la fede, era molto amata dal popolo. Per questo motivo la “serata di Rosalia” era un appuntamento fisso ed irrinunciabile: Mimmo Cuticchio recupera la tradizione, la sua Rosalia è una dolce ragazza bionda dal piglio energico.
Rosalia Sinibaldi è figlia del nobile Sinibaldi di Palermo e della sorella del conte Ruggero. La fanciulla, molto devota a Gesù, è costretta dai genitori e dallo zio, a sposare il nobile cavaliere Balduvino. Mentre, rassegnata, si prepara alle nozze, le appare la figura di Gesù Crocifisso. Decide dunque di abbandonare la corte, rifiutare il prestigioso matrimonio e ritirarsi in eremitaggio. Passano quattro secoli. È il 1625 e Palermo è martoriata dalla peste. Il saponaro Vincenzo Bonelli, meglio conosciuto come il cacciatore, disperato per avere perduto la giovane moglie a causa dell’epidemia, si avventura con il cane e il fucile sul Monte Pellegrino nella speranza di procurare del cibo per i suoi bambini. Qui gli appare Rosalia, che lo conduce verso una grotta e gli chiede di riferire all’Arcivescovo Doria che le ossa lì riposte le appartengono e che, se fossero state portate in processione per la città, la peste sarebbe cessata. Il Bonelli è contagiato dalla peste, come la Santa gli aveva predetto, e in punto di morte racconta la sua esperienza al confessore. Le autorità ecclesiastiche, colpite dal racconto, dispongono la processione. Al passaggio delle ossa di Rosalia, gli ammalati guariscono sotto gli occhi di tutti e il contagio si arresta.