Sugnu Sicilianu L'artista mazarese Linda Denaro, nota come Lidù, è tra gli artefici della rinascità artistica e iconografica del centro storico della città dell'integrazione. Suo è l'omaggio su ceramica al fenomeno naturale che fa ingrossare le acque del fiume Mazàro: «Anche l'umore degli abitanti cambia con il marrobio. E’ un evento che inquieta ma i lupi di mare, sanno che non dura a lungo»
Linda Denaro è un artista di Mazara del Vallo, il cui nome d’arte Lidù, nato dall’unione del suo nome e cognome, è possibile leggere nelle maioliche dipinte lungo la street Art della città siciliana che da secoli rappresenta un baluardo dell’integrazione. Con i suoi ottomila tunisini residenti nella casbah tornata a risplendere di affreschi e maioliche, Mazara è la più grande comunità d’Italia di immigrati maghrebini.
Linda Denaro ha 37 anni, un figlio, e da più di un anno vive a Trieste, dove ha seguito il suo compagno. Dal punto opposto dell’Italia a fine settembre è tornata nella sua Mazara in occasione del Blue Sea Land, l’evento nato per valorizzare le risorse economiche e le eccellenze delle filiere agro-ittico-alimentari dei Paesi del Mediterraneo e del Medioriente, all’interno del quale sono stati inseriti un corollario di eventi culturali ed enogastronomici.
La incontro in piazza Mahdia, la piazza che prende il nome dalla città araba da cui nell’anno 827 giunsero gli Arabi, il primo nome arabo dato alla città fu proprio Mahdia del Vallo, trasformato poi in Mazara.
Com’è nata la sua passione per la ceramica?
«E’ una passione che ho sempre avuto da piccolina. Ho frequentato l’istituto d’arte, qui ho cominciato a lavorarla. Ora sto utilizzando anche la versione moderna dell’argilla, faccio sculture in terracotta, ritratti a carboncino, il mio interesse per l’arte è trasversale».
Lei è nota come l’artista che ha dipinto il marrobbio, un fenomeno naturale che si verifica a Mazara e in poche altre località del mondo. Ce lo descrive?
«Il marrobbio è un evento che avviene in situazioni climatiche particolari e fa innalzare il livello del mare, anche di un metro e mezzo. Si verifica solo in un fiume del Giappone, in Svezia, sul fiume Mazàro di Mazara del Vallo, a Lampedusa. La descrizione artistica del marrobbio sulla ceramica è stata semplificata proprio dalla materia usata, c’è un vicolo intitolato al marrobbio dove il turista può vedere rappresentato questo spettacolare e pauroso fenomeno».
Cosa significa il termine marrobbio?
«E’ un termine arabo di cui sconosco il significato, so che gli Arabi pensavano che il fiume fosse indemoniato o posseduto, perché l’acqua del mare entra nella parte centrale del fiume e fuoriesce contemporaneamente dai lati, provocando danni e sommergendo imbarcazioni. Anche l’umore degli abitanti cambia con l’arrivo del marrobio, che accade in autunno o in primavera, anticipato da un repentino oscuramento del cielo e dalla forte oscillazione delle barche. E’ un evento che inquieta ma i lupi di mare, i vecchi marinai, conoscono il fenomeno e sanno che non dura a lungo».
Com’è nata l’idea di chiamare un vicolo con questo nome?
«L’idea è nata grazie all’idea del sindaco Nicolò Cristaldi di dare un nome alle stradine e ai vicoli del centro storico, abbellite con le ceramiche, nome che fosse inerente alle immagini ed ai disegni rappresentati. Questa che stiamo percorrendo è proprio quella dove ci sono le ceramiche dove ho raffigurato il marrobbio».
E’ soddisfatta del suo lavoro in questo vicolo?
«Certo che sono soddisfatta, per me dipingere è come una liberazione. Anche se il mio concetto di pittura è legato all’intimità».
Come interpreta l’intimità nella pittura?
«Per me dipingere significa essere in sintonia con me stessa, fare emergere la mia parte più profonda».
La Sicilia e Mazara del Vallo, secondo lei, sono luoghi che favoriscono l’arte?
«La città di Mazara è un piccolo gioiello, sia dal punto di vista geografico che storico. Purtroppo si respira ancora molta superficialità, credo che attraverso l’arte e il disegno si possono sensibilizzare le coscienze».
Qual’è il suo sogno?
«Mi piacerebbe che la città mi riconoscesse e si ricordasse di me come un’artista».