Teatro e opera L'1 luglio l'attore romano legge il racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa al Teatro greco di Siracusa
Luca Zingaretti per la prima volta davanti al pubblico del Teatro Greco di Siracusa con uno dei capolavori di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Dopo lo straordinario debutto di Lisistrata di Aristofane, lo spettacolo diretto da Tullio Solenghi con Elisabetta Pozzi nel ruolo dell’eroina dell’emancipazione femminile, la Stagione 2019 della Fondazione Inda vivrà un altro grandissimo momento di teatro ed emozione.
Luca Zingaretti legge La Sirena, dal racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, conosciuto anche come Lighea dal nome della sirena, è lo spettacolo che sarà messo in scena lunedì 1 luglio, alle 21, al Teatro Greco di Siracusa con le musiche di Germano Mazzocchetti eseguite dal vivo da Fabio Ceccarelli (la produzione è Zocotoco srl). L’attore romano, straordinario interprete in tv del commissario Montalbano nato dalla mente geniale di Andrea Camilleri, è autore della drammaturgia e regista di un immaginario viaggio, geografico e temporale tra il Nord e il Sud dal quale emerge un mondo costruito sulla passione e l’estasi.
Davanti al pubblico del Teatro Greco di Siracusa
Luca Zingaretti dipingerà con la sua voce ineguagliabile una creatura mitologica conosciuta ai più grazie all’Odissea di Omero e all’episodio che vede Ulisse resistere al canto seduttivo di queste creature con il corpo metà di donna e metà di pesce.
La Sirena di Tomasi di Lampedusa è un racconto pubblicato postumo nel 1961: nel tardo pomeriggio del 1938 due uomini si incontrano a Torino: uno è Paolo Corbèra, nato a Palermo, giovane laureato in Giurisprudenza, redattore del quotidiano La Stampa, l’altro è Rosario La Ciura nato ad Aci Castello, settantacinque anni che, oltre ad essere senatore, è il più illustre ellenista del tempo, autore di una stimata opera di alta erudizione e di viva poesia.
Questo piccolo gioiello scritto dall’autore del Gattopardo, come sottolinea lo stesso Luca Zingaretti
“è una fiaba per adulti” dove trova spazio, in un percorso tra la carnalità del presente e la spiritualità dell’Antichità, la ricchezza della poesia della terra siciliana su cui sembra palpitare quella melensa e liquorosa stasi del vivere che connota gran parte dei paesaggi e degli uomini. Dalle pagine di un racconto ambientato in una fredda Torino emerge così con vigore la calda Sicilia: l’odore della salsedine, il sapore dei ricci di mare, il profumo di rosmarino sui Nèbrodi, il gusto del miele di Melilli, le raffiche di profumo degli agrumeti, «l’incanto di Castellammare, quando le stelle si specchiano nel mare che dorme e lo spirito di chi è coricato riverso fra i lentischi si perde nel vortice del cielo mentre il corpo, teso e all’erta, teme l’avvicinarsi dei demoni».