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Marionette, che passione!

Teatro e opera Dal 6 al 18 luglio a Catania lo spettacolo di Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi da Pier Maria Rosso di San Secondo

“Marionette, che passione!”: un titolo che suona già come un invito. Parliamo del capolavoro teatrale di Pier Maria Rosso di San Secondo, che nel 1918 ragionava qui di amore tradito in chiave tragicomica, grottesca, quasi surreale. Il suo ingegno avrebbe meritato più fortuna, ma non è mai troppo tardi per riscoprire il grande talento del drammaturgo e giornalista nisseno. Che invece – pur sostenuto all’epoca da Pirandello, ma offuscato proprio dalla stella del Girgentano – rimane un autore che attende ancora oggi di essere rivalutato. Lo fa il Teatro Stabile di Catania proprio con una nuova produzione delle “Marionette”, puntando sull’originale rilettura a firma della premiata “ditta” Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, in coppia sulla scena e nella vita. Di Reggio Calabria lui, di Messina lei, determinati ad unire Scilla e Cariddi, rappresentano un unicum nell’attuale agone teatrale, nel quale si sono segnalati per “l’alto spessore di pensiero” unito alla cifra ironica della loro “personalità tracimante”, come è stato scritto dalla critica più autorevole.

Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi

Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi

Lo spettacolo costituisce il secondo dei tre titoli che compongono la rassegna “Estate a Castello Ursino”, realizzata dallo Stabile in collaborazione con il Comune di Catania, allo scopo di promuovere la drammaturgia siciliana, a partire dal Secolo Breve ai giorni nostri. «La rassegna – sottolinea il direttore del TSC Laura Sicignano – s’inserisce in un più ampio progetto pluriennale del Teatro, volto a sostenere autori viventi o autori siciliani moderni e poco frequentati, attraverso la produzione delle loro opere. Gli artisti coinvolti sono ad alta percentuale siciliana: soprattutto giovani e con esperienze di livello nazionale, nell’auspicio di riportare in patria, almeno per un po’, “cervelli fuggiti”, per contaminare la tradizione con influssi contemporanei e vivaci. Per un teatro d’arte siciliano e innovativo: che significa anche ironico, creativo, sorprendente».

“Marionette, che passione!” sarà in scena nella splendida Corte medievale del maniero federiciano dal 6 al 18 luglio, tutte le sere, escluso il lunedì, alle ore 21,15. Come si è anticipato, l’allestimento è affidato per la regia all’affiatatissimo tandem Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, che saranno anche tra gli interpreti della pièce. Accanto a loro, da segnalare la presenza dell’attrice catanese Manuela Ventura, da diverse stagioni protagonista di spettacoli teatrali e fiction di successo, che rientra dopo anni nella compagine del TSC, e Alessandra Fazzino, danzatrice, attrice e coreografa siciliana, che ha collaborato con Emma Dante e Marco Baliani e al cinema con Emanuele Crialese. Completano il cast gli emergenti Gianluca Cesale e Ciccio Natoli; scene e costumi sono di Cinzia Muscolino, regista collaboratore Roberto Bonaventura.

Una nuova sfida per Carullo e Minasi, costituitisi in Compagnia già dal 2009 e protagonisti di un “teatro miniaturizzato” che, dietro la dimensione del gioco-giocattolo, rivela un saldo impianto filosofico, in grado di trascorrere dai dialoghi platonici alle “Operette morali” di Leopardi a Kantor e via dicendo. Un percorso arricchito da uno straordinario palmares: Premio Scenario per Ustica 2011, Premio In Box 2012, Premio Internazionale Teresa Pomodoro 2013, Vittoria ai Teatri del Sacro 2013 e 2015, Premio di Produzione E45 Napoli Fringe Festival 2013, Premio di produzione “Forever Young 2015/2016” de La Corte Ospitale, Premio ANCT 2017 – Associazione Nazionale Critici di Teatro.

«Si è voluto esaltare – si legge nelle note di regia vergate sempre in duo per “Marionette che passione!”– il dissidio tra i tratti comici e gli accenti disperati che convivono nella drammaturgia di Rosso di San Secondo, in modo da dare libero accesso ad ambienti surreali. Viene così creata una sospensione temporale, un non precisato spazio abitato da goffe e stanche maschere, incapaci di costruire ragionevoli relazioni con l’altro, ma soprattutto con il proprio tormento. La scelta registica ha seguito le atmosfere del “varietà”. Infatti, lo spettacolo nel suo sviluppo appare come un foglio che, dispiegandosi, lascia fuggire animelle impazzite, in un gioco che fa sporgere attori e personaggi sull’imprevedibile, sulla possibilità, sulla speranza.»

La Compagnia Carullo-Minasi intende in tal modo approfondire il tema dell’apparire nel meraviglioso testo Marionette, che passione. In piena sintonia con la propria poetica, che segue la linea interpretativa della costruzione della forma e del suo disfacimento, hanno individuato il centro focale dell’analisi nella materia del teatro, o meglio nella capacità di quest’arte di avviare ad un percorso di riconoscimento di sé. «Alla storia narrata da Rosso di San Secondo – spiegano – abbiamo sovrapposto il dichiarato gioco di sei attori che, attraverso il proprio agire scenico, evidenziano la disperazione del dovere o volere “stare sulla scena. Tre donne e tre uomini interpretano anche più personaggi la cui caratteristica comune è di non avere un nome ma un buffo costume o attrezzo che spicca in modo prominente sulla scena, immediatamente dichiarando al pubblico d’essere ancorati a quell’unico crudele elemento che ne racconta l’intero destino. L’attore viene insomma condizionato e manipolato dall’elemento scenico che lo rappresenta, fino a fare tutt’uno con esso, anzi fino a trasformarsi nella marionetta che per lui costituisce, appunto, l’unica passione che ancora lo tiene in vita e che, contemporaneamente, lo rende vittima di se stesso. L’obiettivo è stato quello di costruire un quadro univoco dove attori, oggetti e testo stessero sullo stesso piano, tramutandosi in un corpo unico al servizio dei temi portanti dell’opera: la ricerca costante di un’identità e dell’amore.»

Con l’ironia e il sarcasmo che da sempre caratterizzano la poetica degli spettacoli della Compagnia Carullo-Minasi: «Quella di Marionette, che passione! è una messa in scena tragicomica, un gioco triste come il gioco antico del teatro che tutto tiene e tutto fa fuggire via, nella fatua apparizione destinata a morire nell’attimo in cui appare.»

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