Blog Il neocampione di Formula 1 a 31 lascia perché felice della vittoria da sempre inseguita. Io, però, non credo che una volta provata, della felicità si possa fare a meno. Proprio perché siamo uomini.
A trentun anni, lui vince e lascia. Non è Pinco Palla, ma Nico Rosberg, neo campione del mondo di Formula 1, che sgancia dalla sua vita col titolo lucido di fabbrica. Perché? Perché vincere il mondiale – ha detto – è una cosa straordinaria, ma il giorno più bello della mia vita è stato quando è nata mia figlia: mi dedico alla mia famiglia.
Un uomo. Un scelta che riempie. Ma fa pensare a due cose. Uno, che quel tizio che studiava cervelli e portava un nome strano, non aveva torto: datemi i primi sette anni di vita di una persona, il resto non m’interessa. Nico Rosberg aveva la fissa: “E’ da quando avevo sei anni che inseguo il sogno di diventare il campione del mondo di Formula 1, una cosa che ho sempre avuto chiara in mente”. Due, che i sogni vanno perseguiti con passione, forza e metodo e che prima o poi, quel numero che abbiamo chiamato, esce.
Ed è proprio per questo che io non ci credo. Non ci credo che l’uomo non ritornerà sul suo sogno, nel suo ruolo felice. Perché è di questo che si tratta nella nostra vita: di ruoli e di felicità. Non basta esserci stati, nella propria felicità. E non basterà diventare bravi e buoni.
La lotta per la conquista, l’adrenalina della gara, la concentrazione che sublima all’alienazione di sé sono impronte che rimangono nelle memoria delle cellule e che portano alle repliche. Sono emozioni forti che scatenano pienezza di vita e che noi chiamiamo felicità. Non ho mai creduto che una volta provata, della felicità si possa fare a meno. Proprio perché siamo uomini.

Nico Rosberg