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Scoperto un paesaggio siciliano in un affresco di Ferentillo, “Le Vergini martiri” di Jacopo Siculo

Un affresco del Cinquecento che riproduce un paesaggio siciliano e cinque sante care all'isola in piena Umbria. L'opera, che si trova nella chiesa di

Un affresco del Cinquecento che riproduce un paesaggio siciliano e cinque sante care all’isola in piena Umbria. L’opera, che si trova nella chiesa di Santa Maria di Ferentillo, è del commiato di Jacopo Siculo da Giuliana, grande pittore del Rinascimento isolano.

Il paesaggio, in un dettaglio dell'affresco le Vergini Martiri

Il paesaggio, in un dettaglio dell’affresco le Vergini Martiri

Il paesaggio dell’affresco, studiato dallo storico dell’arte Luca Tomio, è un omaggio a una terra in cui l’autore mancava da decenni, ma non per questo dimenticata. E infatti, a fare da fondale all’affresco “Le Vergini martiri” c’è un paesaggio che non ha nulla a che fare con quello umbro e molto invece con quello siciliano, con i suoi castelli arroccati, un torrente, un ponte romanico, i faraglioni e il mare in un golfo.
Anche le Vergini rappresentate sono molto legate alla Sicilia: si tratta di Santa Lucia, Sant’Agata, Santa Caterina, Santa Barbara e Sant’Apollonia.
«Siamo davanti alla più bella rappresentazione simbolica della Sicilia rinascimentale – dice Luca Tomio – . Una vera e propria dichiarazione d’amore, quella di Jacopo Siculo, ma anche una straordinaria istantanea dell’isola attraverso i suoi inconfondibili paesaggi. Si vede chiaramente in primo piano un ponte romanico sopra un torrente, simile al ponte di San Brancato sopra il torrente Mandarini; i castelli ai lati, non di tipo umbro, sembrano quelli chiaramontani e di Mussomeli. In secondo piano una marina con i faraglioni e il mare racchiuso in un golfo che sembrerebbe proprio il golfo di Palermo, con la città che si scorge nella foschia. Questo paesaggio idealizzato dal pittore è la summa dei suoi ricordi giovanili della terra natia. Insomma una dedica alla sua Sicilia, lasciata in giovane età per seguire il suo lavoro a Roma e in Umbria, prima della sua morte che avverrà pochi mesi dopo».

L'affresco nella chiesa di Santa Maria di Ferentillo, di Jacopo Siculo da Giuliana

L’affresco nella chiesa di Santa Maria di Ferentillo, di Jacopo Siculo da Giuliana

La nuova scoperta, che segue a ruota quella della raffigurazione della cascata delle Marmore, a San Pietro in Valle, ancora a Ferentillo, è stata effettuata nell’ambito del progetto del comune umbro di ricerca, valorizzazione e promozione dei beni culturali del territorio ferentillese, che vede il coinvolgimento di Tomio e dell’archeologo Sebastiano Torlini, che da anni lavora per la valorizzazione della cittadina.
«Ancora di più oggi, dopo le vicende legate al terremoto e la distruzione di moltissimi capolavori, è necessario puntare al rilancio del turismo culturale – dice Torlini – e mi sembra che le premesse ci siano tutte”.
Di grande importanza anche la chiesa di Santa Maria, che contiene gli affreschi di Jacopo Siculo, ristrutturata nel XVI secolo ad opera della potente famiglia Cybo, imparentata con i Medici. Una struttura in cui si trovano moltissimi simboli esoterici e massonici riconducibili al mistero dei cavalieri Templari. Secondo lo storico locale Giovanni Tomassini, nell’affresco delle Vergini martiri la potente famiglia di origine genovese chiese espressamente a Siculo proprio di rappresentare gli appellativi dei Templari: la divinità di Dio, la gloria degli angeli, l’onore di Santa Lucia, la potenza di Sant’Agata, la sapienza di Santa Caterina, la bellezza di Santa Barbara e la Forza di Sant’Apollonia.
Al di là di simboli e di ipotesi, resta comunque il commiato di un pittore siciliano alla sua terra, un abbraccio di addio tradotto in un affresco che lega indissolubilmente Umbria e Sicilia.

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