Blog Un locale storico di Catania, dove parecchie generazioni hanno bevuto e ascoltato ottima musica dal vivo, chiude. Non ci andavo da anni, eppure ne ricordo l'odore, le luci e il legno inciso dei tavoli, insieme ai volti di chi ha mangiato con me. Forse a mancarmi è il tempo dilatato dei sabato sera, quella sensazione di eterno che le abitudini e le amicizie portavano con sé
Questo non sarà un Natale come gli altri. Scrivo mentre viaggio su un bus Sita Sud scomodo ma assai desiderabile quando avete vagato per la valle del Sinni supplicando Siri di condurvi alla stazione di servizio da dove partono i collegamenti Basilicata-cosiddetta civiltà .Fa freddo e nei negozi della Val d’Agri potreste imbattervi in una vetrina Sasch e legittimamente aspettarvi da un momento all’altro che spunti Walter Nudo che registra una puntata di Colpo di fulmine. Tramonta sui calanchi e sui rami a lisca: è l’ultima delle mie visite in Lucania per questo 2016.
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Era l’inizio di un post, scritto in viaggio e rimasto salvato su una nota del mio telefono. Lo riprendo oggi dopo mesi di colpevole silenzio. Lo so, è passato tanto tempo. E no, non ho scuse valide per giustificare la mia latitanza: potrei dirvi che durante la mia assenza ho fatto qualcosa di buono per l’umanità. Ma non è vero. O che ho avuto mille impegni, ho lavorato, viaggiato. Ma lo facciamo tutti: la verità è che ho trascorso questi mesi lasciando che le giornate si risolvessero da sé, aspettando forse qualcosa, non lo saprei dire bene neanche io. Mi sono fatta fagocitare dalla quotidianità, dal traffico e dai semafori, dalle caselline dei turni, dagli incastri e dalle coincidenze.
Nel frattempo ho scoperto le serie TV, la palestra e che Momó è affetto da un disturbo ossessivo compulsivo che lo rende isterico quando posiziono un oggetto nuovo in un posto vecchio o un oggetto vecchio in un posto nuovo: il risultato non cambia, l’oggetto, vecchio o nuovo che sia, verrà comunque disintegrato. Ho sperimentato le feste natalizie lontano da casa, e che le feste le fanno le persone e non le case, che a volte la vita è ingiusta e non puoi davvero farci niente, e che ci sono cose che non fai anche se vorresti a causa del confine sbiadito tra etica e opportunità.
In questi ultimi giorni ho letto della chiusura a Catania di un locale storico, dove parecchie generazioni hanno bevuto e ascoltato ottima musica dal vivo, e del cambio di nome, insegna e gestione di un bar sul lungomare: dall’evocazione della città dell’amore alla rievocazione del nome d’arte della moglie di Beckham quando a cavallo tra anni 90 e 2mila si dimenava cantando Wannabe.
Nonostante non mettessi piede da anni né nell’uno né nell’altro posto, e nonostante la mia vita sia altrove, non nascondo un po’ di amarezza. Ci ho pensato una volta, scorrendo la home di Facebook. Poi un’altra volta, imbattendomi nuovamente nella notizia. Quindi mi sono chiesta perché questa cosa mi colpisse tanto, evidentemente toccava qualcosa dentro di me e volevo capire meglio. Ho pensato al senso di sicurezza che mi trasmette la paninoteca sopra casa mia, a Giarre. Esiste dagli anni ’80: ho mangiato panini dappertutto ma se capita garantisco a chiunque che quello preparato lì, a 30 metri da casa mia, è il panino più buono in assoluto. Che senso di smarrimento se quel pub chiudesse, anche se non ci vado mai, e nemmeno so se i panini sono ancora così buoni come me li ricordo io. Peró di quel pub ricordo l’odore, le luci e il legno inciso dei tavoli, insieme ai volti di chi ha mangiato con me. Molti di quei volti me li porto ancora dietro, con loro ho tracciato tappe di pellegrinaggi per l’italia, dovunque la vita ci abbia portato.
Forse non rimpiangiamo gli sgabelli di un pub, e nemmeno una veranda, anche se affaccia sul mare. A mancarci è il tempo dilatato dei sabato sera, l’indomita energia che dopo la pizza ci faceva ballare e poi stare ancora in giro, fino alla colazione delle 4. Quella sensazione di eterno che le abitudini e le amicizie portavano con sé, la gravida speranza delle possibilità, la favolosa indeterminatezza delle diramazioni che partivano da quel crocevia di giovani vite da decidere.
Qualche giorno fa attorno a un tavolo si sono riuniti alcuni dei puzzle della mia vita. Qualche settimana fa, in due occasioni, parti della mia famiglia capitolina hanno rivissuto momenti insieme, in una città che non era Roma. Anche se quasi sempre in ogni luogo mi manca qualcosa, c’è un filo invisibile che mi lega alle persone che amo, fatto non di posti ma di esperienze.
Per questo so che ci sarà sempre un altro pub, ci sarà sempre un altro bar.