Fotografia Scomparso a 87 anni il fotografo ragusano che attraverso i paesaggi e i costumi della Sicilia dagli Anni 50 ad oggi, ha testimoniato per immagini un pezzo della storia dell'Isola. Proprio ieri sera era stata inaugurata a palazzo Zacco, sede del museo di Ragusa, una sua mostra con 30 foto sul mondo contadino. Il sindaco di Ragusa Peppe Cassì ha annunciato il lutto cittadino
E’ morto a 87 anni Giuseppe Leone, fotografo ragusano che attraverso i paesaggi e i costumi della Sicilia dagli Anni 50 ad oggi, ha testimoniato per immagini un pezzo della storia dell’Isola. Proprio ieri sera era stata inaugurata a palazzo Zacco, sede del museo di Ragusa, una sua mostra con 30 foto sul mondo contadino, evento a cui non aveva preso parte per l’aggravarsi della sue condizioni di salute. Il sindaco di Ragusa Peppe Cassì ha annunciato il lutto cittadino.
Nella sua lunga carriera Leone ha pubblicato oltre 60 volumi con vari editori come Sellerio, ERI, Electa, Bompiani, e realizzato mostre sia in Italia che all’estero. Leone è stato il fotografo del bianco e nero perché «il bianco e nero – sosteneva – è l’interpretazione della natura e delle sue trasformazioni, il colpo d’occhio che scarica da ogni orpello un’immagine per dare senso a quello che è l’essenza di ciò che vedi». Oltre il bianco/nero, i suoi scatti in cibachrome di contesti costieri ricordano i colori pittore sciclitano Piero Guccione, frande suo amico, e quelli che immortalano la vita quotidiana ricordano la poetica di Renato Guttuso.
Figlio dell’organista della cattedrale di Ragusa, ad appena sei anni Leone cominciò a seguire il padre quando si celebravano i matrimoni. Nella grande chiesa barocca restò affascinato da quegli spettacoli straordinari. Il padre avrebbe voluto che anche lui facesse l’organista, ma il futuro fotografo invece avrebbe voluto fare il pittore. Quando vide all’opera il fotografo Antoci durante una cerimonia nuziale, gli chiese se può andare da lui a bottega. Cominciò così la sua e straordinaria carriera. A 14 anni entrò per la prima volta in una camera oscura. Era il 1952, e scattò una delle sue fotografie più famose: il treno con la locomotiva a vapore che transita sul ponte sul torrente San Leonardo con Ragusa Ibla sullo sfondo. A 21 anni, acquistata la prima macchina fotografica a soffietto, aprì il suo studio dedicato soprattutto alla foto dei matrimoni, ma, al tempo stesso, continuò un lavoro personale di testimonianza, di scavo, di indagine, al limite della vivisezione, del paesaggio siciliano che da allora non si è più interrotto.
L’esperienza di fotografo di matrimoni sviluppò in lui una capacità di scavo antropologico che lo ha guidato anche in una ricerca di costume che fa della sua opera un unicum nel panorama dei grandi fotografi italiani a cavallo tra Novecento e XXI secolo. Dall’inizio degli anni Settanta in poi, le sue fotografie si accompagnano ai testi dei più importanti intellettuali e scrittori siciliani.
L’incontro all’inizio degli Anni Settanta con l’antropologo Antonino Uccello, che aveva appena inaugurato la sua Casa-Museo a Palazzolo Acreide, lo spinse con maggiore decisione verso la fotografia antropologica, quella che indaga costumi, ma anche il duro lavoro, le condizioni sociali della Sicilia interna. Amava definire le sue immagini “neorealiste” perché legate al mondo operaio, contadino, alle miniere d’asfalto del ragusano ma la sua fotografia è andata oltre la poetica neorealista per avvolgere con una intensa pietas i soggetti, soprattutto quando rappresentano il mondo che viene soppiantato dall’incedere della modernità. In più di settant’anni di attività Leone ha testimoniato una transizione a volte lenta, a volte improvvisa del paesaggio agrario siciliano verso un nuovo assetto in cui sembra perdersi il filo che per millenni aveva legato gli uomini alla terra. Analogamente ha testimoniato la grandezza della civiltà urbana siciliana e delle architetture, dalle più imponenti alle più umili determinando, tra l’altro, la scoperta del liberty minore del ragusano e dell’architettura rurale degli Iblei.
Amico personale di Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo e Gesualdo Bufalino, è stato l’unico non scrittore sempre invitato nella casa di campagna dello scrittore di Racalmuto quando si tenevano gli incontri tra i tre intellettuali testimoniati con alcuni dei suoi scatti più famosi pubblicati in tutto il mondo. Sciascia lo conobbe nel 1977 a Palermo nella sede dell’editore Sellerio grazie alla presentazione di Enzo Sellerio, fotografo affermato anch’egli. E fu proprio Sciascia a introdurre Leone nella editoria che conta: nel 1983 pubblicò per Electa “La contea di Modica” con testo di Sciascia e “Piazza Armerina medievale” con testo di Ignazio Nigrelli. Al contrario di tanti altri grandi fotografici siciliani suoi contemporanei, non volle mai lasciare la sua Ragusa. Per questa sua ostinazione a rimanere in Sicilia è stato indicato come un “siciliano di scoglio”
Lutto cittadino a Ragusa durante i funerali di Giuseppe Leone
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