A Catania “Drill, Baby, One More”, il dramma delle perforazioni selvagge chiude la residenza artistica Ècdisi
Nel linguaggio scientifico ècdisi è la muta a cui molte specie animali vanno incontro in certe fasi della loro esistenza. Nel senso di trasformazione di materiali vari in progetti di ricerca che poi diventano idee performative e drammaturgiche inedite, Zō Centro Culture Contemporanee di Catania ha chiamato Ècdisi i progetti di residenza artistica finanziati dalla Regione Siciliana e dal Ministero della Cultura indirizzati ad artisti siciliani under 35 finalizzati a valorizzare il patrimonio materiale e immateriale dell’Isola attraverso i linguaggi contemporanei e multidisciplinari dello spettacolo dal vivo.
Nell’ambito del bando regionale Residenze per artisti nei territori triennio 2022-2024, il 5 dicembre, alle 20, trova il suo compimento il progetto 2024, con la messa in scena di “Drill Baby One More”, il lavoro realizzato dal team di artisti composto dall’autrice e regista Bruna Bonanno, dagli attori Angelo D’Agosta e Martina Consolo, dal musicista Alexander Toscano e dai video-maker Maria Vittoria Magagna e Andrea Cavallaro. Dallo scorso gennaio si è svolta l’attività di ricerca attraverso linguaggi e narrazioni audiovisive ibridi sul mondo delle zolfare e degli zolfatari (il centro culturale catanese nasce su un vecchio impianto di raffineria di zolfo) che già era iniziata nel 2023. Ecco perché, prima della messinscena, sarà proiettato un video introduttivo, di tipo didattico, per capire il contesto legato allo zolfo. E alla fine della presentazione sarà possibile interagire con gli artisti per condividere il processo creativo. L’ingresso è libero. Pamela Toscano, project manager e tutor per Zō di Ècdisi: «Rispetto al lavoro svolto per la residenza dello scorso anno, quest’anno gli artisti hanno rimesso in discussione tutto il processo scrivendo un testo nuovo, che non a caso ha un altro titolo».
Dopo varie tappe di approfondimento che si sono succedute in questo anno – con le attrici Marta Cuscunà e Licia Lanera, con gli artisti del progetto europeo “Boarding pass” di cui Zo è capofila, col Festival di percussioni Rebound, con i musicisti Massimiliano Pace e Serena Chillemi sulle musiche di scena, con il regista e drammaturgo Giovanni Greco, con l’attore, regista e autore Antonio Rezza, con la geologa Rosalda Punturo, con la fotografa Emanuela Minaldi che sta mettendo su una mostra sul recupero urbanistico della zona industriale del Polo delle Ciminiere a Catania, e con la professoressa Marina Castiglione dell’Università di Palermo, esperta di storia dello zolfo in Sicilia – il percorso di Ècdisi 2024 ha lavorato sullo script di “Drill Baby One More” che parte dai quesiti: cosa significa parlare oggi dello zolfo? cosa significa continuare a estrarre zolfo e trasformare il sottosuolo? come viene manipolato per renderlo un bene per la terra? cosa possiamo fare per abitare un mondo diverso?
«Quello a cui assisteremo è l’esito della residenza e non uno spettacolo – ci tiene a precisare Pamela Toscano –, quello che conta è il lavoro di studio e ricerca. Gli artisti residenti hanno sviluppato l’aspetto legato allo sfruttamento delle risorse, che poi si lega alla commercializzazione, al consumismo e al capitalismo. Quindi hanno scritto un testo che di fatto è molto politico».
È evidente già dal titolo, “Drill, Baby, One More” parte dal dato di cronaca delle perforazioni incontrollate del sottosuolo alla ricerca di fonti energetiche. Quasi come in un cartoon vivente, dei pupazzetti prendono vita a partire dalla carta passando dal bidimensionale al tridimensionale. Gli attori in scena animano e parlano direttamente con una telecamera che inquadra questo gioco di movimento dei pupazzetti, quindi di fatto con un doppio livello drammaturgico. Perché da una parte ci sono loro, gli attori, i quali con le loro voci contemporaneamente danno voce ai pupazzetti che creano.
Toscano: «Da sempre lo zolfo ha avuto una storia alchemica molto forte, legata alla figura del demonio, delle carte, dei tarocchi, del fuoco di Efesto. Si riparte anche quest’anno dall’idea mitologica di un alchimista che riprende quest’idea dello zolfo come elemento alchemico. In questa nuova versione l’alchemista è una donna, per cui entra in gioco anche un discorso sul femminismo. Abbastanza rapidamente, ahimè, questa figura viene fagocitata dall’esigenza del mercato e della produttività globale, un bisogno sempre maggiore di risorse a qualunque costo, senza nessuno scrupolo, né morale né etico. Con la diffusione della polvere da sparo, facendo guadagnare a chi la produceva una fortuna, veniva applicata la supremazia di un popolo sull’altro. E da questo alla bomba atomica il passo può essere anche breve. In questi ragazzi, manco trentenni, vince una negazione della possibilità che esista un futuro. Il testo è una narrazione in cui i personaggi – maschili e femminili – di volta in volta vengono divisi equamente fra i due attori. E questa figura femminile di alchimista viene in qualche modo fagocitata da un certo tipo di immagine che non si sa più se è maschile, femminile, ma in un senso distruttivo però».
Lo scopo di una residenza artistica è quello di fornire agli artisti un luogo con attrezzature, staff tecnico e tutoring di alto livello che gli permetta di sviluppare il loro lavoro fuori dalle logiche ristrette di una produzione teatrale legata spesso a logiche di mercato. Toscano: «Mentre al nord ed al centro Italia questo è un lavoro culturale che va avanti da anni, da noi al Sud siamo un po’ agli inizi. Proprio in questi giorni, dal 10 al 12 dicembre, sarò a Matera perché sta nascendo la rete delle residenze artistiche del sud Italia». La stanzialità è al centro di una residenza, e in Sicilia c’è un obbligo di almeno 15 giorni di attività: «Noi da Zo – prosegue Toscano – ne abbiamo effettuati 25 divisi in più mesi, un percorso lungo che dà la possibilità agli artisti di avere un tempo più lungo di riflessione, ricerca, studio, approfondimento, contatto con altri artisti del territorio, con un occhio attento più alla qualità, che alla quantità. Un percorso fondamentale perché i nostri giovani artisti, spesso troppo autoreferenziali, non sono abituati alla ricerca delle fonti e ad approfondire le tematiche. Con Zo vogliamo lavorare su quest’aspetto. Secondo scopo delle residenze è poi quello della circuitazione degli artisti e della costruzione di contatti nuovi con altri centri di residenza o enti teatrali di varie altre regioni, che poi, magari, possono decidere di mettere in produzione il lavoro svolto».
Zō Centro culture contemporanee: piazzale Rocco Chinnici 6, Catania.
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