A Palermo “invisibili”, la scena multidisciplinare di Aurélien Bory apre la stagione del Biondo
Venerdì 20 ottobre, alle ore 21, debutterà in prima mondiale al Teatro Biondo di Palermo lo spettacolo “invisibili” di Aurélien Bory, una produzione del Biondo e della Compagnie 111 – Aurélien Bory, in coproduzione con Théâtre de la Ville-Paris, Théâtre de la Cité – Centre dramatique national Toulouse Occitanie, La Coursive scène nationale de La Rochelle, Agora Pôle national des Arts du cirque de Boulazac, Le Parvis scène nationale Tarbes Pyrénées, Les Théâtres de la Ville du Luxembourg, La Maison de la Danse de Lyon, Fondazione TPE – Teatro Piemonte Europa. Repliche a Palermo fino al 29 ottobre; dal 5 gennaio in tournée a Parigi, La Rochelle, Lione, Boulazac Isle Manoire, Ibos, Torino. Il progetto, le scene e la regia di invisibili sono di Aurélien Bory. In scena le danzatrici Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi, Valeria Zampardi e i musicisti Gianni Gebbia e Chris Obehi. Le musiche sono di Gianni Gebbia e Joan Cambon, le luci di Arno Veyrat.
Aurélien Bory, coreografo e regista francese di fama internazionale, da sempre affascinato dalle contaminazioni linguistiche e culturali, realizza uno spettacolo che nasce dalla sua “infatuazione” per la città di Palermo. “invisibili” è il risultato di diversi sopralluoghi del regista in città, di incontri con cittadini e artisti, di riflessioni sull’arte, la storia, le bellezze e le contraddizioni di Palermo. Si tratta di uno spettacolo multidisciplinare di teatro, musica e danza, che a partire dal Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis e da altre suggestioni legate alla città di Palermo, sviluppa un percorso poetico sulla funzione dell’arte, ma anche uno scavo sull’attualità, sulle relazioni, l’identità e la complessità del contemporaneo.
«A Palermo – spiega Bory – l’invisibile risiede nelle tracce sui muri, nelle strade, ma anche nei canti e nei gesti tradizionali degli artisti che incontro. La storia di Palermo è attraversata da importanti sconvolgimenti, cambiamenti di paradigma provocati a più riprese da molteplici capovolgimenti, le cui tracce hanno finito per confondersi. Nel cuore del Mediterraneo, tra l’Africa e l’Europa, Palermo è un crocevia di miti antichi e racconti moderni. Ho intravisto allora la possibilità di uno spettacolo che possa svelare questi spazi invisibili. Ho immaginato un fondale che riproduce il Trionfo della morte nelle sue dimensioni reali, sei metri per sei. L’affresco rappresenta la peste bubbonica, flagello della storia che ha duramente colpito la città di Palermo. Ma l’opera non tratta solo della morte, raffigurata al centro come un impressionante scheletro dalla risata sardonica, in groppa al suo cavallo emaciato, mentre è intenta a scoccare le sue frecce a piacimento e quasi per caso. Si tratta piuttosto della sua rappresentazione. Il pittore ci ricorda che l’arte non esisterebbe senza la consapevolezza della morte e che ricorriamo alle rappresentazioni per parlare di ciò che rimarrà per sempre a noi sconosciuto.
Naturalmente ho immaginato l’affresco nel contesto attuale, che esprime i flagelli della nostra epoca: le morti dei migranti, la guerra, le catastrofi naturali. Sulla tela sono rappresentati artisti, musicisti, danzatrici… Sono esattamente gli artisti che ho incontrato per primi a Palermo. Innanzitutto Gianni Gebbia, sassofonista di fama internazionale, che ha lavorato con grandi artisti. Poi Chris Obehi, cantante nigeriano che ha iniziato la sua nuova vita a Palermo arricchendo il suo repertorio con canzoni in lingua siciliana. E infine le danzatrici, che ho voluto vedere come le figlie di Pina Bausch: Valeria Zampardi, Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi. Con loro l’affresco al centro della scena si anima e, attraverso la loro danza, assume un’altra dimensione. Per gli artisti l’immagine costituisce uno spartito drammaturgico vertiginoso, un insieme di scene invisibili che si offrono alla recitazione, a condizione che le si guardi ancora una volta, prima che l’affresco si sgretoli definitivamente e scompaia per sempre».
invisibili progetto, scenografia e regia Aurélien Bory, collaborazione artistica e costumi Manuela Agnesini, collaborazione tecnica e artistica Stéphane Chipeaux-Dardé con Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi, Valeria Zampardi, Chris Obehi e Gianni Gebbia, musiche di Gianni Gebbia e Joan Cambon. Luci Arno Veyrat, scene realizzate da Pierre Dequivre, Stéphane Chipeaux-Dardé, Thomas Dupeyron, direzione tecnica Thomas Dupeyron, direttori di scena Mickaël Godbille, Thomas Dupeyron, direttore del suono Stéphane Ley, direttori delle luci Arno Veyrat, François Dareys.
Una produzione Teatro Biondo Palermo e Compagnie 111 – Aurélien Bory, in coproduzione con Théâtre de la Ville-Paris / Théâtre de la Cité – Centre dramatique national Toulouse Occitanie / La Coursive scène nationale de La Rochelle / Agora Pôle national des Arts du cirque de Boulazac / Le Parvis scène nationale Tarbes Pyrénées / Les Théâtres de la Ville du Luxembourg / La Maison de la Danse – Lyon / Fondazione TPE – Teatro Piemonte Europa.
Dopo le rappresentazioni al Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo nel 2024 va in tournée: dal 5 al 20 gennaio al Théâtre de la Ville – Les Abbesses di Parigi; il 30 e 31 gennaio a La Coursive – Scène Nationale di La Rochelle; dal 6 al 10 febbraio a La Maison de la Danse di Lione; il 14 e 15 febbraio all’Agora – Pôle National du Cirque di Boulazac Isle Manoire; il 26 e 27 febbraio al Le Parvis – Scène Nationale Tarbes Pyrénées di Ibos, dall’11 al 14 aprile TPE – Teatro Astra di Torino.
Nel Ficus di Bruno Caruso le “Radici” profonde dei 120 anni del Teatro Biondo
Note dell’autore e regista Aurélien Bory
Al Teatro Biondo di Palermo c’è un muro. Come in tutti i teatri io osservo i muri di fondo. Per loro nutro un incessante e rinnovato interesse. Dalla skené greca – in origine una tela tesa davanti alla quale si esibivano gli attori – fino alle scene dei teatri all’italiana, lo scopo è sempre lo stesso: nascondere la realtà, renderla invisibile per poterla rappresentare. Al Biondo, il muro di Palermo Palermo, il celebre spettacolo di Pina Bausch, ha lasciato la sua impronta, come la storia lascia le sue impronte sui muri di Palermo. Ma, alla fine, è un altro muro che ha attirato la mia attenzione.
Il Trionfo della morte è un affresco del XIV secolo del quale non si conosce l’autore, realizzato per l’ospizio di Palazzo Sclafani e oggi custodito nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis. Attraverso i secoli è diventato un simbolo di Palermo, tanto per il soggetto quanto per il mistero che avvolge la sua realizzazione. Numerosi studiosi, storici e artisti sono rimasti affascinati da quest’opera cardine, che si colloca tra l’Alto Gotico e il Rinascimento, la cui modernità stupisce non solo per la sua narrazione e la sua struttura particolarmente studiata, ma anche per un fatto inedito: il pittore e il suo assistente si sono rappresentati su un lato dell’affresco e rivolgono lo sguardo allo spettatore, un’innovazione assoluta nella storia della pittura. Jan Van Eyck aveva realizzato nel 1433 il primo autoritratto noto della storia dell’arte, il Ritratto di uomo con turbante rosso, e pochi anni dopo a Palermo un pittore si colloca tra le figure del suo affresco, accanto al suo discepolo – unici personaggi ad osservarci – creando così una suggestiva mise en abyme.
Nel Trionfo non si tratta solo della morte, raffigurata al centro come un impressionante scheletro dalla risata sardonica, in groppa al suo cavallo emaciato, mentre è intento a scoccare le sue frecce a piacimento e quasi per caso. Si tratta innanzitutto della sua rappresentazione. Il pittore ci ricorda che l’arte non esisterebbe senza la consapevolezza della morte e che ricorriamo alle rappresentazioni per parlare di ciò che rimarrà per sempre a noi sconosciuto.
Nel Trionfo della morte di Palermo, ideato come un arazzo, è rappresentato un mondo, il pittore e il suo sguardo ci interrogano sull’arte e la sua funzione. Infatti, al di là di questa danza di colori piena di vita, di questo caos vorticoso dal quale emergono numerosi riferimenti, dello humour palpabile che sprigiona, l’affresco si propone come una sorta di consolazione. La morte non risparmia nessuno, dai più devoti ai più potenti, nulla resiste alla morte, poiché se non ci fosse la morte non ci sarebbe la vita.
Ho immaginato un fondale che riproduce il Trionfo della morte nelle sue dimensioni reali, sei metri per sei, le dimensioni del teatro. L’affresco rappresenta, sullo sfondo, la peste bubbonica, flagello della storia che ha duramente colpito la città di Palermo. Ma naturalmente ho posto l’affresco nel contesto attuale, che esprime i flagelli della nostra epoca: le morti dei migranti, le guerre, le catastrofi naturali…
Sulla tela, oltre ai due pittori, sono rappresentati artisti, musicisti, danzatrici. Sono esattamente gli artisti che ho incontrato per primi a Palermo. Innanzitutto Gianni Gebbia, sassofonista di fama internazionale, che ha lavorato con grandi artisti, in particolare con Heiner Goebbels. Poi Chris Obehi, cantante nigeriano che ha iniziato la sua nuova vita a Palermo arricchendo il suo repertorio con canzoni in lingua siciliana. E infine le danzatrici, che ho voluto vedere come le figlie di Pina Bausch: Valeria Zampardi, Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi. Con loro l’affresco al centro della scena si anima e, attraverso la loro danza, assume un’altra dimensione. Per gli artisti l’immagine costituisce uno spartito drammaturgico vertiginoso, un insieme di scene invisibili che si offrono alla recitazione, a condizione che le si guardi ancora una volta prima che l’affresco si sgretoli definitivamente e scompaia per sempre.
Schedula per Ore
Le repliche
- h 21 - h 23
- Venerdì 20/10/2023
- Prima assoluta
- h 19 - h 21
- Sabato 21/10/2023
- h 17 - h 19
- Domenica 22/10/2023
- h 21 - h 23
- Martedì 24/10/2023
- h 17 - h 19
- Mercoledì 25/10/2023
- h 17 - h 19
- Giovedì 26/10/2023
- h 21 - h 23
- Venerdì 27/10/2023
- h 19 - h 21
- Sabato 28/10/2023
- h 17 - h 19
- Domenica 29/10/2023
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