Museo a cielo aperto, una mostra delle Orestiadi di Gibellina per omaggiare Ludovico Corrao
In un momento in cui le stringenti regole post pandemiche stanno imponendo ai musei di arte contemporanea in Italia e all’estero di riprogettare le proprie attività collettive, prevedendo sempre più spazi aperti per la cultura e le attività che di solito si svolgono all’interno, la Fondazione Orestiadi di Gibelina propone per la prima mostra dalla riapertura un percorso espositivo interamente open air attraverso i luoghi che l’hanno resa uno dei siti più suggestivi dell’intera Sicilia.
Con “Museo a cielo aperto”- questo il titolo della mostra- la Fondazione presenta le nuove acquisizioni della collezione di arte contemporanea rendendo omaggio al suo fondatore Ludovico Corrao. La mostra s’inaugura, infatti, nel giorno dell’anniversario della sua nascita, il 26 giugno (vernissage alle 17.30), per ricordare il senatore, figura simbolo della ricostruzione del Belìce.
Dopo il terremoto del 1968, da sindaco-intellettuale Corrao rese concreta l’utopia della città degli artisti, chiamando a raccolta nella rifondata Gibellina nuova Burri, Consagra, Accardi, Isgrò, Pomodoro, Paladino, Nunzio, Schifano, Quaroni, Venezia, Mendini, Purini, Levi, Damiani, Sciascia, Dolci, Buttitta e ancora Joseph Beuys, Robert Wilson, Philip Glass, Thierry Salmon, Boetti, Scialoja, Turcato, Necrosius, Kusturica, Cage, Pennisi, Kokkos, Giovanna Marini, Zavattini, Zavoli, per citarne solo alcuni; nell’indimenticabile stagione delle Orestiadi, negli anni ’80 e ’90 laboratorio creativo tra i più interessanti e innovativi d’Europa.
Il percorso espositivo proposto per l’occasione, si snoda attraverso le opere disseminate negli immensi spazi esterni del Baglio di Stefano, tra la quali spiccano nel cortile principale, la celebre “Montagna di Sale” di Mimmo Paladino realizzata per le Orestiadi del 1990, tra i più grandi lavori del maestro della Transavanguardia, la scultura, bifrontale di Pietro Consagra; “L’uomo con un carico di lune” di Enzo Cucchi, collocata nel giardino tra palme secolari; l’istallazione in marmo e ossidiana dell’artista inglese Peter Briggs, la “Chiesa Madre” della coppia Ben Jacober e Yannick Vu, e le morbide parabole in bronzo di “Siderale” di Michele Cossyro, istallate nel cortine del granaio; e ancora le formelle in ceramica smaltata di Croce Taravella che con cromatismi accesi e un altorilievo materico fa dialogare i mercati di Palermo e quelli di Tunisi.
L’itinerario prevede anche degli affacci verso alcuni interni, sulla casa baronale, oggi sede del Museo delle Trame Mediterranee da anni sotto la direzione di Achille Bonito Oliva, e sugli atelier con le opere di Milena Altini, Francesco Impellizzeri, Emilio Angelini.
In uno degli aterlier è possibile vedere anche il “Tappeto Mediterraneo” di Jonida Xherri, artista albanese che ha cucito insieme storie, fili e perle in un progetto collettivo realizzato insieme ai migranti dei centri di prima accoglienza dei comuni limitrofi a Gibellina, in un intreccio di culture simbolicamente unite nel segno dell’arte.
Tra le ultime acquisizioni c’è poi l’installazione di Mustafa Sabbagh, “MKUltra: we are infinite and eternal”, realizzata dall’artista italo-giordano per l’edizione 2019 del festival internazionale di fotografia Gibellina Photoroad.
Dei tempi più recenti parlano le opere di Giacomo Rizzo e Costanza Ferrini, che vengono presentate per la prima volta al pubblico, entrando a far parte della collezione d’arte contemporanea.
Giacomo Rizzo, artista che fatto del contatto diretto con la natura ed il territorio il filo conduttore della sua poetica, presenta “Where is your nature?”, ultimo lavoro prodotto durante una residenza artistica a New York. La scultura, collocata nel piano sovrastante il cortile della cappella del Baglio, rappresenta l’organicità della materia che avvolge le geometrie della città, sulla scia di quanto accaduto negli ultimi mesi con il lockdown e la possibilità della natura di appropriarsi di nuovi spazi.
Anche Costanza Ferrini riflette sugli ultimi eventi storici, raccontando nel suo “Alfabeto degli occhi” (2020), video nato su una terrazza romana al tempo della quarantena, la quotidianità di un momento che ci ha reso familiari, oggetti, gesti e nuove abitudini solitamente ignorate.
Con “Museo a cielo aperto”, la Fondazione Orestiadi offre un’esperienza museale en plein air che racconta la storia di un inestimabile patrimonio materiale ma anche immateriale, fatto di performance spettacoli ed eventi che l’hanno resa un meraviglioso laboratorio a cielo aperto, catalizzatore permanente di cultura.
Commenti