Recensioni Spiccata amenità di accenti e delicato fervore liturgico sono stati i due aspetti del “Concerto in onore di S. Agata” che il Teatro Massimo Bellini ha dedicato il 2 febbraio alla Santa Patrona di Catania, città che da un paio d'anni è defraudata dei consueti festeggiamenti agatini con la processione del fercolo, a causa della pandemia
Spiccata amenità di accenti e delicato fervore liturgico sono stati i due aspetti del “Concerto in onore di S. Agata” che il Teatro Massimo Bellini ha dedicato il 2 febbraio alla Santa Patrona di Catania, città che da un paio d’anni è defraudata dei consueti festeggiamenti agatini con la processione del fercolo, a causa della pandemia. Quest’anno l’ente catanese (da sempre attento a queste iniziative) ha aperto le porte al pubblico (a differenza dell’anno scorso) che ha ampiamente apprezzato l’evento affidato all’Orchestra del Teatro, diretta per l’occasione dal Maestro Salvatore Percacciolo: alla nostra Agata innanzitutto l’omaggio di Vincenzo Bellini, notoriamente a lei devoto, con le ouverture operistiche da “Il Pirata” e “Capuleti e Montecchi”, seguite dalla Sinfonia in re minore (tratta dal versante più giovanile), nella prima parte. Da subito un compatto organico orchestrale si distingueva per fermezza d’accenti e pastosità melodica sotto la bacchetta guizzante di Percacciolo, perentorio nell’agogica esecutiva e affinato nel dosaggio delle dinamiche.
A seguire, la delicata interpretazione dell’opera di Joseph Haydn “Le sette ultime parole di Cristo sulla croce” improntata alla Passione di Cristo, che abbiamo ascoltato nella versione originariamente per orchestra del 1787, dal titolo “Musica instrumentale sopra le ultime 7 parole di Cristo in croce ovvero sette Sonate con una introduzione ed alla fine un Terremoto”. La scelta di tale composizione, attinente al martirio della Santa, in analogia col martirio di Cristo, secondo l’intento di Percaccioli richiama il significato della parabola salvifica, che inizia appunto col venerdì della Passione e si conclude con la Resurrezione. Ad Haydn infatti il lavoro era stato commissionato da don José Saenz de Santa Maria proprio per la funzione del Venerdì Santo nella chiesa della Santa Cueva di Cadice, dove secondo la procedura il celebrante doveva soffermarsi sulle sette brevi frasi (parole) che sono le ultime pronunciate da Gesù, in base alla tradizione cristiana: ed ecco i sette movimenti lenti, dal Largo all’Adagio, creati dal maestro di Rohrau, con una parte introduttiva e una chiusura più agitata, definita Terremoto da una citazione del Vangelo di Matteo. La sensibilità degli orchestrali ha certamente tradotto con sobrietà e compostezza l’aspetto del rituale liturgico insito nella partitura di Haydn, sotto la gestualità altamente coesiva del direttore. Ampio e meritatissimo l’apprezzamento del pubblico, in chiusura, nei confronti di Percacciolo e di tutti i bravi musicisti.
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