Blog La disfida televisiva tra il critico d'arte Philippe Daverio e la Sicilia sulla vittoria "rubata" a Palazzolo Acreide al "Borgo dei borghi" di Rai 3 è finita a "cortile", tra minacce di querele, contumelie in tv, e contro minaccia di querele. Dimenticandosi di una cosa: serve davvero vincere il Borgo dei borghi?
No, in Italia non c’è proprio gusto ad essere intelligenti. Pigliamo a prestito il titolo del famoso disco degli Skiantos per parlare della disfida televisiva fra la Sicilia e Philippe Daverio, nelle vesti di giurato della trasmissione di Rai 3 “Il Borgo dei borghi”, reo per i più di aver fatto vincere col suo voto decisivo il borgo piacentino di Bobbio, di cui è cittadino onorario, contro la siracusana Palazzolo Acreide, risultata prima al televoto. No, da noi, se non la si butta in caciara mediatica, politica e giudiziaria, non si è contenti. Leggiamo che addirittura il presidente della Regione Nello Musumeci minaccia azioni legali per opinioni razziste contro il critico d’arte, ex assessore alla cultura di Milano ai tempi del sindaco leghista Marco Formentini (erano i primi anni 90 e la Lega era ancora bossianamente Nord), e figura di spicco della cultura italiana ed europea essendo mezzo italiano e mezzo francese.
E perché mai si dovrebbe querelare Daverio? Per le stupidaggini dette all’ottima Iena palermitana Ismaele La Vardera che è riuscito, con simpatia, a pungolare il prof italo-francese sul “conflitto di interessi” che grava sul capo riccioluto del critico-giurato per la cittadinanza onoraria arrivata dalla vincitrice Bobbio? Il reato di “opinioni buttate al vento a cuor leggero” non mi pare che lo abbiano ancora inventato. La Vardera, da brava Iena, ha buttato l’esca ottenendo per tutta risposta frasi in libertà, alcune prese in prestito dal credo popolare come “i siciliani si credono al centro del mondo” (il che può essere anche vero), altre del tutto prive di raziocinio come “porterò in tribunale il sindaco e l’onorevole (riferendosi al sindaco di Palazzolo Salvatore Gallo e all’onorevole palermitano di Italia Viva Michele Anzaldi, segretario della Commissione di vigilanza della Rai) perché è una intimidazione sicula pura, e bisogna stare attenti”. Sindaco e onorevole, come li chiama Daverio, erano quelli che chiedevano spiegazioni sostenendo che il voto popolare del televoto era stato “tradito” e che il conflitto di interesse della cittadinanza onoraria era un problema che invalidava la gara. E queste il prof me le chiama intimidazioni? Ma diciamo Daverio?
Non contento di ciò l’esperto d’arte è arrivato a dire un’altra serie di castronerie come “A me la Sicilia non piace” (il che detto da un cittadino qualsiasi transeat, ma sentirlo dire da uno che guida la giuria di un contest di tipo turistico sulla tv pubblica, quanto meno puzza di pregiudizio), oppure “i siciliani sono terroni rosiconi” o “i cannoli sono così perché richiamano le canne mozze”. Queste due perle ultime appartengono alla categoria delle minchiate e tali resteranno per sempre. Al giurato Daverio la Sicilia certamente piaceva quando insegnava all’Università di Palermo, alla Facoltà di Architettura, o quando il sindaco di Palermo, il forzista Diego Cammarata, lo chiamò come consulente per il festino di Santa Rosalia nel 2010. Forse, però, anche ai tempi alla fine gli piacque poco, perché lasciò il ruolo anzitempo per problemi con alcuni contestatori.
Ora le scuse via social sono arrivate, scuse corroborate dal prof con una lettera al presidente Musumeci per avere il perdono di tutti i siciliani “non facinorosi”.
E pare che domenica 3 novembre Camila Raznovich, conduttrice sia di “Kilimangiaro” sia de “Il Borgo dei borghi”, voglia in studio al “Kilimangiaro” sia Daverio, sia il sindaco di Palazzolo Gallo sia il sindaco di Bobbio Roberto Pasquali. Quasi certamente sarà pace televisiva e il casus belli si riassorbirà. E’ proprio vero, però, il vecchio andante popolare che chi nasce leghista non può morire quadrato. Intanto i palazzolesi, da bravi artigiani del Carnevale, il loro carro daveriano lo stanno già disegnando nella loro mente, e lì ci sarà da ridere.
Ora capisco che stiamo parlando di borghi, il rimedio per antonomasia allo stress cittadino, dove la scena d’azione sono vicoli, piazze e campanili, ma buttarla a “cortile” mi sembra riduttivo. Ci si dimentica che il format de “Il Borgo dei Borghi” è nato nel 2014 per volontà del club “I borghi più belli d’Italia”, che sceglie ogni anno i 60 borghi che affrontano la gara. Il club è una emanazione della consulta turisttica dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani, che ha creato una rete di eccellenza dei borghi a loro giudizio più belli, una macchina nata nel 2001 col fine unico della promozione turistica. Un marchio di qualità dove i Comuni pagano per farvi parte.
Da quando esiste la trasmissione tv, la Sicilia è stata tutto tranne che penalizzata. Anzi, ha vinto anche troppo. Nel 2014 ha vinto Gangi, nel 2015 Montalbano Elicona, nel 2016 Sambuca di Sicilia, nel 2018 ancora vittoria isolana con Petralia Soprana. Ad oggi 4 vittorie siciliane contro tre non isolane. Abbiamo qualcosa di cui lamentarci come territorio regionale? Sicuramente no. Vogliamo vincere sempre? E allora così diamo ragione a Daverio sul fatto che ci crediamo il centro del mondo. La visibilità la Sicilia la ha avuta, anzi, qualcuno negli scorsi anni poteva pure pensare a lobby filo-sicule all’interno del programma. Possiamo lamentarci, poi, di un regolamento forse poco popolare, in quanto privilegia il voto della giuria composta anche dal geologo tv Mario Tozzi e dalla ex schermitrice Margherita Granbassi, ma che è conosciuto sin dall’inizio della competizione? Sembra quasi di ripercorrere le polemiche post Sanremo tra Ultimo, arrivato secondo, e Mahmood, e anche quello è stato un televoto a pagamento.
La tv è tv, ha logiche sue che vanno al di là anche della vita reale. Ad aprile del 2015 chi scrive si trovava a Montalbano Elicona in vacanza e in diretta assistette alla vittoria “in playback” del borgo messinese al “Borgo dei borghi”, allora ancora dentro il programma “Kilimangiaro”, vittoria che sarebbe stata ufficializzata solo una settimana dopo. La produzione allora disse che avevano già registrato alcune “vittorie” di borghi concorrenti in attesa dell’esito finale, ma si era capito subito che Montalbano aveva già vinto.
Ma arriviamo al punto vero della questione. A che serve una vittoria televisiva, in un programma freddo, pre-cofenzionato come una marmellata di una tipica colazione europea (e oggi lo è ancora di più da quando si è sganciato da “Kilimangiaro”, con servizi promozionali brevi e quasi uguali a sé stessi) e che dura ormai poche settimane? Che valore aggiunto dà ad un territorio?
Quanto ne hanno giovato i comuni siciliani che hanno già vinto? Perché Gangi, vincitrice nel 2014, quest’anno era ancora in gara? Voleva rivincere dopo soli 5 anni? La vittoria del 2014 è servita a poco o a nulla? I problemi enormi di gestione del turismo che aveva Montalbano Elicona nei giorni della vittoria del 2015, sono oggi risolti perché ha vinto il Borgo dei Borghi? Chi ha avuto una vera eco mediatica dei borghi siciliani vincitori del programma è forse Sambuca di Sicilia, ma non grazie alla vittoria televisiva, semmai per l’iniziativa della case ad un euro, brillante idea di rilancio di un centro storico molto bello ma escluso dai flussi turistici principali.
La promozione turistica vera affidiamola agli operatori specializzati, possibilmente sotto un unico profilo coordinatore che, dalla fine delle aziende provinciali del turismo, la Regione siciliana, l’unico ente che potrebbe e dovrebbe, non è mai riuscita ad essere.
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