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Da Nick Drake a Fedra, i sogni infranti e gli amori impossibili nel dialogo a distanza fra rock e mito

Recensioni L’idea di Fabrizio Arcuri di mettere sul palco del Teatro Greco di Siracusa la rilettura di 4 eroine del mito (Antigone, Lena, Fedra e Clitennestra, affidate alla voce di Laura Morante), e il commento musicale di Rodrigo D'Erasmo e Roberto Angelini con la loro rilettura di Nick Drake, rockstar mancata in vita e glorificata post-mortem, vive del fascino dell’accostamento inedito, per questo accattivante. Nei fatti, la sperequazione interpretativa tra musica e parola è stata scenica ed emotiva alla stessa maniera

Quando muori a 26 anni la tua vita non si ferma. Quando sogni di diventare una rockstar e il tuo sogno si infrange contro un destino che si accanisce contro di te, una morte prematura per eccesso di tranquillanti ti consegna al mito, ad una seconda vita eterna che solo post-mortem acquista dignità. Oggi amare Nick Drake è quasi un must per chi ama il rock. Nei primi anni 70 non era così, ed il giovane folk rocker delle Midlands occidentali si scontrò con il Fato e a soli 26 anni il suo immenso talento allora non compreso fu consegnato al mito “grazie” a 30 compresse di antidepressivo. Una scelta consapevole o un tentativo maldestro di tenere sotto controllo i propri incubi? Tanto era fuori Drake da ogni giro importante del grande circo del rock’n’roll che non fece parte neanche del Club 27 (Jimy Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Brian Jones degli Stones, Kurt Cobain, Amy Whynehouse), il gruppo delle grandi rockstar osannate in vita e morte a 27 anni, vittime degli abusi di droghe, alcol e del mal de vivre. Nick ha anticipato tutti, ed è morto prima degli altri.

Un mito recente del rock può trovare dimora sul palco glorioso del Teatro greco di Siracusa, casa della tragedia classica grazie all’Istituto nazionale del dramma antico? Solo quest’anomala annualità segnata dalla mannaia del virus venuto dall’estremo Oriente, che ha spento per un anno l’interruttore su tragedie e commedie come le abbiamo conosciute, si è potuta permettere un ciclo di spettacoli chiamato “Per voci sole” dove fino ad oggi – fatta eccezione per il primo evento rappresentato dall’omaggio ad Apollo di Nicola Piovani con “L’isola della luce” –  sono stati chiamati dall’Inda sul palco rovesciato del teatro greco (pubblico seduto sul palcoscenico e artisti su un palco che porta alla cavea) due volte un’attrice (Lunetta Savino e Lella Costa) una volta un attore (Luigi Lo Cascio) a santificare pagine classiche riviste e rilette da autori novecenteschi.

Per il 5° appuntamento del ciclo è stata chiamata Laura Morante a dare voce a quattro figure di donne apparentemente “vinte” – Antigone, Lena, Fedra e Clitennestra – ma eroine rispettivamente della scelta, del segreto, della disperazione e del crimine, la loro cifra stilistica in vita. La mise en éspace, curata registicamente da Fabrizio Arcuri, affidata alla bella ed elegante Morante, pescava a grandi mani dalle riletture delle quattro eroine del mito ad opera di Marguerite Yourcenar nel celebre “Fuochi” del 1935, nella traduzione di Maria Luisa Spaziani, celebrazione dell’amore totale, quell’amore cieco e folle, soprattutto se non corrisposto. Tra i vinti in vita ed eroi eterni ci mettiamo anche il giovane Drake e la sua melancolica poesia musicale, ignorati in fieri (il primo album “Five leaves left” del 1968 sconta di arrivare un anno dopo l’estate dell’amore hippy e un anno prima dell’evento globale del freak power, Woodstock) e glorificati col senno di poi?

Laura Morante, foto di Franca Centaro

E se l’idea di base di Arcuri, citato come curatore registico ma più un ideatore che un orchestratore, vive certamente del fascino dell’accostamento inedito e per questo accattivante, nei fatti, la sperequazione interpretativa sul palco tra musica e parola è stata scenica ed emotiva alla stessa maniera. Troppo netta “la distanza” fra la poco empatica lettura dell’attrice toscana e l’accorato duo musicale che unisce il genio interpretativo di Rodrigo D’Erasmo, un musicista classico rapito dal fascino decadente del rock (dal 2008 è uno dei pilastri degli Afterhours di Manuel Agnelli), alla estrema sensibilità chitarristica di Roberto Angelini, cantautore e uomo da band (suona in tanti progetti da quello di Niccolò Fabi alla televisiva Propaganda Live orchestra) capace di far tacere la sua voce quando è necessario, ma abilissimo per l’occasione a far cantare la sua chitarra acustica perfetta compagna di avventure del violino elettrificato ed effettato di D’Erasmo. E se il loro progetto di omaggio a Drake, nato 17 anni fa e perpetuato sempre quando possibile al di fuori dei reciproci impegni, a Siracusa ha tolto la parola, che dal vivo per il progetto comune “Way to blue” invece permane, per non rubare la scena a colei che la parola doveva glorificare, la Morante, è quest’ultima che a conti fatti non ha retto la sfida, e da regina della scena si è adagiata a insufficiente contraltare delle note che erano state chiamate ad arricchire e invece hanno brillato di luce propria. A cominciare dalla “Cello song”, tra i pilastri dell’album d’esordio di Drake, quel “Five leaves left”, che sembrò quasi un presagio degli ultimi cinque anni di vita del cantautore inglese.

Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini, foto di Franca Centaro

La lettura dell’Antigone di Sofocle, nella traduzione di Massimo Cacciari, sembra avere la giusta drammaticità che esalta la scelta della figlia di Edipo di contravvenire alla rigida interpretazione delle leggi della polis. Inframmezzata dalla chiusura dell’inquieta “River man” (anche questa tratta dall’album d’esordio di Drake), la successiva lettura di Antigone o della scelta della Yourcenar (che ha le sue “fonti” nell’Edipo a Colono e dall’Antigone di Sofocle) si smorza e si perde in un reading senza pathos che richiama altra musica, per salvare il salvabile. E musica fu, con la struggente liricità, seppur senza parole, di “Day is done”. Non ci resta che cantarla sottovoce: When the day is done / Down to earth then sinks the sun / Along with everything that was lost and won / When the day is done”.

E se Lena o del segreto, tratto da “Fuochi” della Yourcenar, in un racconto tra mito e cronaca, restituisce almeno il crudo destino tra orgoglio e amore della serva (e non solo) del tirannicida Aristogitone, anche stavolta la voce, talvolta esitante al leggìo, ruba pathos al racconto che cresce solo alla fine della narrazione tragica della serva che sceglie di tagliarsi la lingua pur di non rivelare cose che non sapeva dell’amato padrone. C’è molto spazio per l’improvvisazione invece nel racconto musicale di D’Erasmo e Angelini, con il violinista che sale in cattedra e tra piccole perle “oscure” e la sua “Know” ispirata dalle armoniche trame di Drake. Non cambia granché il registro della Morante con il racconto del gusto dell’impossibile di Fedra, presa da folle amore per il casto figliastro Ippolito, letto prima nella traduzione di Umberto Albini dall’Ippolito di Euripide e poi da Fedra o della disperazione della Yourcenar, ispirata da Fedra di Racine.

La “musica” per l’attrice toscana cambia con l’ultima figura, quella della regina Clitennestra e la sua apologia del crimine, nella visione della Yourcenar dell’Orestea di Eschilo. L’arringa di confessione piena diventa un’autoassoluzione – “Signori della Corte non c’è una fra le vostre donne che per una notte non abbia sognato di essere Clitennestra” -, e il tono è quasi divertito nel raccontare le motivazioni dell’omicidio del re Agamennone, colpevole di aver comandato la morte della figlia Ifigenia per non violare le volontà divine, di aver abbandonato per 10 anni  il talamo, di essere tornato a casa distaccato emotivamente e per giunta affiancato da un’altra donna (la sacerdotessa Cassandra):  “Gli uomini non sono fatti per scaldarsi le mani ad un unico focolare”. Grazie ad una delle quattro donne, giustizia teatrale della serata al Teatro greco è fatta ma da sola la regina di Micene non garantisce sufficienza piena alla sua interprete.

Tra i 480 spettatori del Teatro Greco siracusano ci sono anche Thom Yorke, il leader della rock band inglese Radiohead con la fidanzata, l’attrice palermitana Dajana Roncione. Inevitabile a questo punto ricanticchiare la grande hit degli esordi della band di Oxford, “Creep”: I’m a creep, I’m a weirdo, what the hell I’m doing bere, I don’t belong here… Anche quella era l’elettrica narrazione di un amore impossibile ma va benissimo anche come commento al sogno infranto del rock di Drake…

In seconda fila Dajana Roncione (in nero) e Thom Yorke (con mascherina) al Teatro Greco di Siracusa

Lo spettacolo (80 minuti) si può vedere on line sul sito della Fondazione Inda fino alle 20.30 del giorno di Ferragosto.

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