Storie Nata a Caronia sui Nebrodi nel 1893, la baronessa ricevette come dono di nozze dal padre, appassionato di motori e corse d'auto e che le trasferì l'amore per le quattro ruote, una Isotta Fraschini HP. Il 5 giugno 1913 diventò la prima donna patentata del Regno d'Italia. In età matura comprò una Lancia Appia con cui viaggiò fino al Circolo polare artico. Da quell'esperienza ne trasse un libro di memorie : «Quando viaggio mi sento felice come un prigioniero temporaneamente evaso»
La storia della Sicilia non è stata scritta solo dagli uomini ma anche da donne come la regina Costanza d’Altavilla, madre di Federico II° Stupor Mundi, 0 Sofonisba Anguissola, famosa pittrice del Medioevo o Peppa la Cannoniera, popolana patriota del Risorgimento. Donne determinate, emancipate, dal deciso carattere: “cummatemu, nun ni facemu azzittiri”.
Questa che state leggendo è la storia di una nobile siciliana che ha vissuto la sua vita da protagonista, donna bellissima ed affascinante: la baronessa Francesca Mancusio. Nasce nel 1893 a Caronia, sui Nebrodi in provincia di Messina. Il padre, uomo colto e facoltoso, fu anche sindaco di Capizzi, la madre era una Caracciolo, storica famiglia di origine napoletana ben presente anche in Sicilia. I genitori educarono Francesca nel rigore e negli agi del suo status sociale, ma fin da giovane mostrò un carattere indipendente ed una forza di volontà non comuni. Il padre era un appassionato di motori e gare d’auto, passione che trasmise alla figlia. Frequentò a Palermo uno degli educandati più esclusivi e prestigiosi del regno d’Italia, retto da Erminia Bodriga, donna austera ma colta. Introdusse, anticipando i tempi, fin dalle elementari lo studio della lingua inglese e francese, contribuendo all’educazione culturale di Francesca.
All’età di sedici anni “venne maritata” con l’avvocato Ignazio Mirabile da cui ebbe due figlie. Il padre come dono di nozze le regalò una favolosa Isotta Fraschini 30 Hp: «A Milano mi aspettava l’Isotta Fraschini che mio padre aveva comprato per me. Per quell’epoca era un dono prezioso», commentò con entusiasmo, un dono che le cambiò la vita, dovette però aspettare il raggiungimento della maggiore età per guidarla. Il suo spirito indipendente e deciso mal sopportava certi ruoli secondari sociali: “madre di”, “moglie di”.
Il 1913 fu un anno cruciale nella vita di Francesca: dopo aver conseguito il certificato di abilitazione al circolo ferroviario d’ispezione il 5 giugno prese la patente automobilistica rilasciata dalla prefettura di Palermo “per la conduzione di motori a scoppio”. Fu la prima donna patentata in assoluto del regno d’Italia! Quell’anno, sponsorizzato dalla famiglia Florio che avevano tenuto a battesimo la famosa corsa della “Targa”, si tenne a Palermo il salone automobilistico internazionale, che vide presenti le più importanti case automobilistiche d’Europa. Tre nobildonne palermitane, in quella occasione guidarono le loro fiammanti auto grazie a “generose” concessioni di “licenze per la conduzione di veicoli”.
Erano gli anni ruggenti della Belle Epoque siciliana e Francesca Mancusio vi recitò da protagonista. Si racconta che, quando per la prima volta, guidò la sua Isotta Fraschini su per le colline di Caronia, i paesani ed i contadini nel vederla passare al volante dell’auto, terrorizzati, fecero gli scongiuri ed il segno della croce. Quel pomeriggio venne giù una violenta grandinata che distrusse i raccolti. Il disastro – si disse – venne scatenato dalla baronessa e dal suo “carro infernale”!
La sua vita in apparenza spensierata, agiata e “patinata” non rispecchiava però quella intima e tormentata. Più di un ombra offuscava l’animo della baronessa. Una cocente delusione d’amore giovanile le segnerà l’animo per tutta la vita. Francesca si era innamorata appassionatamente di un giovane avvocato che la abbandonò per convolare in matrimonio, già programmato, con un’altra donna. Molto tempo dopo scriverà sul suo diario: “a Te che sei stato il compagno invisibile della mia vita, l’unico che ho desiderato mio… il solo che ha parlato ai miei sensi e al mio spirito… come ti ho sempre cercato, ancora ti cercherò nell’al di là”. Solo l’amore per la vita le faranno superare altre dure prove, la figlia maggiore a nove si ammalerà di meningite mentre una malattia colpirà il marito che per anni giacerà allettato. Alla morte del marito si dedicherà a viaggi culturali, meticolosamente preparati, per scoprire le città e nazioni dei grandi uomini della storia e «per andare a conoscere quei luoghi più civili del mio».
Comprò una Lancia Appia ed andò in giro per l’Europa insieme al suo gatto ed allo chauffeur perché come soleva ripetere: «Quando viaggio mi sento felice come un prigioniero temporaneamente evaso». Sono rimasti famosi i due lunghi viaggi fino al Circolo Polare Artico da cui trasse un diario-racconto: “Due anziane signore e un gatto con un’Appia al Circolo Polare Artico”, pubblicato dallo stabilimento tipolitografico Renna nel 1965. Alcuni anni prima, era il 1953, donò al museo automobilistico di Torino la sua Isotta Fraschini insieme alla patente che ora fanno bella mostra di sé insieme ad altre famose auto d’epoca.
Dopo aver vissuto intensamente la sua vita, aver superato due guerre, il periodo fascista, la rinascita dell’Italia repubblicana ed il ’68, chiuse gli occhi a Caronia Marina nel gennaio del 1974 nella sua bella casa a Villa Maria Giovanna, riconosciuta dalla Regione Siciliana come dimora storica e luogo della memoria, adiacente al lungomare che porta il suo nome.
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