Itinerari C'è un luogo in provincia di Trapani, che è rimasto fermo nel tempo. La grotta si trova a Custonaci, la ''città dei marmi'' ed è stata abitata fino alla metà del Novecento da agricoltori, allevatori e pescatori. Oggi è un vero e proprio museo a cielo aperto, dove è possibile ammirare abitazioni che risalgono a un secolo fa e che sono state fedelmente ricostruite nei minimi dettagli. Ogni anno a Natale ospita il presepe vivente
La Sicilia è piena di scenari sorprendenti e villaggi non più abitati, ma forse non tutti sanno che uno di questi si trova dentro una grotta. Ebbene sì, c’è un luogo in provincia di Trapani, che è rimasto fermo nel tempo, la Grotta Mangiapane. La grotta si trova a Custonaci, la ”città dei marmi”. Percorrendo le stradine di Custonaci, circondate dalle rocce adamantine, dalla forma scavata come grandi fauci spalancate – da cui viene prelevato il marmo -, ci si imbatte a un certo punto in un insieme di grotte, definite ”Grotte di Scurati”. Il territorio vanta una lunga e antica tradizione come importante bacino marmifero.
Le grotte si trovano in un luogo incontaminato e selvaggio, la riserva naturale orientata di Monte Cofano, quel monte che sembra poggiare sul mare, se si osserva da Erice, guardando verso est. La Grotta Mangiapane, che fa parte di un preistorico sistema di insediamenti che conta un totale di nove grotte (Buffa, del Crocifisso, Rumena, Miceli, Cufuni, della Clava, Maria Santissima e Abisso del Purgatorio), si trova nel tratto costiero che collega Trapani a San Vito Lo Capo.
La Grotta Mangiapane è un pittoresco esempio di architettura spontanea. Alta circa 70 metri e situata a circa 60 metri sul livello del mare, è un insediamento nascosto tra due grandi rocce. Popolata fin dalla preistoria, come dimostrano alcune incisioni, nel corso del 1800 divenne un villaggio e fu abitato fino a metà del ‘900. Una delle famiglie residenti si chiamava proprio ‘Mangiapane, da cui deriva il nome della grotta. Vi si trovano alcune stalle, una cappella e persino una barberia, il piccolo villaggio a misura d’uomo era abitato da agricoltori, allevatori e pescatori. Durante la Seconda guerra mondiale, la grotta si spopolò e, dopo un periodo di abbandono, il luogo è stato ripristinato negli anni ’80 da un gruppo di volontari. Oggi è visitabile e non vi è nemmeno un biglietto di ingresso, ma l’offerta è libera.
Si tratta di un vero e proprio museo a cielo aperto, dove è possibile ammirare abitazioni che risalgono a un secolo fa e che sono state fedelmente ricostruite nei minimi dettagli. Guardando attraverso le piccole finestre, è possibile vedere antichi letti in ferro battuto, scale in legno e lavabi in marmo, soffitti spioventi in legno, forni a legna in prossimità delle pareti e, se si entra dentro le case, si respira un’atmosfera surreale, quasi si potesse tornare indietro nel tempo.
Un tocco fiabesco è dato, inoltre, dalla presenza dei coloratissimi fichi d’India che costeggiano la strada d’ingresso, e ancor di più dall’inaspettata presenza di animali: dai pavoni che si muovono in libertà alle oche, dalle galline nel pollaio ai cavalli, dalle capre ai gatti. Se si è fortunati – come è capitato a me –, si può anche udire in lontananza il raglio di un asino rimbombare tra le pietre maestose. L’asino, che solitamente è preso ad esempio per paragoni poco felici, diventa protagonista di un altissimo momento di richiamo della natura, e il vero frastuono sembra quello che abbiamo lasciato in città, tra il traffico, i clacson e i lavori in corso, mentre quel verso dai toni acuti e bassi, che non è ben chiaro da dove provenga, quasi come in sogno, è un suono ancestrale che ci attrae misteriosamente.
Le suggestioni non finiscono, anzi si amplificano, se si considera che ci si ritrova davanti a una monumentale apertura della roccia e ad una sorta di borgo in miniatura che sembra venir fuori da una fiaba. Le case sono in equilibrio cromatico con la natura, i colori predominanti sono l’ocra e il bianco calce, e voltando le spalle all’ingresso della grotta, si può ammirare la distesa azzurra del mare. Una fusione di colori che sembra essere in completa armonia con la natura del luogo.
Sono numerosi i reperti preistorici rinvenuti, come utensili di selce, pitture rupestri, denti e ossa di animali, ossidiana e graffiti, alcuni sono conservati presso il Museo Pepoli di Trapani e il Museo
Etno-antropologico di Parigi. Molti hanno condotto degli studi sul luogo, dal marchese Guido Dalla Rosa nel 1870 al paleontologo francese Raymond Vaufrey nel 1925 e, più recentemente, l’archeologo Sebastiano Tusa per la Soprintendenza dei beni culturali di Trapani.
La grotta, date le peculiari caratteristiche, è stata anche sede di set cinematografici, ad esempio l’episodio ”Il ladro di merendine” della nota serie televisiva ”Il commissario Montalbano” e il film ‘‘Viola di mare”. Come avevo accennato prima, nel periodo natalizio, vi si svolge il ”Presepe vivente di Custonaci – la Natività e i Mestieri Tradizionali”. Non si tratta solo di un presepe, ma rivivono le tradizioni contadine e artigianali di quel territorio e coinvolge tutti gli abitanti del paese. Vi prendono parte circa 150 interpreti, tra artigiani e artisti provenienti dall’intera Isola. Nel 2006 è stato inserito nel Reis, il Registro Eredità Immateriali della Sicilia.
Visitare oggi la grotta significa immergersi nel mondo agro-pastorale di fine ‘800 e respirare l’atmosfera bucolica di una Sicilia ormai lontana, che tuttavia merita di essere conosciuta, anche solo per riscoprire il piacere di ritrovarsi a stretto contatto con la natura.
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