Blog Ma ha letto il capolavoro di Tolstoj l'ambasciatore russo in Italia Sergey Razov che ha querelato il quotidiano "La Stampa" per essersi posto il quesito, giornalisticamente ineccepibile, se un tirannicidio a Mosca ai danni di Putin, possa mettere fine alla guerra in Ucraina? In quel romanzo epico, l'eroe europeo dell'epoca, Napoleone, viene descritto come un egocentrico tiranno. Non gli ricorda qualcuno a lui vicino?
E’ certamente singolare che l’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov abbia querelato il quotidiano “La Stampa”, nelle figure del direttore Massimo Giannini, e del giornalista Domenico Quirico perché quest’ultimo si è posto l‘interrogativo, giornalisticamente ineccepibile, se un “tirannicidio” a Mosca ai danni di Vladimir Putin – come sarebbe nei desiderata di Usa, Nato e Europa, possa servire o meno a porre fine alla guerra in Ucraina e ai piani deliranti della Russia di tornare ad essere impero come ai tempi di Caterina II. Quirico non ha scritto che è giusto uccidere Putin, si è semplicemente chiesto se la morte per mano di palazzo del tiranno – e Putin tiranno lo è, senza se e senza, avendo ordinato, in autonomia, una guerra di invasione, facendo sparare il suo esercito su obiettivi civili e negando un contraddittorio nel suo paese – possa, intanto, far cessare subito la guerra e portare, poi, a veri cambiamenti nelle relazioni mondiali. Punto.
Fa ridere la querela dell’ambasciatore, il quale in una sorta di conferenza stampa improvvisata ha negato l’evidenza dei fatti rispondendo alle domande dei cronisti sulla “guerra” parlando di operazione militare speciale. Porsi l’interrogativo se il tirannicidio possa essere una soluzione allo stallo militare, per lui equivale all’istigazione a delinquere? Io non me lo immagino un Gaetano Bresci russo che aspetti Putin sulla Piazza Rossa per sparargli in nome della vendetta del popolo, anche perché Putin in luogo pubblico non lo vedremo più chissà per quanto tempo. La congiura di palazzo la vedo più possibile, non necessariamente plausibile, ma chi dovrebbe mettere in atto le “Idi di marzo” in salsa moscovita? Un oligarca o un militare, o una coalizione di poteri consci che la Russia con questa guerra scriteriata si è data la zappa sui piedi da sola isolandosi dal resto del mondo, Cina a parte? In ogni caso Quirico conclude la sua analisi negando l’efficacia di un tirannicidio, citando la causa formale dello scoppio della Prima Guerra Mondiale “scatenata” dall’omicidio dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria-Ungheria, da parte del nazionalista serbo Gavrilo Princip.
Ma tornando all’ambasciatore Razov mi chiedo se abbia letto “Guerra e pace”, uno dei capisaldi della letteratura mondiale scritto dal russo Lev Tolstoj per ridare dignità al suo paese reduce dalle disfatte militari della guerra di Crimea finita nel 1856. In quel romanzo epico, Tolstoj parte dalla disfatta di Napoleone Bonaparte in Russia nel 1812, dove colui che appariva in Europa come l’eroe assoluto, Napoleone, viene descritto dallo scrittore russo per quello che era in effetti, un egocentrico tiranno che inizia la sua fine proprio con la disastrosa campagna di invasione della Russia. Ambasciatore, non le ricorda qualcuno a lei vicino?
Ma noi non auguriamo la morte neanche al nostro peggior nemico e piuttosto prediligo per Putin un esilio stile Sant’Elena, tanto per citare ancora la storia napoleonica, o meglio una incarcerazione a vita in un carcere di un Tribunale penale internazionale, come avvenuto con il leader serbo Milosevic, anche se questa cosa, siamo certi non avverrà mai finché qualcuno del suo cerchio magico non lo tradirà. Un po’ come è avvenuto nel gotha mafioso siciliano quando il capomafia Bernardo Provenzano “vendette” Totò Riina ai carabinieri sperando in una tregua con lo Stato.
La lotta alla mafia siciliana ci dovrebbe insegnare molto anche su come affrontare questa inattesa e inopportuna guerra russo-ucraina che aggiunge sale sulle ferite di un mondo che con fatica sta cercando di uscire dal biennio allucinante dominato dalla pandemia. Per combattere la mafia e contrastarne il potere, bisogna seguire la traccia dei soldi ci ricordava Giovanni Falcone: seguire i soldi, ricostruire la trama di pagamenti, scambi di denaro, investimenti. Togli i soldi alla mafia, che per i soldi e il potere vive, e dai colpi mortali più efficaci talvolta delle retate delle forze dell’ordine.
Con questo non voglio dire che la Russia sia uno stato mafioso, anche se la “protezione” imposta agli ucraini per “denazificarli” ricorda quella delle cosche affinché la tua attività economica sopravviva: o con me o contro di me. Volevo semplicemente dire che sarebbe opportuno togliere, e subito, i soldi a Putin, non comprando più nulla dalla Russia, soprattutto le risorse energetiche come petrolio e gas, e finendo, quindi, di finanziare indirettamente la guerra in Ucraina. Anche il ricatto energetico è una sorta di pizzo, è inutile negarlo. Lo dovrebbe fare almeno l’Europa e non c’è dubbio che tutto questo sarebbe più efficace della donazione di armi alla controparte ucraina.
E’ indubbio, ormai, che in questa guerra – nata tutta a destra tra fascio-sovranisti russi da una parte e fascio-nazionalisti ucraini dall’altra ma che è tracimata in una guerra tra il totalitarismo antidemocratico 2.0 di Putin e chi ancora oggi crede nel valore delle democrazie -, volenti o nolenti ormai siamo coinvolti e ne dobbiamo pagare un prezzo. Assistenza e accoglienza ai profughi ucraini a parte, che deve essere quanto più estesa possibile, rinunciare temporalmente ai benefici energetici che ci hanno accompagnato nelle ultime decadi in nome della lotta per la libertà, e in attesa che una vera transizione ecologica si realizzi, potrebbe essere il nostro prezzo da pagare per questa guerra di valori in campo. Qui vanno spesi i soldi e subito, vedi l’Italia per esempio, piuttosto che donare armi a gli ucraini, senza negare il diritto alla resistenza di un popolo aggredito. E qui si misura il grado di civiltà fra una democrazia ed una tirannia.
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