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I nomadi del Caucaso e il cibo. Il team dell’archeologo catanese Laneri porta alla luce una mensa di 3500 anni fa

Beni culturali In Azerbaijan, archeologi catanesi e azeri guidati dal professore Nicola Laneri - docente dell'ateneo etneo, attualmente co-direttore del Ganja Region Kurgan Archaeological Project (Azerbaijan) e del Baghdad Urban Archaeological Project (Iraq) - hanno ritrovato un punto di ristoro delle popolazioni nomadi che migravano dal Caucaso verso Occidente, tra il 1500 e il 750 a.C..

Torna alla luce una delle mense più antiche della storia dell’umanità, un mix tra ristorante e fast food. Grazie anche al notevole contributo di studiosi catanesi. In Azerbaijan, a Tava Tepe, archeologi catanesi e azeri guidati dal professore etneo Nicola Laneri – docente dell’ateneo etneo – hanno ritrovato un punto di ristoro delle popolazioni nomadi che migravano dal Caucaso (tra il bacino del fiume Kura e le montagne del Caucaso) verso Occidente, circa 3500 anni fa (tra il 1500 e il 750 a.C.). La scoperta è molto importante da molti punti di vista: storico-culturale,  archeologico, antropologico, sociologico. Fa rivivere pezzi di un lontano passato. Ed ha una valenza di attualità, poiché ci mostra ancora una volta come le migrazioni facciano parte integrante della presenza e dell’evoluzione degli esseri umani sul pianeta Terra. Fa emergere anche la straordinaria capacità di bioarchitettura degli antichi, il loro interagire con l’ambiente, con le materie disponibili.

La scoperta

Si tratta di una mensa ritrovata con tutte le stoviglie di ceramica, insieme agli alloggiamenti per i bracieri impiegati per cucinare il cibo, probabilmente utilizzata dalle popolazioni nomadi del Caucaso meridionale. Il team di ricercatori, durante il mese di scavi a Tava Tepe, ha portato alla luce una notevolissima struttura in terra cruda a cerchi concentrici caratterizzata, al centro, da una cucina circolare con otto installazioni. Le tracce di “focatura” alla base degli alloggiamenti suggeriscono la cottura di pietanze all’interno dei numerosi contenitori di ceramica che sono stati ritrovati sparsi lungo il pavimento insieme a ciotole e bicchieri in ceramica brunita nera tipica del periodo, oltre a ciottoli lunghi e piatti che potevano servire per mescolare le pietanze.

Il team del professore Laneri al lavoro sulla mensa ritrovata in Azerbaijan risalente a 3500 anni fa

Gastronomia ed economia

Sempre all’interno della cucina sono stati trovati dei gettoni in argilla – tokens – con impronte digitali che potevano avere la funzione di ricevuta per ottenere la razione di cibo. Un altro forno si trovava nelle vicinanze della cucina principale e poteva essere associato ad altre cotture, ad esempio l’attività della panificazione. Il circolo esterno era segnato da un altissimo numero di resti ossei di animali (bovini, ovini e suini) oltre che dallo scarto di vasellame ceramico che veniva deposto lungo il prospetto esterno del muro. Verosimilmente, il deposito rappresentava i resti dei pasti consumati all’esterno, parte di un consumo condiviso e rituale di pasti tra i membri di comunità nomadiche.

Ciò che emerso dagli scavi in Azebaijan

Una sinergia culturale internazionale

Il risultato della scoperta archeologica è stata effettuata, come accennavamo all’inizio, da un team di archeologi diretto dal professore Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico all’Università di Catania, nel corso di una campagna di scavo condotta grazie al contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del Camnes (Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies) di Firenze e in collaborazione con l’Accademia delle Scienze dell’Azerbaijan.
L’archeologo catanese Laneri è stato direttore del “Hirbemerdon Tepe Archaeological Project” (Turchia), ed è attualmente co-direttore del Ganja Region Kurgan Archaeological Project (Azerbaijan) e del Baghdad Urban Archaeological Project (Iraq). Ha condotto una importante campagna che ha portato alla scoperta dello straordinario sistema di fortificazioni dell’antica città di Tell Muhammad dell’età di Hammurabi (periodo Paleobabilonese), alla periferia di Baghdad. Grazie a queste attività di scavo Laneri si è affermato a livello internazionale con studi su ritualità funerarie e forme di religiosità delle società antiche – anche nell’ambito del progetto PRIN dal titolo Godscapes: Modeling Second Millennium BCE Polytheisms in the Eastern Mediterranean di cui è coordinatore nazionale -, e presto rientrerà nuovamente in Iraq per riprendere lo scavo archeologico del sito di Tell Muhammad.

L’archeologo catanese Nicola Laneri

Un prossimo passaggio culturale significativo sarà la mostra internazionale dal titolo “Da Babilonia a Baghdad: sulle tracce di Hammurabi” che verrà ospitata nei saloni dei Musei dei Saperi e delle Mirabilia sito nel Palazzo centrale dell’Università di Catania, a partire dal 6 dicembre, in collaborazione con la Fondazione Oelle e il Centro Chronoi della Freie Universitat di Berlin, con il coordinamento della professoressa Germana Barone, delegata al Sistema museale d’Ateneo.

La mostra allestita nel “cuore” del capoluogo etneo ripercorrerà lo straordinario periodo del sovrano babilonese che modificò radicalmente la società mesopotamica nell’ambito dell’arte, delle scienze e del modo di concepire la dimensione religiosa, e sarà l’occasione per approfondire le scoperte della missione archeologica dell’Università di Catania nel sito di Tell Muhammad. Il percorso espositivo prevede la presenza di oggetti provenienti dalle collezioni del British Museum, del Pergamon di Berlino e dei Musei Reali di Torino e una riproduzione 1:1 della famosa stele con il Codice di Hammurabi custodita al Museo del Louvre che ne ha concesso la stampa 3D. Una concezione culturale multidisciplinare che permette una comprensione più profonda dell’archeologia, della storia dell’arte, della storia antica. E più in generale una visione filosofica e antropologica della dimensione sociale del nostro passato.

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