Recensioni La piéce teatrale firmata dalla regista italo-francese Antonella Amirante da Zō Centro culture contemporanee a Catania, con Pamela Toscano e Eva Blanchard in scena, affronta la piaga nota alle cronache d'Oltralpe di giovani donne, che in nome di una scelta d'identità, si sottomettono al credo integralista dell'Islam salafista, fatto di sottomissione e subdola violenza. La regista: «Non è uno spettacolo sulla religione»
Dieci chili, è questo il peso dei veli di Charlotte. Sono tutti uguali, neri e lunghi. La fagocitano completamente innescando allo stesso tempo in lei quel processo di mutazione con cui cambierà per sempre la sua pelle: un’adolescente che rinuncerà ai suoi sogni e agli affetti di sempre, in nome di precetti distanti anni luce dalla religione. Per il terzo titolo della stagione 2023-2024 di teatro contemporaneo AltreScene, Zō Centro culture contemporanee di Catania decide di portare sul suo palcoscenico “10 kg”, un’opera di impegno sociale che affronta la piaga tristemente nota alle cronache francesi per cui la dottrina salafita, quella più vicina all’integralismo islamico, riesce a plagiare la mente dei più giovani, soprattutto donne e conducendole a un’esistenza di sottomissione e di subdola violenza.
Il testo scritto dall’artista italiana, lionese d’adozione, Antonella Amirante, che firma anche la regia, prende le mosse da una vicenda accaduta realmente oltrAlpe alla figlia di Lau Nova, sua vicina di casa, e raccontata poi da quest’ultima nel romanzo “Ma chère fille salafiste”, edito da La Boite à Pando. «Sono già venuta a Catania, due anni fa, con un progetto partecipativo legato allo spettacolo, dal titolo “Identité”, – racconta Amirante – ed è stato in quell’occasione che ho conosciuto Pamela (Toscano ndr) e insieme alla quale ho immaginato di realizzarne una messa in scena in italiano». Lo spettacolo, che nasce in Francia nel 2020, vede la collaborazione fra la compagnia italo-francese Cie AnteprimA (fondata dalla stessa Amirante a Lione), Zō e il Teatro delle Briciole di Parma – dove questa edizione in italiano ha debuttato – e la Fondazione Nuovi Mecenati.
Filtrato attraverso lo sguardo attento di una madre coraggio, interpretata da una lucidissima Pamela Toscano, che alla vigilia dell’attentato alla sede del giornale satirico Charlie Hebdo, cerca in tutti i modi di salvare la figlia maggiore dalla radicalizzazione religiosa, “10kg” con forza dà vita ai ricordi di una mamma che con grande sentimento e determinazione tenta di rinvigorire l’immagine ormai sbiadita di un’adolescente, sperduta fra le pieghe del mondo.
È uno scontro fra titani: Occidente e Oriente, islam e ateismo, adolescenza e maturità, parola e corpo che si polverizza nella fragile eppure determinata Charlotte – interpretata da un’intensa Eva Blanchard che fluttuando fra la rabbia e la mancanza di radici viene rimessa al mondo sotto un’altra forma. La scenografia e i costumi di Alex Costantino sono giocati sulla sofficità della materia, tradotta in una grande tappeto-trapunta capace di trasformarsi e dar vita a una realtà dai contrasti cromatici netti, in cui la madre resta per lo più ai margini. A completare il quadro è la dimensione sonora di Nicolas Maisse e le luci di Juliette Besançon che ricreano una bolla asettica in cui si muovono queste due anime.
«Io lavoro moltissimo con gli autori contemporanei – aggiunge la regista – qui però, la difficoltà più grande è stata tentare di ricostruire la volontà di Charlotte, che fra l’altro ha la stessa età di mia figlia. Non abbiamo voluto tradire il suo pensiero, ecco perché abbiamo deciso di utilizzare frasi contenute nelle lettere inviate alla madre e di sviluppare il personaggio per lo più attraverso il movimento». Parole taglienti come lame di rasoio che non fanno naufragare la speranza di una madre, ma assumono una funzione pedagogica per migliaia di ragazzi.
A Catania “10Kg”, prove di dialogo di una madre con la figlia radicalizzata
«Quello che oggi sappiamo di Charlotte è che ha avuto due figli – continua – non abita più in Inghilterra, dove si era trasferita sposandosi, ma in Arabia Saudita e penso fermamente che non farà mai più ritorno a casa mentre Nora, l’altra ragazza che nella storia riesce faticosamente a liberarsi da questa forma di schiavitù, è venuta a Lione a vedere lo spettacolo ed è stato molto emozionante averla in sala, perché nonostante le ferite riportate, è riuscita a riprendere in mano la sua vita».
Sebbene la questione assuma un peso nettamente diverso in Francia, dove due professori sono stati decapitati solo per aver mostrato le vignette di Charlie Hebdo durante un corso sulla libertà di espressione, in Italia diventa certamente l’occasione per far conoscere la delicata questione ai ragazzi delle scuole e sensibilizzarli sul tema. «Ci tengo a sottolineare che questo spettacolo non parla di religione – conclude Amirante – ma di cattiva politica e il fatto che in Italia le ragazze possano indossare il velo in classe mi fa comprendere che indubbiamente qui ci sia maggiore libertà di espressione rispetto alla Francia, dove la situazione è sicuramente più complicata».
Secondo un rapporto del governo francese datato 2015, il numero di giovani francesi che in media hanno 23 anni e si uniscono a gruppi di estremisti islamici è in costante aumento. Questo fenomeno è particolarmente presente nelle banlieue, le periferie dei grandi centri urbani francesi, dove la disoccupazione giovanile è elevata e la discriminazione etnica è ancora molto diffusa. Uno dei fattori principali che spinge le adolescenti francesi ad aderire al fondamentalismo islamico è la ricerca di un senso di appartenenza e di identità, molte di loro infatti provengono da famiglie di origine immigrata e si sentono emarginate dalla società francese. Anche se questo non è il caso di Charlotte, nata in Francia da una famiglia benestante, il fatto di sentirsi accettati e valorizzati, unito all’urgenza di trovare una guida morale dando un senso alla vita, diventano una potente miccia.
Se a questo aggiungiamo il fatto che l’uso di Internet e dei social media ha facilitato la diffusione della propaganda estremista permettendo ai gruppi di fondamentalisti di raggiungere questi ragazzi più facilmente e influenzarli con il loro messaggio – parliamo del 90% stando a un rapporto del Center for the Prevention of Terrorist Radicalization – possiamo realmente comprendere il potente messaggio che può diffondere quest’opera, dalle tinte fortemente sentimentali, ma dalla grande funzione preventiva e di apertura al dialogo.
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