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La centralità di Carmelo Musumarra in tre lettere di Naselli, Pratolini e Saba

Blog Scrivo ancora di Musumarra per dire delle sorprese riservatemi da antiche carte del Maestro, che mi ha trasmesso il figlio Giuseppe. A cominciare dalla lettera donata a Carmelo Musumarra da Carmelina Naselli con una frase vergata di Verga. O l'interesse di Pratolini per lui dopo che gliene parlò Salvatore Battaglia. O la "correzione" di Saba di alcuni versi della sua "Poesia in tre stati" dopo la critica di Musumarra su "La Sicilia"

Ho scritto, in uno dei miei vecchi “Plausi e botte”, di Carmelo Musumarra, del debito di gratitudine mio, e della città, con quello studioso e gentiluomo che insegnò Letteratura italiana nell’ateneo di Catania. Ne scrivo ancora, per dire delle sorprese riservatemi da antiche carte del Maestro, che mi ha trasmesso il figlio, l’amico e collega Giuseppe.

Una vecchia foto di Antonio Di Grado con Carmelo Musumarra

Carmelina Naselli

Sorprese emozionanti; e partiamo dalla prima, che più mi coinvolge. Parlo di una lettera, del 20 gennaio ’69, di Carmelina Naselli, che insegnò nella nostra università Storia delle tradizioni popolari, e che fa dono a Musumarra – «coscienza nobile e diritta, discepolo, collega, amico, collaboratore impareggiabile» – della copia d’un pensiero che Giovanni Verga, nel remoto dicembre 1916, aveva vergato nell’album della giovanissima Naselli.
La dedica verghiana è questa: «Nel libro dei ricordi, come in quello della vita, beato chi sa scrivere la parola giusta». Ma perché questa lettera mi commuove? Perché la Naselli fu maestra, amatissima, di mia madre, che con lei si laureò in Lettere. Tristissima laurea, in tempi di guerra: mio nonno materno era morto pochi giorni prima, in un ospedale al di là della linea gotica, lontano dalla moglie e dai figli che non potevano raggiungerlo; e la discussione di quella tesi avvenne perciò in un profluvio di lacrime, di mia mamma e della cara Naselli.

Giovanni Verga

Ma c’è anche una lettera, del 21 ottobre ’68, di Vasco Pratolini: interessante perché lo scrittore si dimostra molto interessato ai saggi di Musumarra su Verga (e da anni auspico invano che si ripubblichi la fondamentale Vigilia della narrativa verghiana!), ma per me perché Pratolini scrive che il suggerimento gli viene da Salvatore Battaglia, l’illustre filologo e italianista cugino di mia madre e mio primo e più eminente maestro.

Ma la sorpresa più grande me l’ha riservata un pugno di lettere del grande Umberto Saba. Siamo nel 1953: su “La Sicilia” del 17 gennaio Musumarra ha pubblicato una lunga recensione (Leopardismo di Saba) della Poesia in tre stati del triestino, e con la baldanza tipica dei giovani studiosi, ma con il rigore del critico già adulto, si permette fra l’altro di far le bucce al poeta consacrato, contestandogli alcune scelte espressive. Tempestivo, e garbatissimo, il riscontro epistolare da parte del poeta.

Umberto Saba

Eccolo: «Trieste, 4 febbraio 1953. Caro Musumarra, da informazioni che ho prese su di lei, mi risulta che, sebbene ancora un poco “fringuello” (voglio dire giovane) è assistente di Letteratura Italiana all’Università di Catania. Le faccio le mie congratulazioni. Sebbene io non risponda mai (o quasi) a quello che altri scrive sulla mia poesia, ci tengo a dirle che la sua critica alla Poesia in tre stati mi ha aiutato a risolvere, almeno per me, il problema dei ruscelli “tremolanti”. Ho accolto cioè nella terza stesura un suo termine “luccicanti”: i due versi dicono adesso: gli erbosi prati, i tremoli / ruscelli luccicanti. Ho sostituito inoltre la parola “candida” con “provvida”. La candida mano l’avevo presa dal Leopardi “candida ignuda mano”; ma dal Leopardi adulto; e l’aggettivo introduceva davvero nella poesia un elemento estraneo. Dunque la ringrazio».

La lettera prosegue, come prosegue il carteggio, ricco di interessanti puntualizzazioni di Saba sul suo “leopardismo”. Spero di scriverne più dettagliatamente, ma quel che mi preme ora sottolineare è proprio il garbo, la civiltà della “conversazione letteraria” d’antan, oggi in tempo di risse televisive e telematiche impensabile: un grande poeta che non solo accoglie favorevolmente le obiezioni d’un giovane studioso ma ne fa tesoro, s’affretta a correggere e a darne atto all’interlocutore.

Altri tempi, altri uomini.

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