Recensioni Grande successo di pubblico al Teatro Massimo Bellini di Catania per il capolavoro sinfonico del maestro di Busseto, con la superba esecuzione, dedicata alla memoria del Maestro Gianluigi Gelmetti, tenuta dalle due salde compagini dell’Ente lirico catanese, Orchestra e Coro ben assemblati dalla fermezza del tedesco Eckehard Stier, nominato da poco direttore ospite principale del Bellini
Scaturita dall’ammirazione per lo scrittore Alessandro Manzoni, di cui volle commemorare il primo anniversario della morte avvenuta il 22 maggio 1873, la Messa da Requiem per soli, coro e orchestra composta da Giuseppe Verdi ed eseguita a Milano l’anno successivo (nello stesso giorno in cui si spegneva il compatriota), rappresenta un capolavoro sinfonico del maestro di Busseto. Ne abbiamo avuto prova il 13 ed il 14 gennaio al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, come da calendario sinfonico curato dalla direzione artistica di Fabrizio Maria Carminati, con la superba esecuzione tenuta dalle due salde compagini dell’Ente catanese, Orchestra e Coro ben assemblati dalla fermezza del tedesco Eckehard Stier, nominato da poco direttore ospite principale del Bellini.
Svoltosi in memoria del maestro Gianluigi Gelmetti, per diverso tempo direttore principale del Teatro, l’appuntamento sinfonico ha riscosso un enorme tributo di pubblico. Il musicista riprendeva un vecchio progetto di messa collettiva da dedicare a Rossini (l’anno successivo alla sua scomparsa nel 1868), che non potè realizzarsi, da cui riutilizzò il Libera me (in versione modificata), quale sedicesimo brano, conclusivo di un’intera Messa da Requiem, mossa dalla devozione per la figura manzoniana della quale abbracciava gli ideali risorgimentali. L’opera è improntata a stupefacenti solidità costruttiva e armonia melodica, qualità poste in rilievo da un organico orchestrale di alta pregnanza sinfonica, con vari momenti di spiccata individualità, sotto la perentoria bacchetta di Stier che conferiva il giusto vigore.
L‘afflato lirico che pervade l’aura mistica è stato posto in luce da una raffinata compagine corale istruita da Luigi Petrozziello, unitamente a un cast vocale di rilievo, con la corposa levatura del mezzosoprano Alessandra Volpe, di screziata espressività, e del basso Ramaz Chikviladze, dagli accenti stentorei, insieme al soprano Leyla Martinucci e al tenore Samuele Simoncini. Solisti e coro pervenivano ad esiti di toccante bellezza nel “Lacrymosa”, di particolare efficacia contrappuntistica nell’incastonarsi delle voci, tangibile quest’ultima nell’intera opera; e uno strepitoso “Dies irae” si distingueva per la veemenza espressiva dell’orchestra con accenti lapidari di ottoni e percussioni, in simbiosi ad una prorompente coralità, inframezzata da incisive scansioni testuali. Un’opera gigantesca, riletta con impegno filologico dalla grande sensibilità di Stier insieme all’organico del Bellini, affermando ancora una volta il valore imperituro della musica verdiana.
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