Mestieri perduti A 92 anni è uno dei padri della chirurgia vascolare in Sicilia, ma nella sua seconda vita, smessi i guanti da chirurgo, ha scelto di indossare quelli di agricoltore per valorizzare la produzione delle nocciole dei Nebrodi coniugando il rispetto delle tradizioni colturali a nuove opportunità di sviluppo sostenibile, e creando la prima "Filiera corilicola siciliana" che mette insieme i proprietari di piccolissimi appezzamenti di terreno
L’odore intenso dei cavoli forti con salsiccia impregna la cucina dell’agriturismo Pardo, immerso tra gli alberi di nocciole e castagne di Ucria, sui Nebrodi.
«Bastano pochi ingredienti per creare un piatto davvero speciale, e dal sapore unico». Novantadue anni di entusiasmo e di passione, e non sentirli. Matteo Florena si muove con scioltezza e sicurezza tra i fornelli, tanto da dare l’impressione che nella sua lunga vita non abbia fatto altro. Lui, in realtà, è uno dei padri della chirurgia vascolare in Sicilia, l’altro, Sebastiano Bosio, è stato assassinato dalla mafia oltre trent’anni fa.
Già direttore della clinica di angiologia al Policlinico di Palermo, nella sua seconda vita, smessi i guanti da chirurgo, ha scelto di indossare quelli di agricoltore, scendendo in campo con vis da pasionario, per valorizzare la produzione delle nocciole dei Nebrodi ormai in via d’estinzione.
Situato tra i 500 e gli 800 metri di altitudine, a 18 chilometri dalla spiaggia di sabbia finissima di Brolo, e con una vista mozzafiato sulle Eolie che si stagliano all’orizzonte, l’agriturismo Pardo è il laboratorio en plein air di un progetto culturale che coniuga il rispetto delle tradizioni colturali dei territori a nuove opportunità di sviluppo sostenibile, rivolto soprattutto ai giovani costretti ad emigrare per mancanza di lavoro.
«E pensare che fino agli Anni 70 le nucidde rappresentavano il volano dell’economia per le famiglie di alcuni comuni dei Nebrodi – dice Florena scuotendo la testa argentea- , soprattutto tra Ucria, Raccuia, Floresta e Tortorici». Poi la concorrenza dei paesi dell’area del Mediterraneo, il grave problema del cimiciato (tra le prinmcipali cause dell’aborto traumatico dei noccioleti) e l’abbandono delle campagne, sono stati determinanti per la crisi della corilicoltura nebroidea.
Oggi i noccioleti sono il paradiso dei ghiri che, in queste zone, stanno causando un danno enorme alla commercializzazione di quelle che un tempo venivano chiamate “le arance della montagna in Sicilia”.
Matteo Florena, mosso dal suo spirito libero, non ha resistito alla sfida d’imprimere un segnale di rinascita a luoghi che rischiano anche di perdere, con l’estinzione della corilicoltura, la memoria storica e l’identità di popolazioni che da generazioni si tramandavano la coltivazione, la produzione e la raccolta delle nocciole dei Nebrodi.
«Mi sembra di sentire ancora la voce delle donne cha da una vallata all’altra cantavano canzoni d’amore e canti religiosi – racconta Florena in un continuo sciorinare di storie che attinge da memoria e proiezioni future – durante il periodo della raccolta delle nocciole». Cittadino dei Nebrodi, come ama definirsi il “ragazzo evergreen” che nutre un amore sviscerale per questo straordinario unicum di bellezza paesaggistica e naturalistica, Matteo Florena da ben 15 anni è presidente dell’Associazione culturale Nebrodi, in prima fila, fin dal suo esordio, nella promozione in chiave contemporanea del patrimonio corilicolo nebroideo.
«Oggi occorre puntare non soltanto sulla produzione – sottolinea ,- ma anche sulla capacità del produttore di essere anche trasformatore di un’eccellenza dalla caratteristiche uniche».
Ricche di vitamine E e di acido oleico, le nocciole sono ottime, se consumate con moderazione, nella prevenzione di alcune malattie, soprattutto quelle cardiovascolari. Piccole e tonde, dall’aroma unico e dal sapore delicato «le nucidde dei Nebrodi in questi anni hanno trovato un rinnovato utilizzo nella ristorazione – prosegue Florena – ed in particolare nell’arte dolciaria, sempre più attenta a privilegiare le materie prime che siano espressione dell’unicità di un territorio. Ed è proprio questo cambiamento, insospettabile fino a qualche decennio fa, che ci fa sperare che la coltivazione delle nocciole sui Nebrodi possa avere un futuro. E anche nel campo della cosmesi si sono aperte nuove prospettive d’impiego».
La Sicilia, con i suoi circa 14mila ettari di noccioleti di cui l’80% concentrata sui Nebrodi, è la seconda regione corilicola del Mezzogiorno d’Italia. Secondo i dati Istat, nel 2018 la raccolta delle nocciole nell’Isola si è attestata a soli 91.720 quintali, contro una produzione stimata di oltre 131.900 quintali che, sul piano economico, equivalgono a circa 50milioni di euro. Numeri che impietosamente fotografano la realtà drammatica di intere aree, afflitte da una parte dal costante e sempre in crescita spopolamento, e dall’altra, dal sempre più alto rischio di dissesto idrogeologico. L’associazione culturale Nebrodi, in questi anni è stata pioniera di alcune importanti iniziative tese al riconoscimento, anche sul piano politico regionale, dell’importanza di questo patrimonio colturale, da custodire e da valorizzare anche sul piano economico. E’ nata così la “Filiera corilicola siciliana” che rappresenta la prima occasione di sperimentazione di forme di aggregazione ed organizzazione dei vari segmenti produttivi ed imprenditoriali di settore, finalizzate alla promozione di una filiera agroalimentare siciliana.
«Un successo!» dice Matteo Florena senza nascondere tutte le difficoltà incontrate negli anni «Si tratta di un primo step, ma bisogna considerate che prima c’era il nulla!».
Un percorso ad ostacoli superato con tenacia e fatica, ma alimentato da una visione di grande respiro che ha saputo “cucire” insieme, come fossero un unico mosaico, i proprietari di piccolissimi appezzamenti di terreno che, proprio perchè piccoli, fanno da baluardo alla difesa dell’ambiente.
«In accordo con le Università di Palermo e Catania -contnua Florena – abbiamo messo in campo anche una strategia integrata in grado di contrastare la presenza delle popolazioni di ghiro nei corileti nebroidei, liberando alcuni allocchi dei Centri di recupero della fauna selvatica di Messina e Ficuzza. Il tentativo è quello di ricostituire degli ecosistemi naturali che permettano una coesistenza armonica tra territorio naturale e agricoltura». Matteo Florena parlerebbe per ore, e sempre in modo appassionato, di questo mondo che conosce fin da quando era un bambino e a cui si è voluto dedicare. Il suo primo obiettivo è stato ricostruire l’antica casa di famiglia voluta da nonno Pietro, risalente alla fine dell’800, poi trasformata, con un’attenta cura dei dettagli e nel pieno rispetto dell’impianto architettonico in pietra, l’agriturismo Pardo. Un’ oasi di relax nel cuore dei Nebrodi, punto di partenza per le escursioni alla scoperta delle vallate e delle cascate che costellano il paesaggio nebroideo, o anche meta ideale per dedicarsi alla pesca della trota o del salmone nel vicino torrente di Sinagra.
All’agriturismo Pardo capita spesso di trovare Matteo intento a cucinare per i suoi ospiti: «Fu proprio mio nonno Pietro a trasmettermi l’amore per la cucina – dice continuando a gesticolare con quelle lunghe e agili dita da chirurgo – e restano indimenticabili le sue insalate di peperoncini».
In un continuo andirivieni tra Ucria e Sant’Agata di Militello – dove produce l’olio extravergine d’oliva a Villa Gaglio, in uno dei frantoi più antichi della Sicilia – e Palermo, Matteo Florena ha trovato il suo elisir di giovinezza. «Nella vita è necessario mettere entusiasmo in tutto – aggiunge sorridendo – anche nel fare una frittata. Ai giovani dico sempre che il segreto è quello di scegliere ciò che ci appassiona, e di seguirlo fino in fondo».
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