Libri e Fumetti Con "Quel che so di lei - Donne prigioniere di amori straordinari", l'attrice si affida ad una scrittura sofferta per raccontare il femminicidio, avvenuto nel 1911, di Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, vittima dell'amante Vincenzo Paternò. Vicenda vista con "l'ausilio" delle esperienze di donne, alcune vere come Oriana Fallaci, alcune di fantasia, come la Lupa verghiana, tutte segnate da amori "straordinari"
Un viaggio nella storia della letteratura, del teatro. Un viaggio intriso di filosofia, di psicologia ed antropologia. Un vero e proprio itinerario nell’animo umano, nelle pieghe più intime del mondo interiore, nelle contraddizioni dell’esistenza e dell’esserci. Il libro di Monica Guerritore, “Quel che so di lei” – Donne prigioniere di amori straordinari (edito da Longanesi), è un romanzo e nel contempo un saggio, è il racconto di una storia – quella di Giulia Trigona – che al suo interno ne contiene diverse altre. Una storia vera riletta con l’intelligenza sensibile e l’acutezza psicologica di un’artista-attrice, di una scrittrice, di una donna che sa sondare i meandri delle personalità umane, del conscio e dell’inconscio.
Un libro ben scritto che fluisce intersecando diversi piani di narrazione, ma il cui filo rosso d’indagine cultural-esistenziale è sempre chiaro. Attraverso il racconto principale vengono narrate “donne prigioniere di amori straordinari”, fra letteratura, teatro e cinema.
Monica Guerritore attinge ai suoi ricordi di attrice: “Cominciavo a vedere la Lupa con gli occhi della mente. Mi si presentava con le mani affusolate e le unghie arcuate, diafana, lo sguardo e gli occhi cupi. La Lupa la vedevo evanescente, alta alta, magrissima, una creatura demoniaca, sorta di Nosferatu con un buco trasparente al posto del petto, un cerchio vuoto che non si riempiva mai. E la Lupa vuole Nanni Lasca. E’ lui il cibo di gnà Pina (…)”. Ed ancora più avanti, Guerritore scrive: “Mi è accaduto, in qualche istante del film che abbiamo girato sulla Lupa, durante quelle bellissime settimane in Sicilia, nella terra di Verga, tra Palazzolo Acreide e Vizzini, di aver volato incorporea, a braccetto con la gnà Pina, quella della mente. E’ successo verso la fine delle riprese. Piano piano il trucco è diventato meno presente; il sudore e l’aria rovente avevano temprato la mia pelle; i capelli si aggrovigliavano naturalmente, ricci e scomposti ma pieni di vita”.
Torniamo alla storia principale. Guerritore fa rivivere la drammatica vicenda di Giulia Trigona, una zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che venne trovata morta il 2 marzo 1911 in un piccolo albergo vicino alla stazione Termini. Fu uccisa dal suo amante, al quale aveva concesso un ultimo appuntamento. Un “femminicidio feroce”, una vicenda che nelle sue linee essenziali la si rivede purtroppo in diverse vicende di cronaca degli ultimi anni, degli ultimi lustri. Scrive Guerritore: “Le donne abbassano le difese, non guardano con i mille occhi dei lupi, credono nell’amore come lo vedono gli occhi dei bambini e tentano la via nuova con lo stesso sguardo e lo stesso cuore di ieri. Ma vengono uccise da uomini che ne spezzano il volo, uomini senza strumenti davanti a una donna che cambia”.
Cosa cerca Giulia, abituata nel lusso, in quella cameretta d’albergo? Perché si trova lì, dove sarà uccisa. Quale illusione la muove? L’autrice ricostruisce la vita di Giulia, dall’iniziale fase felice con suo marito Romualdo, il conte di Trigona, al tradimento subito, alla consapevolezza che il sogno dell’esistenza perfetta si era sciolto come neve al sole. La sorella di Giulia al processo racconterà: “Mi diceva che si sentiva sola, sbandata”. Guerritore con delicatezza narra le diverse fasi che porteranno Giulia ad una morte crudele, racconta gioia e sofferenze, passione e fine cruenta. Ed intermezza questo itinerario con finale da noir, con narrazioni-apparizioni o dovremmo ancor meglio dire ritratti ed interpretazioni di figure quali Emma Bovary, la Lupa, Oriana Fallaci, Carmen, la Signorina Giulia.
Figure letterarie e donne esistite realmente. In realtà in ognuno dei personaggi fatti rivivere vi è un percorso femminile di solitudine, desiderio e perdizione. Grandi personaggi femminili che Monica Guerritore ha interpretato nella sua carriera. I rimandi fra una storia e l’altra, ognuno con una sua dimensione autonoma, creano un gioco di specchi, e diventano metafore dell’esistenza femminile, e più in generale della vita medesima.
La tensione narrativa maggiore emerge dalla storia di Giulia Trigona. La storia fra Giulia e Vincenzo Paternò esplode sul piano sentimentale e sensuale, con passione erotica. Sono i momenti in cui Giulia torna alla vita, si libera della noia del rapporto con suo marito, che è distante da lei, non la guarda con amore.
Giulia si incontra furtivamente con Vincenzo Paternò, in pensioncine di quart’ordine. “Sorride nel vedere lo squallore di quell’ambiente. Vincenzo le si accosta e la bacia dietro la nuca. Con un fazzoletto le asciuga il sudore dal collo, e poi un po’ più giù all’inizio della scollatura, tra i seni (…). Il sesso è quello che vuole. Il corpo, l’amore carnale che vada a riempire fisicamente un vuoto interiore, una sete che non si placa mai”.
Ma chi è Vincenzo Paternò, l’innamorato che si trasforma in assassino? “Ha la bellezza sfrontata del vanesio e il cinismo del cafone. Fatale sarà per lui l’incapacità di contenersi. Non ha alcuna educazione al controllo ed è preda dei propri istinti. Quando conosce Giulia, lei è debole, sfocata. Fragile”.
Durante la sua deposizione al processo, Ignazio Florio dirà: “Paternò era un giovane sfrontato e vanitoso. Mellifluo. Non aveva carattere, solo arroganza. Giulia Trigona ne era rimasta affascinata ma alla fine cercò di liberarsi da quel legame… Per via della continua richiesta di soldi che lui le faceva. Lei era impossibilitata a entrare in possesso della sua parte di patrimonio ma lui non le credeva, era geloso del marito, era diventato pressante, insistente e volgare. E Giulia si allontanò. Partì per Roma. Voleva essere libera. Era guarita. O almeno così pensavamo”.
Giulia scrive una lettera che verrà ritrovata tra le sue carte, una lettera in cui coglie la trasformazione avvenuta in Vincenzo. Ma la lettera, l’intero libro con le altre storie, il finale, è tutto da leggere…
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