Blog Quando era sindaco di Misterbianco nel suo ufficio un cartoncino recava impressi i versi di Ungaretti: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Il poeta pensava ai soldati in trincea minacciati dalla morte. Il sindaco forse pensava alla precarietà del potere ma mai avrebbe pensato che il comune da lui retto sarebbe stato sciolto per mafia. Fu vera mafia? O quello scioglimento prefettizio fu addirittura "Crimine di stato", come Di Guardo intitola un suo libro indignato, appena pubblicato?
Nella stanza del sindaco di Misterbianco, Nino Di Guardo, c’era un cartoncino che recava impressi i versi di Ungaretti: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Come le foglie: pronte a staccarsi, a dileguarsi. Ungaretti, scrivendo in trincea, pensava ai suoi soldati, minacciati dalla morte. Non so a cosa pensasse il sindaco di un comune come Misterbianco, all’avanguardia in Sicilia quanto a realizzazioni e qualità della vita, se non alla precarietà del potere, alla sua natura effimera che è garanzia di democrazia, antidoto al dispotismo.
Ma certo Nino Di Guardo non immaginava, citando Ungaretti, lui che contro la mafia aveva lottato fin da un remoto scioglimento del Comune per mafia datato 1991, lui che sull’onda di quelle lotte aveva laboriosamente guidato un Comune risorto lungo più legislature, che anche il “suo” Comune sarebbe stato sciolto a causa di presunte infiltrazioni mafiose, il 26 settembre 2019. E che quelle foglie si sarebbero tristemente staccate dal ramo.
Parentesi necessaria: di questioni giuridiche e amministrative me ne intendo quanto Giufà s’intendeva di filosofia teoretica o di fisica quantistica. Di fronte alle “porte della Legge” sto come il contadino del racconto di Kafka: ignaro, perplesso, sgomento. Ma di uomini ho la presunzione d’intendermi: e Nino Di Guardo è uomo – avrebbe detto Sciascia – “di tenace concetto”, giusto e determinato, temprato alla scuola di rettitudine morale del vecchio PCI, quando in Italia c’era ancora una sinistra di retto intendere e di salde radici popolari. E ai successi, alle conquiste civili della città da lui amministrata ho assistito, in questi anni, da spettatore ammirato.
Fu vera mafia? O quello scioglimento prefettizio fu addirittura Crimine di stato, come Di Guardo intitola un suo libro indignato e documentato, appena pubblicato, e prefato e avvalorato da un altro ex sindaco, il valoroso giurista ripostese Carmelo D’Urso? Ed era mafia quella per cui fu sciolto, anni fa, il Comune di Racalmuto, patria di Leonardo Sciascia? Su quella vicenda un altro libro (Il sistema Montante, edito da Bonfirraro) l’ha scritto il sindaco d’allora, Salvatore Petrotto, che conosco altrettanto per aver collaborato con lui da direttore della Fondazione intitolata al grande scrittore racalmutese. In quel libro Petrotto afferma che lo scioglimento del suo Comune fu un’operazione politica orchestrata dal sistema di potere che, coagulatosi intorno all’allora encomiatissimo biciclettaro, aveva invaso e inquinato settori dello stato, dell’informazione e di una sedicente antimafia.
Un dato accomuna i casi Petrotto e Di Guardo: entrambi quei sindaci avevano lottato contro il sistema delle discariche e le sue possibili diramazioni malavitose. Coincidenza? A rispondere non sarò certo io, che mi occupo tutt’al più delle fantasticherie di qualche candido poeta.
Commenti
Egregio professore, continui pure a occuparsi delle fantasticherie di qualche candido poeta.
Egregio anonimo, lei continui pure ad ignorare la realtà del mondo in cui viviamo….. e buona fortuna!