Libri e Fumetti Protagonista delle due storie di "Gelo" - "Io sono Gelo" e "Rivoli di sangue tra le dita" -, il nuovo romanzo noir dello scrittore nisseno che torna ai Gialli Mondadori, è Angelo Duncan, un uomo dalla natura ibrida. Commissario di polizia nell’entroterra siciliano, convivono in lui l’impulso che lo spinge a ottenere giustizia e quello, inconfessabile, che gli impone di fare giustizia. Giancarlo De Cataldo nella prefazione: "Un eroe classico in continua trasformazione»
Il romanzo comincia con l’elenco dei personaggi ed il loro ruolo, interpreti di se stessi in un doppio ruolo che l’autore ha consegnato sin dall’inizio. Parliamo di “Gelo”, il nuovo romanzo noir del nisseno Roberto Mistretta che torna ai Gialli Mondadori, da sempre la casa nobile delle crime stories italiane. Protagonista delle due storie di “Gelo” – “Io sono Gelo” e“Rivoli di sangue tra le dita” – è Angelo Duncan, di padre americano e madre sicula, un uomo dalla natura ibrida. Ma la sua duplice identità non è solo una questione di origini. Commissario di polizia a Manfreda, una cittadina dell’entroterra siciliano, convivono in lui l’impulso insopprimibile che lo spinge a ottenere giustizia per le vittime e quello inconfessabile, celato nelle profondità del suo animo, che gli impone di fare giustizia. Angelo, tuttavia, ancora non lo sa. Soprannominato dai giornalisti “Mastino” Duncan, ama spedire dietro le sbarre i delinquenti, e lo gratificano i pubblici onori che riceve con la sua squadra in questa incessante lotta al crimine.
Quando l’ispettore capo, Emilio Tabone detto “Bimbo”, lo raggiunge a casa mentre è in congedo, lo convoca per un’emergenza: una giovane donna, Annalisa Ferrante, è stata sgozzata senza alcuna pietà. La casa della vittima è ben curata, segno di una personalità ordinata e riservata, ma dalle indagini emerge presto un dettaglio inquietante: la notte dell’omicidio una vicina ha sentito una musica angosciante provenire dall’appartamento di Annalisa, simile a quella di un violino. Inoltre, una strana cordicella è stata ritrovata legata attorno al collo della donna uccisa, forse una corda di budello animale usata per gli strumenti musicali. Annalisa, 32 anni, cresciuta dalle suore, sembrerebbe aver sempre condotto una vita semplice e senza legami significativi, ma uomo misterioso è stato visto in giro con lei di recente.
Roberto Mistretta: «Un solo titolo, due romanzi, un nuovo personaggio, Gelo Duncan, madre siciliana e padre americano, e una location suggestiva, Manfreda, cittadina di provincia dell’entroterra siciliano. Mastino Duncan, come è stato soprannominato dalla stampa, e la sua squadra di segugi finiscono spesso in prima pagina, coperti di gloria e onore. Almeno sino a quando non compare il primo serial killer dell’isola, Budello Insanguinato, un assassino all’apparenza impossibile da catturare, che sfida direttamente il commissario e lascia dietro di sé le note di una inquietante ballata e messaggi criptici. Nel secondo romanzo la sfida è stata consumata e ritroviamo il commissario che si è rinchiuso in un luogo lontano da tutti, per espiare le colpe di cui si sente responsabile. Ma il mondo che ha lasciato fuori ha ancora bisogno di lui. Ha bisogno di Gelo. E ne ha bisogno soprattutto un suo amico, incastrato in un piano diabolico. L’unico amico che gli è stato vicino, a modo suo, negli anni di prigionia volontaria e folle».
Le due anime di Gelo Duncan
«Ogni personaggio nei romanzi nasce due volte – scrive Mistretta nell’introduzione -: la prima si intreccia coi fili della narrazione e della finzione, che ne determina le origini e perfino il segno zodiacale; la seconda è quella vera, che nasce e si sviluppa nella mente di chi lo ha ideato, con varie giravolte e capovolgimenti. Gelo Duncan non fa eccezione. Nasce come Angelo in Sicilia da padre americano e madre sicula, motivo per cui è portatore di una duplice identità, evidente anche nel nome di battesimo, che indossa fieramente, come una medaglia sul petto. Ma nella mia mente nasce innanzitutto come una sfida a me stesso.
Lo scrittore e drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt, nel suo romanzo “La promessa” del 1958 (da cui nel 2001 è stato tratto anche un celebre film diretto da Sean Penn con, tra i protagonisti, Jack Nicholson, Benicio Del Toro e altri), fa dire al dottor H. che il romanzo giallo contiene al suo interno un inganno spudorato, che lo rende furioso: la scena del delitto assomiglia a un quadro disegnato seguendo la logica in cui, una volta che il detective vi si applichi, si riuscirà senza problemi a venire a capo del mistero. “Ma alla realtà si accede soltanto in parte con la logica” dice il dottor H., per poi aggiungere: “molto spesso solo la fortuna e il caso intervengono in nostro favore. O in nostro sfavore. Invece nei vostri romanzi il caso non interviene mai”. «Insomma, il romanzo giallo, ci dice Dürrenmatt, – prosegue Mistretta nella sua analisi – ha la presunzione di far credere che, se si segue la logica e si è bravi nel vecchio esercizio della deduzione tramandatoci dal primo investigatore della letteratura gialla, il parigino Auguste Dupin nato dalla penna di Edgar Allan Poe, e poi dal più celebre di tutti, il londinese Sherlock Holmes, ogni investigatore potrà risolvere qualunque delitto o rompicapo si trovi davanti. “Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità” è una delle frasi tipiche del personaggio icona del romanzo poliziesco inventato da Arthur Conan Doyle». Queste le parole di Dürrenmatt: “Tutto accade come in una partita a scacchi, qui il delinquente, là la vittima, qui il complice, e laggiù il profittatore, basta che il detective conosca le regole e giochi la partita, ed ecco acciuffato il criminale, aiutata la vittoria della giustizia. Questa finzione mi manda in bestia. Con la logica ci si accosta soltanto parzialmente alla verità”.
Un noir che sovverte le regole
Ancora Mistretta: «Ma, nella realtà, non è proprio così: il caso, la fortuna, la sfortuna o chi per loro battono la logica, la aggirano con facilità, la seminano senza guardarsi indietro. Facendo mia la lezione di Dürrenmatt, che ha mantenuto fede al sottotitolo scelto per la sua opera, “Un requiem per il romanzo giallo”, ho voluto creare un noir che sovvertisse ancor di più le regole del genere: e difatti, non a caso, il finale si dipana già dalle prime righe. E proprio il caso gioca in questa storia più di un ruolo e a ben poco varranno le pure tenaci indagini dettate dalla logica e dall’esperienza degli investigatori. Nessun personaggio poteva abbinarsi meglio a questo gioco di capovolgimenti se non Angelo Duncan: uomo dalla natura ibrida e doppia, diviso com’è tra l’assolata Sicilia e i ghiacciai dell’America. Un commissario che ama dare la caccia ai malviventi, e al quale nulla dà più soddisfazione che mettere dietro le sbarre chi delinque. L’abnegazione con cui si dedica al suo dovere è direttamente proporzionale alla gratificazione che avverte ogni volta che lui, “Mastino” Duncan, come è stato soprannominato dai giornalisti, e la sua squadra di segugi finiscono in prima pagina, coperti di gloria e onore.
Sposato da poco, Gelo Duncan ama profondamente sua moglie Nora ma essere un uomo tutto casa e famiglia non fa per lui. E il tempo da dedicare a Nora, che sta per renderlo padre, diventa ancora meno quando sulla scena di Manfreda, la piccola cittadina di provincia dell’entroterra siciliano in cui Angelo è nato e cresciuto, compare il primo serial killer dell’isola, un assassino abile e all’apparenza impossibile da catturare, Budello Insanguinato, che con indovinelli ermetici continua a sfidare direttamente il commissario, a farlo sbattere contro un durissimo muro fatto di realtà. Mistretta: «Quando Duncan riuscirà a carpire il segreto dei suoi enigmi che da tempo rincorre, sarà troppo tardi: sarà già diventato Gelo. E l’unico percorso che si aprirà davanti a lui sarà fatto di rimpianti ed espiazione».
Giancarlo De Cataldo: Gelo un eroe classico in continua trasformazione
«Non è un caso che Roberto Mistretta piaccia ai tedeschi, che lo stimano e considerano alla stregua di nomi indubbiamente più acclamati e popolari di quella costellazione di scrittori che si usa definire, con una formula di sintesi tanto felice quanto sostanzialmente inesatta, “noir italiano” – scrive nella prefazione l’ex magistrato, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo Giancarlo De Cataldo -. Non è un caso perché è notorio che ai tedeschi, che hanno imposto al mondo i Derrick e i Köster, eroi duri e oscuri di una strada sempre più dominata da una criminalità feroce sino al parossismo, piacciono i sapori forti. E Roberto Mistretta, del quale si propongono ora le ultime (ma c’è ragione di credere: ultime solo in ordine temporale!) avventure del commissario Gelo Duncan, è uno che nei sapori forti si trova perfettamente a suo agio.
Questo Gelo Duncan, all’anagrafe Angelo, mezzo siculo e mezzo americano, dove “Gelo” sta per una contrazione del nome ma anche per l’attribuzione di una qualità personale di freddezza venata di eticità, è, per come Mistretta ce lo racconta, un eroe da un lato classico, da un altro lato in costante trasformazione. Classico è, di Gelo Duncan, il suo riferirsi costante a modelli in qualche misura canonici dell’investigatore puro. È il “cavaliere senza macchia e senza paura” della tradizione chandleriana. E veste la divisa, secondo una diversa, più recente tradizione, tutta nostrana, questa, che identifica nel tutore dell’ordine quel principio di ricomposizione sociale della ferita inferta dal crimine che, altrove, è affidata alla figura, decisamente poco italiana, dell’investigatore privato. Classica è pure l’insofferenza di Duncan per le regole: come molti suoi compagni della carta stampata, e molti di noi nella vita quotidiana, questo sbirro di frontiera sa bene che le regole, specie quelle stupide, a volte assurde, della burocrazia sono lì apposta per essere violate. E classica è, infine, quell’equazione Bene-Innocenza che lo porta a empatizzare con le vittime senza nessuna concessione a quella fascinazione del Male che pure serpeggia in modo sempre più prepotente nella recente narrativa di genere».
«Ma, si diceva, Gelo Duncan è anche un eroe in trasformazione – prosegue De Cataldo -. Per quanto immune, verrebbe da dire per “statuto narrativo”, dalla seduzione del Male, pure Gelo Duncan, una volta nella sua vita, è stato preda di quegli stessi impulsi che per tutta l’esistenza ha combattuto. E infatti, nel primo libro che trovate in questa raccolta, Io sono Gelo, incapace di rassegnarsi al fallimento professionale e umano culminato nella mancata individuazione del serial killer che ha ucciso sua moglie e sua figlia, Gelo si trasforma in giustiziere. Ma nel farsi giustiziere di là dalla legge non c’è solo la violazione delle regole, non c’è solo la prevalenza della vendetta sulla giustizia. C’è il più grave peccato d’orgoglio che un uomo possa commettere: quello di vestire i panni della divinità e di sostituirsi non solo e non tanto ai giudici in toga, ma a quel Giudice Supremo nel cui potere assoluto e incontrattabile l’autore ripone l’estrema risorsa del genere umano.
Non si può capire, e apprezzare, Mistretta se si prescinde dal suo côté di credente con punte di acceso misticismo: Gelo Duncan è “Gelo” e non solo Angelo anche, e soprattutto, perché è un (An)gelo caduto. Piuttosto che preda del Male, egli è vittima, dunque, del Maligno. Ha commesso una trasgressione che il suo creatore (letterario) non può perdonargli. E infatti il secondo romanzo della serie, Rivoli di sangue tra le dita, si apre con un protagonista in assoluto isolamento. Quasi un rottame umano che vive circondato da alte mura, dedito all’alcol e al pensiero “rimuginativo”, del tutto separato dalla comunità dei viventi, morti ai suoi occhi non meno dell’adorata famiglia perduta per sempre, non meno di quei corpi che giacciono accanto a quello del loro assassino. Una situazione forte, e forse senza via d’uscita, non fosse che là fuori, dove il Male continua a imperversare, piccoli uomini meno dotati di qualità rispetto a Gelo Duncan, ma forse anche meno ammalati di autocommiserazione, si dannano l’anima giorno dopo giorno per continuare quella battaglia che Duncan ha abbandonato. Piccoli uomini che hanno bisogno di lui, dell’(an)gelo caduto. E ai quali, con ostinazione, l’(an)gelo continua a opporre il rifiuto del silenzio».
L’autore
Roberto Mistretta, laureato in Giornalismo, vive e lavora a Mussomeli, nel Nisseno, la Villabosco letteraria dei suoi romanzi. Ha curato l’inchiesta sul Giallo siciliano, pubblicata a puntate sul quotidiano “La Sicilia”, con interviste, tra gli altri, a Santo Piazzese, Gaetano Savatteri, Domenico Cacopardo, Andrea Camilleri. Si è aggiudicato l’edizione 2019 del premio Tedeschi con La profezia degli incappucciati, un’indagine del maresciallo Bonanno nel mondo delle confraternite.
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