Blog Sociologia, filosofia, musica, religione e arte trionfano nella settimana da leggere. Non manca però il divertimento raffinato di Mel Brooks (La nave di Teseo), il ritorno ad un libro musicale di Leonardo Lodato con un epistolario a 4 mani con Viola Nocenzi, e la traduzione di Clarissa Goenawan,, operata dall'etnea Viola Di Grado, pubblicata da Carbonio Editore.
Apriamo la settimana da leggere tornando al 25 novembre, giorno di uscita degli outsider Clarissa Goenawan, pubblicata da Carbonio, tradotto dalla siciliana Viola di Grado e “Pensiero Viola” di Leonardo Lodato e Viola Nocenzi, già negli store on line e in arrivo in libreria a ridosso del 2 dicembre per i tipi di Compagni Nuova Indye. Piero Capelli, Paolo Naso e Letizia Pellegrini affrontano il tema della violenza nella tradizione ebraico-cristiana, per EDB. Sempre per l’editore cattolico troveremo Kurt Appel, Giuliano Zanchi, Susan A. Ross, Castellucci, e Mariangela Antifora. La sociologia di Émile Durkheim per Marietti 1820, che propone pure Simone Weil e John Gardner, quest’ultimo con “Il mestiere dello scrittore“, è libro copertina. La meraviglia differenziata de La nave di Teseo ci regala il libro contro copertina di Mel Brooks, “Tutto su di me” e i nuovi di Vittorio Sgarbi e enrico ghezzi.
Buona lettura e buona scelta!
I libri outsider usciti il 25 novembre
Clarissa Goenawan, Rainbirds, Carbonio Editore
“In Australia li chiamano ‘rainbirds’, uccelli della pioggia. Si pensa che cantino prima delle tempeste, ha a che fare con il loro modello di migrazione. […] Non importa quanto lontano si spingano, torneranno sempre a casa”. Il romanzo è stato tradotto dalla scrittrice sicula Viola Di Grado.
Primi di giugno 1994. Ci mette un po’ a morire Keiko Ishida – 33 anni, stimata professoressa di inglese dalla vita irreprensibile. Sono le undici e mezzo di notte e sta per scoppiare un temporale, la donna subisce una violenta aggressione in strada e muore dissanguata più di un’ora dopo. Resta così, sul ciglio del marciapiede di Akakawa – cittadina giapponese, il cui nome, guarda caso può significare sia “Acqua rossa” sia “Fiume rosso” –, mentre infuria la stagione delle piogge.
A ritirare l’urna con le sue ceneri arriva dalla natia e non così distante Tokyo suo fratello. Ren Ishida non vedeva la sorella da sette anni, ma riceveva una sua telefonata ogni settimana.
Quando Keiko viveva a casa, i due erano molto uniti condividendo una tetra situazione familiare: i genitori non si sopportavano, così che il padre faceva in modo di andare spesso fuori città per lavoro e la madre trascorreva il tempo con gli amici a giocare a mahjong o a cantare al karaoke. Di fatto Keiko, maggiore di Ren di undici anni, era stata il punto di riferimento del ragazzo, provvedendo ai suoi pasti, seguendolo nei compiti, diventando un modello nella scelta della formazione universitaria. Entrambi avevano studiato Letteratura inglese e americana a Keio, ateneo tokyota tra i più prestigiosi del Paese. Subito dopo la laurea, però, da un giorno all’altro, Keiko era andata via senza una spiegazione per Ren, che a sua volta non era mai riuscito a reclamarla tanto era stato lo sconcerto del distacco.
Ren decide di restare per qualche tempo ad Akakawa avviando, quasi senza accorgersene, una sua personale indagine per capire le ragioni dell’assassinio della sorella ma soprattutto chi fosse stata davvero Keiko Ishida.
Mentre riallaccia il filo perduto dei propri ricordi, le sue vicissitudini finiscono per intrecciarsi con quelle di chi incontra: la reticente signora Katsuragi che gestisce l’hotel omonimo, il gelido politico Kosugi Katou, la bellissima cleptomane diciassettenne Rio Nakajima, fumatrice incallita di sigarette Seven Stars, e il suo compassato padre.
Ren imparerà che le risposte sono ovunque, tra le note di brani jazz, in un servizio da tè dipinto a mano, nel profumo del riso al curry, in stanze troppo ordinate, nelle tende mosse dal vento, nei pesci rossi in un acquario, in uno stormo di uccelli in volo, nella linea delle mani o negli sguardi distolti, nei codini di una bambina – vera o immaginata? – dal grembiule blu, nella luce di una pozzanghera: ogni dettaglio schiude un mondo di significati nuovi e inattesi.
Prendendo il posto di Keiko nella scuola dove insegnava e nella casa spettrale dove accudiva una donna catatonica ammutolita da un dolore insostenibile, Ren arriva gradualmente alla verità, e scopre anche se stesso, trovando un nuovo equilibrio tra il ragazzo che è stato e l’uomo che vuole diventare e acquisendo la consapevolezza che il passato non ritorna ma, tuttavia, bisogna continuare a vivere.
Rainbirds è un thriller dei sentimenti sapientemente costruito dove a un montaggio molto dinamico – che interseca piano reale a piano onirico, flashback a visioni alterate del passato – fa da contraltare l’immobilismo soltanto apparente dei personaggi, avviluppati in nodi psicologici che faticano a sciogliersi. L’autrice mantiene la tensione regalando al contempo tutta la leggiadria e la sottigliezza dell’emozionalità giapponese: la persistente stupefazione, il pudore, la tenerezza dell’amore di qualsiasi tipo, il romanticismo manifesto, l’erotismo trattenuto, l’ineffabilità della perdita. Su tutto ciò svetta l’antica saggezza nipponica dello shikata ga nai: il lasciare andare ciò che è stato davanti alle avversità, l’arrendersi all’evidenza su cui non si può intervenire per potersi riconciliare con quel che sarà.
Sulla scia del maestro della letteratura giapponese Haruki Murakami, Clarissa Goenawan firma uno splendido romanzo d’esordio soave e ombroso, intenso e rarefatto, capace di scavare nella parte più profonda dell’anima e di cantare la nostalgia.
L’autrice
Clarissa Goenawan è nata nel 1988 a Surabaya in Indonesia, ma è naturalizzata cittadina malesiana e vive a Singapore.
Rainbirds, il suo felice debutto letterario, ha vinto il Bath Novel Award 2015, è entrato nelle classifiche dei migliori libri segnalati da testate come “The Huffigton Post” e “amNY”. Della stessa autrice, Carbonio pubblicherà prossimamente anche Il mondo perfetto di Miwako Sumid.
Leonardo Lodato, Viola Nocenzi, Pensiero Viola, Compagnia Nuova Indye
Un epistolario dei tempi moderni. Questa l’idea di Leonardo Lodato per raccontare Viola Nocenzi. Cantante, pianista, compositrice, figlia (e nipote) d’arte, suo padre è Vittorio Nocenzi, suo zio Gianni Nocenzi, fondatori del Banco del Mutuo Soccorso. Ma Viola è soprattutto una donna che, influenzata dal suo nome, vive una vita in tutte le sfumature del colore Viola. Abituata fin da piccola a girovagare per i backstage del Banco, ha da poco debuttato nel mondo della discografia con un album intitolato semplicemente “Viola Nocenzi”, come si usava una volta. Un sound molto personale che strizza l’occhio al prog-rock ma che si spinge avanti, raccontando la storia di una ragazza come tante altre, con una grande voglia di farsi ascoltare e di affermare le proprie ragioni esistenziali. Leonardo Lodato la stimola attraverso lettere che la invitano a “confessarsi”, a “scoprirsi” e a lasciarsi scoprire dal lettore in un turbinio di ricordi e sensazioni, di esperienze vissute a fianco della famiglia ma anche attraverso gli incontri con Franco Battiato, Alda Merini, Lucio Dalla e tanti altri grandi personaggi del mondo dell’arte e della cultura.
All’interno del volume, anche una lunga playlist, compilata da Viola Nocenzi e Leonardo Lodato, che aiutano ad entrare ancor più in profondità nello spartito di ”Pensiero Viola”.
Ne firma la prefazione, uno dei più prestigiosi nomi del Teatro italiano: Pamela Villoresi.
Le uscite di martedì 30 novembre
Mariangela Antifora, Sorelle d’acqua. Nausicaa, Rebecca e Miriam, EDB
In principio era l’acqua. Quella di un fiume che sfocia nel mare, quella di un pozzo a cui ci si disseta dopo un lungo viaggio. L’acqua è da sempre legata alla simbolica del femminile, alla nascita. L’acqua evoca vita ed è lo sfondo naturale su cui si stagliano due donne e due tradizioni culturali: l’ebraismo di Rebecca, matriarca biblica che illumina le origini di una storia millenaria, e la grecità di Nausicaa, ideata dal genio di colui che noi chiamiamo Omero e che inaugura la letteratura occidentale. Seguendo il leitmotiv dell’acqua, poco dopo ha bussato, discreta, alla porta dell’immaginazione una terza protagonista, Miriam, sorella di Mosè, imponendo al percorso narrativo una circolarità che riconduce ancora al contesto biblico. Le protagoniste di questo libro sono giovani donne, cresciute in uno spazio circoscritto, eppure sanno per istinto aprirsi al nuovo e all’inedito. Audaci nel non sottrarsi a un incontro, capaci di gesti che costruiscono storia, libere da pregiudizi, ognuna a suo modo, hanno qualcosa da dire al nostro presente spesso conflittuale, alle nostre anime appesantite, alle nostre menti ripiegate.
Mariangela Antifora, laureata in Lettere classiche, è docente di italiano e latino al Liceo scientifico Majorana di Torino. Tra le sue pubblicazioni: Le ragioni delle donne (Il Capitello 1996), Racconti arabi (Il Capitello 1998) e Credere all’amore (Elledici 2015).
Erio Castellucci, «E cominciarono a far festa». Commento ai Vangeli festivi. Anno C, EDB
Luca, la cui narrazione accompagna la comunità cristiana nelle liturgie eucaristiche dell’anno C, è definito da Dante Alighieri «Scriba mansuetudinis Christi» per la sua cura nell’esprimere la misericordia del Signore. Il terzo evangelista illustra la realizzazione del programma iniziale che Gesù aveva annunciato nella sinagoga di Nazareth, quando applicò a sé il profeta Isaia, dicendo che lo Spirito lo aveva inviato a curare i poveri, i prigionieri, i ciechi e gli oppressi. Un Dio che, nella persona di Gesù, apre il suo cuore al perdono e alla salvezza; un Dio che è capace di organizzare una festa per il ritorno del figlio ribelle pentito, di autoinvitarsi nelle case dei peccatori sfidando i benpensanti, di fissare il proprio sguardo sanante sull’apostolo che lo ha appena rinnegato, negando di conoscerlo. Scritto verso l’80 d.C., attingendo da Marco e da una fonte comune anche a Matteo, Luca, è il Vangelo più raffinato dal punto di vista letterario e dal punto di vista introspettivo. È il Vangelo che più di tutti mette in luce l’azione dello Spirito in Gesù, a partire dall’Annunciazione fino all’Ascensione.
Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, è vice presidente della CEI. Ha insegnato Teologia sistematica alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, della quale è stato anche preside. È Presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi. Con EDB ha pubblicato di recente La tua Parola mi fa vivere (2017) , Il sale e la luce (2018), Lettera di un vescovo a don Milani (2019), La cera di Ulisse e la cetra di Orfeo (2020) e i commenti ai Vangeli festivi: «Con timore e gioia grande» (2019) e «In ogni cosa rendete grazie» (2020).
2 dicembre: libro contro copertina è “Tutto su di me!” di Mel Brooks , La nave di Teseo
L’attesa è finita. Per la prima volta Mel Brooks racconta la sua folgorante carriera: la storia di un ragazzo cresciuto a Brooklyn, dove usava i pochi risparmi per andare al cinema il sabato mattina, e destinato a incantare, commuovere ma soprattutto far ridere il pubblico di tutto il mondo. «L’ultima volta che ho letto un libro così potente e intenso era la Bibbia. E questo è molto più divertente» – Mel Brooks.
Sotto le armi nella Seconda Guerra mondiale o durante i primi lavoretti da adolescente, il giovane Mel raccoglie aneddoti, personaggi, situazioni alla ricerca della battuta perfetta. Dopo l’esordio in tv, inizia a collaborare con alcuni tra i più grandi autori brillanti di sempre: Woody Allen, Carl Reiner, Neil Simon, Larry Gelbart. Un laboratorio di dissacrante comicità che ispira i suoi successi al cinema e a Broadway, con titoli diventati classici imperdibili come Per favore, non toccate le vecchiette, Frankenstein Junior, La pazza storia del mondo, Balle spaziali, Robin Hood – Un uomo in calzamaglia. Mel Brooks svela il dietro le quinte di una carriera leggendaria, ripercorre i successi e le delusioni, le amicizie a Hollywood, le collaborazioni con Sid Caesar, Gene Wilder, Madeleine Kahn, Alfred Hitchcock, e l’incontro con il grande amore della sua vita, l’attrice Anne Bancroft. Un’autobiografia, arricchita da decine di fotografie inedite, che scorre al ritmo di una commedia di Mel Brooks – divertente, corrosiva, piena di sorprese – per raccontare il film della vita di un inarrivabile showman.
Libro copertina: John Gardner, Il mestiere dello scrittore, Marietti 1820
Non si tratta né di imparare l’ispirazione, né di insegnare l’arte e neppure di scegliere tra i corsi di scrittura e i corsi di lettura. In uno stile diretto, Gardner affronta i problemi del mestiere di scrittore e non quelli del talento, le nevrosi quotidiane e non quelle del genio. Con esempi, citazioni e suggerimenti affronta i problemi pratici della scrittura: la resa degli effetti, la necessità di revisioni, la punteggiatura, l’interazione necessaria con la figura dell’editor. Gardner si assume il rischio di incoraggiare i giovani scrittori, ma con una riserva, che dà ironica misura della sua coscienza del problema e che consiste nel non dare a per scontato che lo scrittore non debba imparare anche le regole fondamentali dell’ortografia. John Gardner (1933 -1982), medievista e scrittore, ha dedicato molti anni all’insegnamento e alla riflessione sulla pratica del narrare. Figura popolare e controversa, è morto a soli 49 anni in un incidente motociclistico.
Le altre uscite del 2 dicembre
Vittorio Sgarbi, Raffaello. Un dio Mortale, La nave di Teseo
Dopo il grande successo di Leonardo. Il genio dell’imperfezione, Vittorio Sgarbi dedica questo volume a un altro dei grandi maestri italiani dell’arte, analizzando celebri opere come La Scuola di Atene e gli affreschi della stanza della Segnatura in Vaticano, lo Sposalizio della Vergine, l’Autoritratto, la Madonna del Cardellino, il Ritratto di Giulio II. Seguendo il racconto di Giorgio Vasari, Vittorio Sgarbi compone il suo racconto di Raffaello, dal commovente rapporto con il padre e la madre, al magistero di Pietro Perugino, dagli affreschi delle Stanze Vaticane fino al torbido amore per la Fornarina che destabilizzò la sua calma olimpica. E ogni volta Vittorio Sgarbi percorre la fitta rete di legami con i pittori del suo tempo: l’ammirazione per Leonardo, il rapporto contrastato con Michelangelo, l’amicizia con Bramante. Un ritratto dell’uomo e dell’artista che porterà il pittore nel cuore della storia dell’arte.
Enrico ghezzi, L’acquario di quello che manca, La nave di Teseo
Giovedì 2 dicembre, l’autore presenta il suo libro in presenza al Torino Film Festival, con Antonio Gnoli, Aura Ghezzi, Elisabetta Sgarbi e Stefano Francia di Celle (cinema Greenwich 3, ore 17). Un libro necessario per comprendere e conoscere una delle menti più geniali della nostra epoca, curato da Aura Ghezzi e Alberto Pezzotta e introdotto da un testo di Elisabetta Sgarbi, una raccolta di testi editi e inediti che raccontano la visione del mondo e dell’arte di enrico ghezzi.
L’acquario di quello che manca è un libro che assomiglia profondamente al suo autore, è lo specchio di enrico ghezzi. A partire dai primi articoli scritti alla fine degli anni sessanta fino agli ultimi lavori, il volume raccoglie interviste, lectio magistralis, rubriche giornalistiche, idee per spot pubblicitari, scritti d’occasione.
Non solo scritti già editi, ma anche documenti inediti, insospettabili, forse: poesie, riflessioni, ricordi personali, episodi familiari, lettere private ad amici e compagni. Vi si trovano curiosi aneddoti sui retroscena che hanno accompagnato e caratterizzato le scelte artistiche alla base di Blob, come anche di altre invenzioni.
In questa congerie di materiali non c’è nulla di casuale, tuttavia. L’acquario di quello che manca è un labirinto in cui è bello perdersi e trovarsi. Un ritratto di più di cinquanta anni di cultura, televisione e cinema, ma anche un viaggio in una delle menti più geniali dei nostri tempi.
Simone Weil, I Catari e la civiltà mediterranea. Seguito da Chanson de la croisade albigeoise, Marietti 1820
Nei saggi raccolti in questo libro, Simone Weil dà ragione di una profonda continuità tra le grandi civiltà mediterranee dell’antichità e il Rinascimento romanico e indica nella crociata albigese una svolta decisiva per la storia dell’Occidente, le cui conseguenze estreme ella poté misurare personalmente negli orrori della seconda guerra mondiale. Il volume è completato dalla sua traduzione e commento di passi della Chanson de la croisade albigeoise, che offrono un’immagine idealizzata della terra d’Oc, la “patria del linguaggio”, luogo per eccellenza del racconto cavalleresco, nel momento stesso in cui sta per inabissarsi.
Simone Weil (1909-1943), scrittrice e filosofa francese di famiglia ebraica, abbandonò l’insegnamento di Filosofia nei licei per vivere direttamente la vita di fabbrica. Allo scoppio della guerra civile spagnola intervenne sin dall’inizio a fianco del Fronte popolare e, al rientro in Francia, maturò una crisi religiosa che la avvicinò al cristianesimo. Emigrata con la famiglia negli Stati Uniti e poi in Inghilterra, militò a fianco delle autorità in esilio della Resistenza francese.
Gli appunti di Mauss ci informano sul modo in cui Durkheim insegnava Filosofia, ma anche sul suo modo di pensare la società e sulle sue principali preoccupazioni nell’ultimo decennio del XIX secolo, compreso il desiderio di dotare la nascente disciplina sociologica di un lignaggio teorico e filosofico riconoscibile.
“Rileggendo questi appunti – scrive Jean-François Bert nell’introduzione – è possibile udire il timbro della voce di Durkheim, in particolare nelle ultime frasi del corso, in cui egli tenta di presentare Hobbes come un precursore della sociologia”.
Émile Durkheim (1858 – 1917), tra i fondatori della Sociologia, insegnò all’Università di Bordeaux e, dal 1902, alla Sorbona. Diresse l’Année sociologique dal 1896 al 1912 e si interessò attivamente ai programmi per l’istruzione pubblica. In polemica con le correnti marxiste e utopiste, fu fautore di una concezione corporativa del socialismo.
Susan A. Ross, La Bellezza può salvare il mondo? L’estetica teologica in tempi bui, EDB
La bellezza conta nelle nostre vite, non c’è dubbio. Ma questo significa che l’estetica, in particolare l’estetica musicale, ha qualcosa di essenziale da offrire alla riflessione teologica ed etica? Secondo Susan Ross sarebbe sbagliato pensare altrimenti. Servendosi di esempi tratti dall’opera (Dead Man Walking), dagli Spiritual, dal Rap e dall’Hip Hop, ma anche dalla «musica» prodotta dal mondo animale, in particolare dagli insetti, la teologa statunitense spiega in maniera semplice come questi esempi artistici variegati aiutino le persone a sviluppare una maggiore empatia verso chi si trova ai margini della società, una protesta e una resistenza contro la sofferenza ingiusta e una forma di solidarietà con tutto il creato.
Anche se la bellezza da sola non salverà il mondo, un’azione priva di cura per la bellezza e le arti ci condurrà a un futuro impoverito, incapace di includere la profonda spiritualità che si annida nel cuore della vita.
Susan Ross insegna Teologia alla Loyola University di Chicago. Negli anni 2006-2008 è stata Direttrice del Gannon Center for Women and Leadership della stessa università. È stata presidente della Catholic Theological Society of America ed è vicepresidente e membro del Comitato editoriale della rivista Concilium. Nel 1999 ha conseguito il Premio per il Libro dell’anno della College Theology Society e nel 2001 il Premio Ann O’Hara Graff della Catholic Theological Society of America. È autrice, tra l’altro, di For the Beauty of the Earth: Women, Sacramentality and Justice (Paulist 2006) e di Anthropology: Seeking Light and Beauty (Liturgical Press 2012).
Giuliano Zanchi, La Giustizia più grande. Sul Discorso della montagna, EDB
Il Discorso della montagna ci parla di una giustizia più grande. Essa in ultima istanza riguarda Dio, poiché solo Dio è veramente giusto. Questa giustizia più grande però non viene presentata come una cosa diversa e altra rispetto alla piccola giustizia delle cose quotidiane. Al contrario, la sollecita e la permette. Alimenta il senso di quella giustizia di cui va in cerca l’esistenza personale di ciascuno di noi. Bisogna partire da qui per comprendere il Discorso della montagna. Quello della «giustizia» è anzitutto un bisogno che appartiene in profondità al desiderio che anima la nostra vita. Ogni gesto, ogni decisione, ogni parola sono animati, seppure quasi sempre in modo implicito, dal bisogno di sentirsi «giusti». Assumere la mitezza, la misericordia, la pace, la tenacia e la povertà come forma della vita e verità delle sue affezioni non significa solo mostrare il profilo della giustizia più grande che anima il regno di Dio, ma realizzarne la sostanza già in questo tempo, come segno della sua credibilità.
Giuliano Zanchi, prete a Bergamo dal 1993, è direttore della Rivista del Clero Italiano e direttore scientifico della Fondazione Adriano Bernareggi di Bergamo. Licenziato in Teologia fondamentale alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, si occupa di temi ai confini tra estetica e teologia. Con EDB ha pubblicato Le migrazioni del cuore. Variazioni di un’immagine tra devozione e street art (2017) e Un amore inquieto. Potere delle immagini e storia cristiana (2020). È membro del comitato di redazione della rivista Arte Sacra.
Kurt Appel, Quando il cielo si squarcia. Il Corano come Evangelo per i cristiani, EDB
In questo manifesto teologico si pone la questione di cosa significhi che dopo il cristianesimo si affermi una religione – l’Islam – con la pretesa di rivelazione che si riferisce a Gesù e al cristianesimo. C‘è una rivelazione di Dio nel Corano e possono i cristiani riconoscere un evangelo in esso? Cosa significa quando cristiani e musulmani parlano insieme in nome di Dio, come nel caso di papa Francesco e del Grande Sceicco della Moschea Al Aksa Al Tantawi? Il libro solleva inoltre due questioni: se i cristiani e i musulmani devono considerare le loro fedi l’una alla luce dell’altra e cosa comporterebbe per un‘interpretazione della rivelazione cristiana la considerazione del Corano come una rivelazione voluta da Dio.
Kurt Appel è professore ordinario di Teologia fondamentale e di Filosofia della religione all’Università di Vienna e direttore del Centro di ricerca interdisciplinare «Religion and Transformation in Contemporary Society». È stato professore ospite all’Università di Denver (USA), all’Università di Trento, alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale (Milano), all’Università dei Valdesi (Roma) e alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna. Tra i suoi scritti tradotti in italiano: Apprezzare la morte. Cristianesimo e nuovo umanesimo (EDB 2015); Tempo e Dio. Aperture contemporanee a partire da Hegel e Schelling (Queriniana 2018).
Piero Capelli – Paolo Naso – Letizia Pellegrini, Violenza e nonviolenza nella tradizione ebraico-cristiana, EDB
Non è mai comodo ammettere che le religioni si siano rivelate assai più spesso mezzi per giustificare guerre e conflitti di ogni tipo che spazi di pace e di concordia. Ed è la loro pretesa di possedere la Verità, intesa come unica, universale, assoluta, che spesso ha originato situazioni di violenza sia all’esterno sia all’interno delle Chiese e delle comunità. Del resto, le religioni non sono costruzioni sacre e infallibili ma sistemi sociali, che hanno origine da progetti umani e tutto da guadagnare da un auspicato contesto di laicità positiva, per addizione. È la politica, piuttosto, a essere chiamata a fare la sua parte, proprio mentre sembra aver smarrito tanto gli antichi slanci ideali quanto i necessari disegni generali, nel garantire l’ordine, la giustizia, la convivenza sociale, la pace.
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