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Sal Costa: «Se vuoi lottare contro la mafia, devi cambiare l’intero sistema»

Libri e Fumetti Tra mafia e personaggi della Catania anni '80 torna in libreria lo scrittore etneo con "L'istinto del lupo", noir con fondo storico, terzo titolo per la milanese Morellini. Il romanzo si svolge nel 1982 e 1983, gli anni dell’ascesa di Totò Riina nel Palermitano e di Nitto Santapaola nel Catanese. Costa: «Da quando sono nato sento parlare di mafia. L'hanno combattuta in tanti ma è sempre là. Come mai? Pare non chiederselo nessuno!». Il 23 novembre presentazione a Catania

Con “L’istinto del lupo” (Morellini editore, pp. 312, € 19,00), dal 10 novembre in tutte le librerie fisiche e negli store digitali, ci appropinquiamo a nuova fatica letteraria dello scrittore catanese Sal Costa il quale con l’editore milanese è giunto alla sua terza pubblicazione (escludendo l’antologia “Sicilia d’autore” curata da Gabriella Kuruvilla), i cui precedenti sono “Come ammazzare il tempo quando sei morto” e “Savarà“. Non è autore che non lascia il segno Salvatore “Sal” Costa: con i suoi monologhi teatrali, nell’interpretazione di poesia, come autore di racconti dalla veste editoriale inedita (vedi la collana enologico-letterara “Librottiglia”) e dai tempi del suo “Un Du’e tre” ad oggi, strada ne ha fatta tantissima.

L’hard boiled in salsa catanese di Sal Costa: «Cinico e ironico come Monicelli e Andrea Pazienza»

Non vi è uno dei suoi libri che possa definirsi capolavoro perché tutti lo sono e ogni volta l’autore etneo stupisce e cavalca l’onda dell’interesse di critica e pubblico. Ha stupito, sempre Sal Costa: dalla riflessione religiosa che lo spinse allo studio storico dove approfondì la sparizione nella Bibbia di Gesù per 17 anni (“Il mercante di Dio“, edito da Bonfirraro), all’hard boiled, al giallo cristallino sino ai ritorni, proprio come adesso con questo meraviglioso nuovo testo dove non le manda a dire certamente su anni devastanti che spaziano dalla mafia e, sembra un paradosso, a chi iniziò a lasciarci a causa dell’uso delle droghe pesanti. Meglio non dilungarsi e incontrandolo nella sua Catania abbiamo capito che non c’era da soffermarsi su ghirigori inutili.

Sal Costa, foto di Enrico Guarrera

Sal Costa, vogliamo parlarne di questo nuovo romanzo?
«Eh sì, parliamone».

L’istinto del lupo” è il tuo terzo romanzo pubblicato dalla casa editrice milanese indipendente Morellini, dopo “Come ammazzare il tempo quando sei morto” del 2020, e “Saravà” del 2022. Cosa lega un editore milanese a uno scrittore siciliano?
«Bisognerebbe chiederlo a lui. Da parte mia, posso dire che a Mauro Morellini mi lega una profonda stima, un senso di amicizia e una comunità di intenti: quella di divulgare con la massima resa le storie che racconto. Storie che, indubbiamente, devono piacergli parecchio, perché, lo sai, un editore ci investe sui romanzi che pubblica, e a nessuno piace gettare via i soldi. Mi auguro di ripagarlo vendendo parecchio, vincendo premi, tutte cose che fanno piacere a un editore, oltre che saziare il mio ego».

L’istinto del lupo” potrebbe essere un ritorno al noir?
«Sì, alterno sempre romanzi storici e noir. O meglio, a ben guardare, i miei noir sono romanzi storici anch’essi: storia contemporanea, diciamo. I miei roir hanno sempre una forte connotazione storica, un’attenta ricostruzione degli anni in cui si svolgono i fatti, cercano di darne lettura, entrano nel modo di essere della gente in quegli anni, sentono del loro sentire. Nessuno storico perde mai tempo coi sentimenti. Racconta i fatti, con precisione chirurgica, e poi sta al lettore tirare le conclusioni. Lo scrittore si insinua in quel cono d’ombra, ti dà il polso di quel che la gente avverte, come vive quel determinato passaggio storico che per lei è cronaca, vita d’ogni giorno. Perciò, non si tratta di scoprire il colpevole di tale o tal altro misfatto. Vista dalla parte del lettore, si tratta di seguire una storia, lasciarsi conquistare dai personaggi, dalla voce narrante, dalle immagini, suoni, odori, colori che evoca, dai ricordi che stimola in chi quei tempi li ha vissuti. Chi non li ha vissuti ci trova cose, a volte, sorprendenti. Il romanzo si svolge in due anni: il 1982 e il 1983. Può essere una sorpresa, per un ragazzo di vent’anni, o anche trenta, sapere che a quell’epoca si entrava in banca come oggi si entra in un bar o in una salumeria: niente metal detector, niente porte che si aprono e chiudono, niente gabbiotti per la sorveglianza. Ovvio che per un rapinatore era una pacchia. Entrava libero, tirava fuori il mitra, o la pistola, o la lupara a canne mozze, ed era fatta. Certo, occorreva del professionismo, e i catanesi erano i più esperti rapinatori di banche d’Italia, con una tradizione che parte dagli anni ’50 del 900».

Sal Costa

A questo punto, non ti puoi esimere dal raccontarci un po’ la trama del romanzo. Per quel che si può, ovvio, senza svelarne il finale, parliamo di un noir, dicevi…
«Certo. “L’istinto del lupo” si svolge, come accennavo, nel 1982 e 1983, gli anni dell’ascesa al potere mafioso di Totò Riina nel palermitano, e di Nitto Santapaola nel catanese. Anni di guerre di mafia per il controllo della maggior fonte di soldi mai vista: l’eroina. Nitto Santapaola mette su raffinerie di eroina in Sicilia per decuplicarne gli introiti. Per quello si allea indissolubilmente con Riina. Ci vuole molta potenza per portare avanti il busines. E Riina ha potenza e appoggi a tutti i livelli. Il romanzo si apre con l’uccisione, a Palermo, del generale Della Chiesa. A compiere il misfatto sono uomini mandati da Catania, da Santapaola. Uno di essi è il protagonista del romanzo, Agatino Cutispoti, detto Tinuzzu beddu, rapinatore di banche, un padre in carcere da sempre, per sempre, e una madre, Nenzi, che ha un piccolo commercio di sigarette di contrabbando ai Cappuccini, nel quartiere di San Cristoforo. Amico inseparabile e sodale di Agatino, è Liborio, anche lui coinvolto nell’omicidio di Della Chiesa. Non sono ragazzi di squadra, soldati di Nitto, ma sono maledettamente in gamba, per quello Nitto Santapaola gli affida il delicatissimo incarico. Nitto conosce Agatino da quand’è nato, è il suo padrino di Comunione e Cresima, gli vuole bene. È per affetto e riconoscenza (data la brillante riuscita dell’operazione Della Chiesa) che gli affida la messa in opera della prima raffineria di eroina a Termini Imerese. Agatino e Liborio sono due spiriti liberi e, soprattutto a Liborio, non va molto a genio occuparsi di eroina, della quale non sa, al pari di Agatino, niente. Si trovano invischiati in un traffico che vede intrecciarsi interessi di mafia, servizi segreti italiani e turchi e apparati dello Stato. Troppo per due liberi battitori. Scoppia una guerra di mafia per il controllo dell’eroina: i Cursoti di Santapaola contro tutti. Anche Riina, a Palermo, ha i suoi cazzi. Nello svolgersi di questa guerra, Agatino e Liborio commettono una leggerezza, fanno uno sgarbo a Riina. Santapaola è costretto, per placarlo, a uccidere Liborio, e manda Agatino a nascondersi in un posto affollato e lontano: Londra. Agatino a Londra saprà farsi strada. E qui mi fermo, se non ti dispiace».

Leggi “Revolver”, il blog letterario di Sal Costa su SicilyMag.it

C’è vita su Marte!

Be’, veramente un po’ mi dispiace, però faccio questo mestiere da tanti anni e so che la prima regola è: non spoilerare. Puoi dirmi qualcosa in più sul protagonista, Agatino?
«
Senza disturbare la trama, posso dirti che per me un personaggio come Agatino è una novità. Vengo e mi spiego: nei miei romanzi ho sempre narrato di poveri picari, gente travolta dal destino che al destino risponde come può, come sa. Agatino, come quasi tutti i personaggi del romanzo, è pragmatico, sa benissimo dove vuole arrivare e si muove di conseguenza. È determinato. Sempre. Determinazione e velocità. È convinto che il segreto del successo stia tutto lì. E forse ha ragione. Se studi i profili dei boss di Cosa Nostra e non solo, ti accorgi che si sono fatti largo perché erano sempre i primi a sparare, anche quando non occorreva. Così, perché fosse chiaro a prescindere chi era il più pericoloso. Nella vecchiaia, magari, si danno arie da vecchio saggio, ma in gioventù, quello che li ha distinti è stato efferatezza e determinazione».

A Catania presso la sala della Libreria Prampolini ancora in fasce, alla presentazione di "Sicilia d'Autore". A sinistra si riconosce il compianto Gianluca Vittorio; accanto a Sal Cista l'editore Mauro Morellini

Catania, libreria Prampolini in ristrutturazione, presentazione di “Sicilia d’Autore”. A sinistra il compianto Gianluca Vittorio. Accanto a Sal Costa l’editore Mauro Morellini

A tal proposito, Nitto Santapaola è uno dei personaggi del tuo romanzo. Hai sbattuto, per così dire, il mostro in prima pagina.
«
Esattamente. Solo che il mostro non è esattamente un mostro. È solo uno bravo nel suo mestiere. In fondo, come dice Don Winsow, l’unica differenza fra un boss e un ricco uomo d’affari è la laurea. Quando dai del mostro a qualcuno, hai già abdicato».

In che senso?
«
Nel senso che hai rinunciato a risolvere davvero il problema, ad approfondire la vera conoscenza del problema».

L'autore a teatro

Sal Costa interprete da Zo Centro culture contemporanee a Catania

Parliamo di mafia?
«
Esatto. Di mafia. Non sono più un ragazzo, e da quando sono nato ne sento parlare. L’ho vista crescere, diventare grande. Si sono avvicendati a combatterla poliziotti, sindacalisti, magistrati, giornalisti, politici. Lei è sempre là. Non so, la domanda giusta da farsi sarebbe: come mai? E invece pare non chiederselo nessuno. Perché l’antimafia, per come è concepita adesso, è solo ipocrisia. Se davvero vuoi lottare contro la mafia, devi cambiare l’intero sistema che la contiene. Quanti siamo fra Catania e hinterland? Mezzo milione? Ebbene, almeno centomila persone vivono in maniera più o meno diretta coi soldi che fa circolare la mafia. Ma è pensata così, capisci? L’intero sistema è pensato così. Ce n’è per molti, ma non per tutti. D’accordo ma fra i molti e i tutti c’è un sacco di gente: che fa, la buttiamo? Capisci? L’intero sistema è un motore a diesel, e il gas di scarico è la mafia. Quindi, se proprio lo vuoi ‘sto benedetto motore a diesel, ti becchi pure la mafia. Se vuoi davvero cambiare le cose, devi sovvertire l’intero sistema che la contiene. Se no, te la fai piacere, e se sei fortunato, puoi fare finta che non esista. E tutto ciò scorre fra le righe del mio romanzo. Diciamo, uno sguardo disincantato, forse un po’ cinico, ma estremamente realista sulla questione».

L'autore sempre in prima linea per i diritti dei meno fortunati si districa tra teatro, poesia, narrativa e ricerca storica

L’autore sempre in prima linea per i diritti dei meno fortunati si districa tra teatro, poesia, narrativa e ricerca storica

Il protagonista del romanzo, Agatino, ha pressappoco la tua età. Negli anni ’80 avevate una ventina d’anni. Quanto c’è di autobiografico in questo romanzo?
«
Parecchio. Molti dei personaggi di contorno li ho personalmente conosciuti. Ho conosciuto Maurizio, di Maurizio e Franco, i dottori del sangeli, ho conosciuto tre diversi rapinatori di banca, uno dei quali mi ha raccontato con dovizia di particolari della mitica rapina in banca a Venezia con le mountain bike, Antonella ‘a pazza è mia cugina ed è vero tutto quel che racconto di lei, compreso l’articolo uscito sull’Espresso sera. Su mia cugina Antonella potrei scrivere un intero romanzo. E non è detto che non lo faccia prima o poi. Con lei rubammo la moto ape ad un gelataio. Lei aveva nove anni, io sette. Sono cose che rimangono. A Hounslow Central, a Londra, ho avuto casa, anche se bazzicavo in pianta stabile a Camden Town. Il Morris del romanzo era un mio amico. E anche il famoso chitarrista pop. Veniva sempre a Camden a comprare la roba, era strafatto e indossava una pelliccia di visone bianco lurida. Frequentavo con una certa assiduità anche il Bumble Bee, nel West End, e insieme al mio amico Franky comprammo una Cadillac Coupé de Ville. Era abbastanza grande per dormirci anche in quattro quando la notte uscivamo sfatti dalle feste e ci scocciava arrivare fino in culo al mondo, a Hounslow. Carmelo, Orazio, Cina, Pomidoro e Dario sono stati miei grandi amici. Qualcuno è morto giovane, pace, gli altri li ho persi di vista. Erano davvero latitanti a Londra e si procacciavano da vivere rapinando i neri, quelli grossi e cattivi, pieni di collane e bracciali d’oro, e furono davvero catturati dalla Polizia a causa di una rissa con gli skinhead. Questo romanzo è un omaggio a loro e a tutti gli sbandati che ho avuto il privilegio di conoscere e che mi hanno onorato della loro amicizia».

 

Autore per Librottiglia

Sal Costa autore per Librottiglia

Presentazione editoriale a Catania

“L’istinto del lupo” sarà presentato il 23 novembre, alle 18, alla Libreria Cavallotto di viale Jonio a Catania. Con l’autore dialogherà Graziella Proto, attivita anti-mafia e storica giornalista del mensile “I siciliani” di Pippo Fava.



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