Libri e Fumetti Ha trovato una vena felice il giornalista e scrittore palermitano nel presentarci le indagini del poliziotto più famoso degli Stati Uniti d’America, che nella seconda metà dell’Ottocento fu un autentico pioniere nella lotta al crimine organizzato. "Joe Petrosino e il caso del fratello scomparso" (Todaro Editore) è un romanzo che cattura con una trama gialla complessa, e, al contempo, fa conoscere la vita degli immigrati che cercavano fortuna imbarcandosi per "Lamerica"
Ha trovato una vena felice il giornalista e scrittore palermitano Salvo Toscano nel presentarci le indagini del poliziotto più famoso degli Stati Uniti d’America, quel Joe Petrosino che nella seconda metà dell’Ottocento fu un autentico pioniere nella lotta al crimine organizzato. Basti dire che le sue tecniche di investigazione all’avanguardia per quei tempi, compresi i travestimenti a cui faceva ricorso e che lo rendevano irriconoscibile anche negli ambienti dove pur era ben noto, ne fecero presto il più temibile avversario della Mano Nera, la feroce organizzazione segreta di New York con ramificazioni anche in Sicilia. Collo tozzo e braccia nerborute, bombetta sulla testa e scarpe dalle suole rialzate per sembrare più alto, all’anagrafe Giuseppe Petrosino, nacque nel 1860 in provincia di Salerno, a Padula, e sarà assassinato da Cosa Nostra in Piazza Marina a Palermo con tre colpi di pistola il 12 marzo 1909.
Il padre, sarto, emigrò con la famiglia a New York nel 1873. Giuseppe divenne presto Joe, crebbe a Little Italy, imparò l’inglese, divenne cittadino statunitense e cominciò a lavorare nella pubblica amministrazione, come netturbino. A New York i netturbini erano alle dipendenze del Dipartimento di Polizia, e Joe, che parlava perfettamente l’inglese ed era pronto e sveglio, venne arruolato dapprima come informatore. In quegli anni il governo si trovava nella necessità di fronteggiare l’emigrazione di massa degli italiani e i poliziotti, per lo più irlandesi, non riuscivano a capire gli italiani che si esprimevano in dialetto.
Nel 1883, a ventitré anni, Joe venne quindi arruolato come poliziotto, si distinse per acume e tenacia e ben presto venne nominato sergente-detective e in seguito diventerà tenente. A lui si deve la costituzione della Italian Squad e la risoluzione di alcuni casi clamorosi, il più celebre fu il cosiddetto delitto del barile.
Fin qui la storia reale, su cui si innesta nei romanzi la mano felice del narratore che dopo aver dedicato un primo romanzo proprio al caso del delitto del barile, torna adesso ai lettori con “Joe Petrosino e il caso del fratello scomparso” (Todaro Editore).
Nei capitoli iniziali prendiamo confidenza con la squadra dei detective italiani che affianca Petrosino: Maurice Bonnoil, Peter Dondero, Hugh Cassidy, Rocco Cavone, John Francis Archiopoli e Paul Simonetti. Con loro viviamo il contesto socio economico di New York nel 1905 che Salvo Toscano è abile a ricostruire e a far toccare con mano al lettore.
Gli italiani sono chiamati in modo dispregiativo, dagoes, e non di rado anche Petrosino viene indicato con tale epiteto, dago. Nelle prime pagine di questo nuovo romanzo gli uomini dell’Italian Squad sono impegnati come sempre a fronteggiare vari crimini, interfacciandosi con la variegata umanità che farà grande l’America col proprio lavoro, e tra un’indagine mirata a decifrare degli strani incidenti nei cantieri di Little Italy dove si allunga l’ombra della Mano Nera e un travestimento, viene rinvenuto in un parco cittadino il cadavere di un italo-americano assassinato a coltellate.
Da queste premesse prende l’abbrivio questo nuovo giallo d’autore che offre il pretesto a Salvo Toscano, scrittore di esperienza, di intingere nel calamaio della proprio fantasia per affiancare delitti immaginari alle storie vere e drammatiche degli immigrati in America all’inizio del secolo scorso, rendendo vivida finanche la loro parlata gergale e le sfumature dei vari dialetti, frutto di un lavoro di ricerca certosino che rende il romanzo godibilissimo e credibile.
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