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Sapori antichi e vicoli medievali, i tesori di Mussomeli “terra manfridae” dove il tempo rallenta

Itinerari Inerpicandosi verso i monti Sicani, si arriva al paese nisseno reso magico e fiabesco dal suo inespugnabile castello, titano di pietra costruito da Manfredi III di Chiaramonte su un avamposto arabo, nel cuore palpitante della Sicilia rurale dove lo spazio si dilata e il tempo rallenta. Ideale visitarlo in questa stagione per godere di pietanze che sanno di tradizione agro-pastorale, perdersi tra i vicoli e suggestioni che affondano le radici nel Medioevo

Resa magica e fiabesca dal suo inespugnabile castello,  la montana Mussomeli s’aggruppa al monte San Vito nel cuore palpitante della Sicilia rurale dove lo spazio si dilata e il tempo rallenta. Ideale visitarla in questa stagione per godere appieno di pietanze che sanno di tradizione agro-pastorale, perdersi tra i vicoli e lasciarsi rapire da suggestioni che affondano le radici nel medioevo.

Inerpicandosi verso i monti Sicani, dopo essersi riempito gli occhi della natura imperiosa che ammanta le terre delle solfare, già granaio di Sicilia, o trapunta i calanchi bagnati dal Platani e dal Salito, per il turista curioso che voglia conoscere la Mussomeli del tempo che fu, la prima sosta d’obbligo è il Belvedere. Da quella piazzola, caratterizzata dall’ottocentesca cappella della Madonna del Riparo, lo sguardo abbraccia  la “Terravecchia” del centro storico, con la chiesa madre che svetta come vela al vento, mentre tutt’attorno la campagna digrada verso l’ameno borgo di Sutera e lo spumeggiante mare di dei greci. A levante, sullo sfondo, fuma il pinnacolo dell’Etna e da nord si protendono le cime imbiancate delle Madonie.

Dopo aver fatto tappa in uno degli antichi forni ed essersi saziati anche di profumi, l’itinerario, rigorosamente a piedi, non può che iniziare dalla centralissima Piazza Umberto I, circondata dagli storici Palazzo Tomasini e Palazzo Mistretta, con facciate adorne di lesene e fregi in pietra scolpita. Piazza Umberto è dominata dalla chiesa di San Francesco d’Assisi con annesso convento, le cui origini risalgono al 1524, e ospita il Monte Calvario dove il Venerdì Santo si rinnovano riti secolari nel Paese delle confraternite.

Nel 1600 però la chiesa di San Francesco era già in rovina e se ne costruì una nuova in stile primo Rinascimento con volta a botte, affrescata nel 1890 dal pittore Salvatore Lo Re  in stile pompeiano con elementi neoclassici costituiti da putti, angeli e animali fantastici che festeggiano l’Immacolata nel grande medaglione centrale.

A poche decine di metri si può visitare lo storico collegio della Batia  (1740)  delle monache benedettine. La chiesetta a servizio del Collegio di Maria (1682) è caratterizzata da uno slanciato campanile dello stesso periodo. Addentrandosi per la suggestiva e stretta via Barcellona, si raggiunge la chiesetta di Santa Maria della Provvidenza,  (1640).

Costruita con muratura di pietra informe, l’interno della chiesetta è ricoperto da stucchi decorativi di ordine corinzio. L’altare maggiore presenta una decorazione  che viene fatta risalire alla scuola del Serpotta e custodisce al suo interno due grandi statue di San Pietro e San Paolo.

Da lì, scendendo una scalinata, si raggiunge via Fuori le mura, quartiere noto tra i locali come “Muru ruttu”, che merita una passeggiata davvero salutare. Percorrendo strade lastricate con pietra lavica e ciottoli di fiume, il tempo sembra essersi fermato e chiudendo gli occhi si ha la sensazione di tornare indietro nei secoli.

Percorrendo sino in fondo via Barcellona si raggiunge la maestosa chiesa madre dedicata a San Ludovico, che col suo campanile a vela fa ombra ai tetti dai coppi rossi.

L’originaria chiesa, la prima della neonata terra manfridae, venne edificata nella seconda metà del XIV° sec. da Manfredi III e dedicata a San Giorgio, protettore della famiglia Chiaramonte. Con l’ascesa dei Castellar però la chiesa venne dedicata a San Ludovico da Tolosa e ricostruita. Sotto la signoria dei Lanza presero avvio nuovi lavori che portarono alla costruzione di due navate laterali, della facciata e del caratteristico campanile a vela  (1682).  All’interno della madrice sono conservate diverse opere di valore: gli affreschi di S. Ludovico e San Pietro Martire (1500), la statua lignea della Madonna del Soccorso e quella di San Giuseppe attribuita al Bagnasco. Da visitare anche la cripta.

Adiacente alla chiesa madre, troviamo l’oratorio dell’arciconfraternita del Ss. Sacramento (1600), dove è conservata la grandiosa urna che la sera del Venerdì Santo viene portata in processione dai confrati, e la cinquecentesca pergamena istitutiva della confraternita, ovvero la Bolla con cui Papa Giulio III ne approvò l’istituzione nel 1553.  Si possono ammirare le tuniche ricamate in oro zecchino, gli stendardi, i calzari, le lanterne e i labari del cinquecentesco sodalizio.

Un centinaio di metri più sotto sorge la chiesa di Santa Margherita di impianto trecentesco, la seconda ad essere edificata dopo quella di San Giorgio. Percorrendo altre viuzze interne che si dipanano tra case in pietra (Largo Arcidiacono Amico e via Minneci), si raggiungono due palazzi nobiliari entrambi del XVIII° secolo: Palazzo Minneci e Palazzo Sgadari.

Palazzo Minneci, in stile tardo barocco, si presenta col suo prospetto impreziosito da cornici, portali e mensole in pietra intagliata, balconi, con ringhiere a petto d’oca che poggiano su mensole di pietre scolpite. All’interno si trova il cortile da cui si immette nelle sale nobili.

Palazzo Sgadari dal 2013 ospita il museo archeologico dove sono esposti i numerosi reperti archeologici di cui la città è ricca. Nel museo è presente anche uno spazio dove si possono ammirare le gigantografie realizzate dal Maestro Melo Minnella e una sezione dedicata ai paramenti cerimoniali delle confraternite.

Nel gennaio del 2015 vi è stato aperto il Centro studi dedicato ai Giudici, letterati originari di Mussomeli, che custodisce opere, lettere e carteggi originali. Proseguendo lungo via Minneci si raggiunge la Torre civica, fatta costruire da Don Cesare Lanza (padre della celeberrima Baronessa di Carini), alla fine del 1500. Ricostruita Agli inizi del ‘900 vi fu installato l’ottocentesco orologio a tre quadranti dagli originali congegni meccanici tuttora visibili all’interno.

Non distante si trova il palazzo per antonomasia di Mussomeli che domina Piazza Roma, Palazzo Trabia, detto anche il palazzo del principe. Il manufatto originario fu edificato nel 1600 per volere di Don Ottavio II Lanza. Nel cortile (oggi diventato parte integrante di Piazza Roma), fin dal 1635 era presente la fontana di Nettuno, poi abbattuta nella prima metà del secolo scorso.  Il piano terra dal 1892 è sede del circolo “Trabia-Paolo Emiliani Giudici”.

Ad un centinaio di metri di distanza troviamo la chiesa di San Gioacchino e Sant’Anna (i genitori di Maria) detta dei Monti. Costruita nel 1567 conserva al suo interno un crocefisso ligneo, opera di fra’ Umile da Petralia, noto per scolpire i volti di Gesù durante estasi mistiche. Dietro l’organo, nel ballatoio, è possibile ammirare anche un imponente quadro del 1639 che misura 5 metri per 3, arricchito da una preziosa e ricercata cornice d’epoca, che viene attribuito al pittore Amico. L’opera davvero grandiosa che ricorda la scuola di Rembrandt, ritrae l’ascensione di Maria. Presso l’attiguo ex convento è ospitata la biblioteca comunale che conserva una sezione di libri antichi.

Proseguendo verso sud troviamo la chiesa di Sant’Antonio Abate le cui prime notizie risalgono al 1563 che conserva “La bottega di Sant’Eligio”, una grande tela che nel 150° anniversario dell’Unità di Italia, fu scelta per essere trasferita  alla Reggia di Venaria Reale (Torino), dove dal 17 marzo all’11 settembre 2011, andò ad arricchire la mostra internazionale dedicata all’unificazione d’Italia che si componeva di  350 opere, scelte su tutto il territorio nazionale, per rappresentare l’arte italiana prima dell’unificazione.

Da Piazza Manfredi Chiaramonte si prosegue fino al santuario della Madonna dei Miracoli (chiesa di San Domenico), dove è custodita  la veneratissima statua della Patrona di Mussomeli realizzata dal Biangardi.

Di fronte alla chiesa un enorme pannello in ceramca dell’artista Pino Petruzzella di oltre 60 metri quadri, racconta in sintesi la storia di Mussomeli.

Proprio in questo luogo declive l’8 settembre del 1530 si registrò il miracolo del paralitico guarito. Di tale prodigio si conservano negli archivi ecclesiastici, documenti ufficialmente trascritti che riportano testimonianze giurate a seguito del processo richiesto dalla confraternita spontaneamente costituitasi. Il processo si tenne il 6 settembre 1596. Davanti al vicario foraneo sfilarono quanti avevano visto o avevano sentito del miracolo del paralitico. Tre le testimonianze de visu e dieci de relato.  Il santuario nella sua forma attuale si apre al culto  nel 1760. Il 13 marzo 1792 al Provenzano viene commissionato l’affresco della volta: “Trionfo della Fede Cattolica sull’eresia” che misura 18 metri per 8.

Nel santuario si possono ammirare molte altre opere del Provenzano: S. Caterina da Siena, Il miracolo della Madonna, La coronazione della Vergine, I Santi Cosma e Damiano e altri dipinti. Nella canonica è custodita La Madonna del giglio.

Tra i tantissimi che in questi secoli hanno pregato ai piedi della Madonna dei Miracoli vanno ricordati due credenti d’eccezione: Alberto II sesto re di Belgio e la sua regale consorte, Paola Ruffo di Calabria, che il 19 aprile 2014, in visita privata al santuario, furono nominati confrati onorari del secolare sodalizio di Maria Ss. dei Miracoli.

Un centinaio di metri a valle ecco la chiesa di San Giovanni Battista che conserva la commovente statua dell’Addolorata di Francesco Biangardi realizzata nel 1875 e altre mirabili opere tra cui San Calogero, oggetto di culto popolare. A lui vengono offerti ex voto di pane che riproducono parti del corpo umano miracolosamente guarite. Si conserva inoltre il  Bambinello, anch’esso del Biangardi, salvato dal parroco Mulè prima che finisse in mano ad un rigattiere.

Secondo una recente teoria, qui si ritroverebbero anche simboli templari. Al di là delle suggestioni suggerite da libri e film di successo (su tutti Il codice da Vinci), nella chiesa di San Giovanni Battista sarebbero presenti dei segni templari, a partire proprio dalla sua denominazione: San Giovanni infatti è il protettore dell’ordine dei Cavalieri Ospitalieri e Cavalieri Gerosolimitani, ordine nato a Gerusalemme intorno all’anno 1050. Altri segni si rintraccerebbero in quadri e dipinti.

In un grande quadro sono raffigurati i santi Pietro Nolasco e San Giovanni De Matha, il primo fondatore dell’ordine della Mercede, ovvero il riscatto pagato ai saraceni che prendevano i pellegrini in ostaggio. L’altro santo è fondatore di un ordine con le stesse finalità.

Sono custoditi altri capolavori come la tela della Vergine con S. Elisabetta (1600) attribuita a Pietro D’Asaro, il Monocolo di Racalmuto, il quadro della Madonna della Misericordia del 1780 del pittore Giuseppe Crestadoro e il Crocifisso da alcuni attribuito a Fra Umile da Petralia, che, a seconda da dove lo si osserva, cambia espressione e simboleggia: la Sofferenza, la Morte e la Resurrezione. Si conservano anche due interessanti tele di Fra’ Felice di Sambuca che raffigurano La morte del giusto e La morte del peccatore.

Da visitare anche il santuario della Madonna delle Vanelle, aperto al culto il 7 settembre 1635, la cui fondazione è circondata da una leggenda: il principe di Cattolica Eraclea, Vicario generale del Regno, intorno al 1630 si salvò da un torrente in piena che lì scorreva, dopo aver invocato l’intervento della Madonna. Fu lui a promuovere l’edificazione del santuario, in ottemperanza al  voto fatto in pericolo di vita.

Poco distante sorgono la chiesa di Sant’Enrico (costruita tra il XVII e XVIII sec.), il cui interno è ricoperto da una fitta decorazione a stucco di ordine corinzio e quella di Santa Maria del Gesù (le cui origini risalgono al 1613) con annesso Museo della Memoria. Le spettacolari decorazioni tardo barocco in stucco della volta e delle pareti della chiesa, furono completate nel 1857. Tra le opere custodite, va citata una grande tela settecentesca rappresentante l’Assunzione, attribuita a Guglielmo Borremans. Di interesse anche il quadro di Sant’Ignazio di Loyola del 1795, e la statua lignea di San Giuseppe, opera di fine ‘700, dello scultore palermitano Girolamo Bagnasco

Da non perdere, inoltre, anche Palazzo La Rizza costruito in pietra da taglio. Sul portone d’ingresso da dove si accede al cortile interno, è impresso lo stemma della famiglia. Il salone presenta le volte affrescate dal pittore palermitano Giovanni Meli. Dietro il palazzo si trova il suggestivo “Purticato” nel quartiere Monti dove si trova anche piazza Katabba.

E se il turista dovesse perdersi nei vicoli e vicoletti, niente paura, ci sarà sempre un’anima gentile che aprirà la propria porta di casa, offrirà caffè e biscotti e indicherà la strada giusta.

Altro monumento imprescintibile e da visitare con tutta calma è il Castello manfredonico/chiaramontano, ma parleremo un’altra volta del titano di pietra costruito da Manfredi III di Chiaramonte su un precedente avamposto arabo da cui, verosimilmente, deriva anche il toponimo Mussomeli, da Menzil-al-Amir, stazione dell’Emiro.

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