Teatro e opera Intervista alla sovrintendente della Fondazione Inda, l'ente teatrale artefice dell'enorme successo delle rappresentazioni classiche al Teatro greco di Siracusa. Alla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento dove è stata direttore generale il suo lavoro ha privilegiato la fusione tra opera sinfonica, musica e danza. A Siracusa l'obiettivo principale è l'internazionalizzazione del teatro classico: «L'ideale sarebbe una rete con il Colosseo di Roma e l'Arena di Verona»
Project manager altoatesina, classe 1980, Valeria Told, la nuova sovrintendente della Fondazione Inda, è arrivata a Siracusa lo scorso maggio, dopo una esperienza più che decennale di direttore generale della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, una delle istituzioni musicali più prestigiose del Trentino-Alto Adige. Tra le parole chiave del suo curriculum troviamo: sviluppo, visione e management strategico mentre tra i temi centrali di cui si è già occupata ci sono fusione tra opera sinfonica, musica e danza. E chiacchierando con lei è proprio questa l’idea che la Told continua ad inseguire, sapendo che da qui agli anni a venire in all’Istituto nazionale del dramma antico, macchina straordinaria già oleata, c’è ancora molto su cui lavorare.
A Siracusa la stagione italiana più importante di teatro
Dottoressa Told, della sua brillante esperienza nel mondo della musica sinfonica internazionale cosa porterà in Fondazione Inda?
«Ci sono sicuramente più filoni su cui intendo proiettare la Fondazione. La prima, che mi preme di più, è quella della internazionalizzazione. Ritengo che il teatro greco di Siracusa abbia un potenziale enorme ed è già la stagione italiana più importante di teatro. Abbiamo, qui a Siracusa, tutto il potenziale per metterci sullo stesso piano di festival come Bayreuth (festival wagneriano tedesco ndr) ma anche di altri, ancora più importanti. Ovvio, il teatro classico è un po’ diverso, perché legato alla lingua e la visione europea ed internazionale richiede uno sforzo in più. Questo sforzo si fa anche attraverso un’offerta dei registi non solo di alto livello ma anche riconosciuti in un contesto internazionale per portare, da un lato, l’Inda come una vera ambasciatrice dentro e fuori il teatro italiano e, dall’altro, artisti provenienti da altri ambiti».
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Un altro aspetto su cui si è lavorato tanto, in questi anni, è anche presentare altrove le produzioni Inda, non trova?
«Assolutamente. Si tratta di un aspetto che mi interessa moltissimo, ovvero metterci in rete con gli altri teatri. Che da un lato significa portare fuori le nostre produzioni, a Cipro, in Grecia ma anche in Italia. Cercare di creare una rete più stabile. In Italia abbiamo tre siti molto importanti, il Teatro greco di Siracusa, il Colosseo a Roma e l’Arena di Verona. Perché non proporci tutti e tre insieme? La culla della cultura classica siamo noi tre e, facendo questo, lanciare un messaggio importante. Poi c’è tutto l’aspetto manageriale se passi dalla musica alla danza, piuttosto che dal teatro, si tratta sempre di una esperienza unica, totalizzante. Sicuramente l’anno prossimo introdurremo la musica dal vivo in uno degli spettacoli nostri e cercheremo di aprirci al mondo proprio della musica, percorso che abbiamo già iniziato quest’anno, con il teatro-danza di Giuliano Peparini».
Lo statuto del 2018, ultimo approvato, definisce quelli che sono i suoi compiti: elaborare e predisporre, tra le altre cose, le direttive del consigli di amministrazione e del consigliere delegato. Come vive questo suo compito?
«Questa struttura organizzativa, come quella di ogni altra Fondazione, vede un consiglio di amministrazione definire le linee strategiche, anche se in questo caso le propone il consigliere delegato, mentre il sovrintendente organizza la direzione artistica. Sono abituata a questa modalità di lavoro e la trovo molto corretta. Qui abbiamo una situazione un po’ più anomala, è vero, perché il consigliere delegato che dà un ulteriore supporto al cda, oltre le linee strategiche decide l’aspetto finanziario e manageriale, compito di solito di un direttore amministrativo. Sia io che il consigliere delegato Marina Valensise abbiamo, però, un’idea molto comune che è quella di far crescere e portare la Fondazione Inda a livello internazionale e su questo ci siamo subito incontrate».
Business plan e linee strategiche, davvero possiamo dire che per la prima volta si parla in modo chiaro in Fondazione di concetti manageriali…
«Per la verità la Fondazione aveva già deliberato delle linee strategiche, come il mantenimento della qualità, il lavoro sulla parte scientifica, la convegnistica ma anche l’inserimento della musica ovvero il compito di valorizzarla, probabilmente anche per questo il mio curriculum era quello giusto come anche approfondire l’area giovani. Sulla base di questo, quindi, un business plan intende definire le aree di intervento, capire quali siano i punti su cui volere lavorare. Uno è, ad esempio, il pubblico, avere ogni giorno il teatro esaurito, sia per le tragedie che per le commedie. Non è detto che ci si riesca. Piuttosto vorremmo lavorare anche sulla convegnistica, perché possa essere fruita da più persone. Abbiamo già individuato dodici aree di intervento, come le infrastrutture, attraverso dei fondi, una strategia di comunicazione su cui stiamo lavorando, un nuovo brand. Se vogliamo diventare internazionali dobbiamo porci anche questi problemi. Stiamo proprio discutendo le misure e una volta individuate, in cda si ridiscute. Un processo lungo in cui coinvolgere tutti i responsabili».
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L’attore Mauro Avogadro ed il regista Daniele Salvo faranno parte della squadra dei formatori dell’Accademia d’arte del dramma antico (Adda), la prestigiosa scuola di teatro classico dell’Inda. Sembra un cambio di rotta…
«Sì, anche l’accademia è tra le aree di intervento di mia competenza. L’Adda, il prossimo anno, festeggerà i quaranta anni, una ricorrenza molto importante. A livello sistemico vorrei capire cosa è possibile fare per migliorare. Abbiamo studenti che escono dalla nostra scuola con un livello altissimo di preparazione. Proprio in questi giorni una nostra ex studentessa, oggi attrice, Giulia Messina, ha vinto il Premio Hystrio alla vocazione. Significa che a livello di qualità ci siamo ma è anche vero che non prendono un diploma riconosciuto e dobbiamo valutare se riusciamo a prendere l’equipollenza, oppure diventare la succursale di un altro istituto o collaborare con l’Università, che già conferisce dei diplomi riconosciuti. Anche qui ci sono più scenari e con il cda decideremo quale strada intraprendere».
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Noi vogliamo divlugare il teatro classico
Il pubblico siracusano, risultato di una tradizione cittadina lunga più di un secolo, vanta una grande consapevolezza e anche qualche critica, a volte…
«A Siracusa, il teatro greco è davvero inserito in un contesto molto vivo e presente, questo è anche il motivo per cui sono molto invidiata dai miei colleghi che vivono fuori. Confermo che anche le idee che mi arrivano sono molto diverse, da quelle desiderose di maggiore rigore classico alle quelle più avanguardistiche. Come Fondazione puntiamo ad una rappresentazione di altissima qualità, che riporti l’essenza del testo, noi vogliamo divulgare il teatro classico. Ci poniamo domande precise. Come possiamo rendere questo testo contemporaneo? Perché ancora, a distanza di 2500 anni, amiamo queste tragedie? Vuol dire che un collegamento c’è tra quello che abbiamo scritto e quello che noi sentiamo. E’ compito dei registi, quindi, trovare la connessione. Perché “Aiace” di Sofocle ci interessa ancora oggi, perché può toccare il nostro cuore, forse Aiace non riesce a perdonare sé stesso… un tema molto attuale e contemporaneo. E’ importante elaborare questi nodi tematici come per Fedra, con il suo amore folle, che arriva dagli dei. I registi dicono che anche questo sia un tema importante, noi stessi ci chiediamo il perché ci accadono delle cose, gli dei oggi sono la nostra incredulità. Come un regista riesca a trasportare questo messaggio ed elaborarlo, nella migliore modalità che ha a disposizione, sarà la nostra sfida nel 2024. La nostra idea è portare il teatro classico ai nostri giorni e lasciarlo vivere negli anni che stiamo vivendo, trovando una connessione con il presente».
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La scelta di registi che provengano dalla lirica è una scelta voluta?
«Il teatro greco ha molte similitudini con l’opera anche se nella tragedia ascoltiamo molto testo parlato. Il coro ed anche il ballo è presente in entrambe. Anche nell’opera c’è questa esigenza di arrivare ad un pubblico più vasto, nelle sale d’opera ci sono spazi anche più grandi, ci sono sale all’aperto, anche i registi di lirica hanno una certa abitudine a lavorare in un luoghi all’aperto, anche grandi. Vogliamo, inoltre, creare una scelta nuova e innovativa per il pubblico, un perché debbano venire a Siracusa. Se trovano gli stessi registi presenti in tanti altri teatri nazionali, perché dovrebbero venire a Siracusa? Se portiamo nel panorama teatrale delle novità, comunque, daremo un qualcosa in più da scoprire ed una nuova visione sul teatro».
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