Recensioni Fondata su anni di scrupolose ricerche del regista Alberto Rizzi sull’argomento, la piéce "Sic transit gloria mundi", andata in scena al Canovaccio di Catania per Palco Off, ricostruisce con ironia e sarcasmo il ruolo della donna nel passato della Chiesa. Ottima in scena la protagonista Chiara Mascalzoni
E’ davvero tanto difficile immaginarsi una donna papa? Ebbene sì, sembra quasi impossibile che possa accadere. A questo stuzzicante (quanto serio) tema è dedicato un ironico monologo, Sic transit gloria mundi, scritto dal geniale Alberto Rizzi per Ippogrifo produzioni, in scena nei giorni scorsi al Teatro del Canovaccio di Catania, spettacolo dell’esordio della apprezzata rassegna Palcooff, giunta alla sua meritata ottava edizione.
E in effetti dove mai è stata la donna nei secoli all’interno della rigida gerarchia cattolica? E perché questa sua inquietante assenza? Fondata su anni di scrupolose ricerche del regista sull’argomento, la piéce ricostruisce ironicamente (con qualche punta di sano irriverente sarcasmo) il ruolo della donna nel passato della Chiesa, con un’incursione nella biografia inventata della prima Papessa e infine una storia alternativa e possibile della Chiesa attraverso le donne. Lo spettacolo, davvero gradevole e ben dosato, è tutto affidato alla bravura di Chiara Mascalzoni, vera e propria artifex scaenica, una giovane che promette molto bene (a suggerirci che sui palcoscenici ci sono nuove leve preparate e professionali). Sulla scena si destreggia, infatti, con grande maestria, precisa nonché esilarante nella mimica, con una gestualità a tratti parossistica, che strappa parecchie risate al pubblico; ma è soprattutto nella varietà linguistica che si rivela tutta la maestria della Mascalzoni, che passa abilmente dall’accento siciliano a quello milanese, dal genovese al veneto, incarnando molteplici ecclesiastici e filosofi, tutti accomunati da una risoluta avversione contro la donna.
Perché il vero tema dello spettacolo, a ben considerare, non è solo la storia femminile nella Chiesa cattolica, dominata da un ossessivo maschilismo e culminata nella lettera apostolica di papa Giovanni Paolo II, datata 22 maggio 1994 in cui il pontefice ha riaffermato la dottrina tradizionale secondo la quale “la Chiesa non ha la facoltà di conferire l’ordinazione sacerdotale alle donne”, seguito a ruota dai papi Ratzinger e Bergoglio. Il vero tema è più ampio e indica una strada all’emancipazione femminile, solo in parte realizzata: è teatro militante questo di Alberto Rizzi, di quello genuino, che affronta da un punto di vista inedito l’attualissimo argomento della parità di genere. E d’altronde chi può negare lo scandaloso amore (tradito dal Cattolicesimo) del Cristo per le donne, prime testimoni della sua Resurrezione?
Così la papessa Elisabetta I, che appare alla fine dello spettacolo, con un immaginario discorso dal soglio pontificio ci commuove e ci fa ben sperare. Niente è impossibile. Il maschilismo del mondo cattolico finirà. In un futuro (distopico?) potrebbe essere una donna il papa appena eletto cui viene ricordato che transit gloria mundi. Vien da pensare: meglio che passi di non esserci mai stata…
Commenti